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Post n°351 pubblicato il 21 Settembre 2021 da Vasilissaskunk
E con i capelli blu mare che mai Domitilla poteva fare ? tessere onde spumose e fragorose a spazzar via la feccia latente e fetente ! Non c'era via di scampolo ... ma un vicolo di stoffe emozionali magari lo si poteva pur tessere ...vi sono infinitesimali tasselli di bellezza che l'ordamerdalmentlobotomizzata nemmen scorge ... troppo presa .... via, lontana ed alienata nelle città persa a rimepireil tempo che poi tanto libero non è .... oservava Domitilla e imparava dagli animali che guardano il mondo in modo lineare...e senza circoncisione celebrale ...come un animale nel tempo di morire si accontentava di un posto in cui sai stare .... rimbombavan ridondanti parole dei cccp ... tanto apocalittiche nell'epoca che le udì che si andararano poi a cristallizzare nella sua coscienza critica e autocriticata ... dicevamo lontano dall'ordamerdalmentelobotomizzata e dal posto da essa abitato tutto seguiva da secoli la legge della natura senza paura ...piena è la luna nessuna fortuna... riaffiorano contratti ricordi di una vità fa ...si espandono ... sapessero le lacrime nuotare alla deriva nelle rughe... non affogarebbero in disegni sul collo ... e nella testa ecco tuonare; Cupe vampe, livide stanze Occhio cecchino etnico assassino Alto il sole, sete e sudore Piena la luna, nessuna fortuna Ci fotte la guerra che armi non ha Ci fotte la pace che ammazza qua e là Ci fottono i preti, i pope, i mullah L'ONU, la NATO, la civiltà ... csi
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ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN
Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare ...
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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.
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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA
(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.