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Post n°361 pubblicato il 03 Dicembre 2021 da Vasilissaskunk
Non si teme il proprio spazio è una questione di tempo ... Non si teme il proprio tempo è una questione di spazio ... E' solo una questione di pertinace resilienza la propria dignità e integrità non ha un prezzo in questo mondo che si sgretola rotola e fugge via ...tutto è finto si ostenta la propria (in)felicità su un social come se un'esperienza prendesse piu' valore nel mostrarla a disinteressati spettatori ... avanza la solitudine nella massa ...e le tenebre incombono sulle false libertà ... la presa di coscienza oltre ad esser dolorosa impone una sana e schietta solitudine ... Non si baratta il proprio essere con l'oblio ... per quello ci sarà tempo una volta che il corpo sarà freddo e l'anima sarà volata altrove ... Non si temono le tenebre se non quelle dell'ignoranza ...allora li si mi troverai sentinella della luce ... non è piu' a tratti... adesso nel brusio confuso di un ipnotismo isterico vedo particolari in chiaro ...come dice Lindo ... di chiara luce splendidi dettagli minimali in primo piano ...e adesso so ...cosa fare non fare quando, dove e perchè riguarda SOLO me ... e rircordando che tutto va come va... non si teme la solitudine ...se l'essenza non va oltre la contigenza è meglio rinchiudersi in consapevole ermetismo ... e ricordando ricordando si .. ricondando che quando hai bisogno di uma mano come disse il grande Confucio la trovi esattamente infondo al braccio almeno che non tu non sia un Muzio Scevola della situazione ...
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ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN
Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare ...
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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.
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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA
(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.