Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
Caravaggio, Giuditta ed Oloferne, particolare
La parola avrebbe la radice stessa di ospitalità. Poi la parola aveva nell'immaginario di qualche secolo fa (del secolo scorso, almeno) l'idea di fanciulle belle, gentili e sorridenti. Ma il mondo è cambiato, tanto. Mi trascino un trolley pesante, diventato sempre più pesante lungo il viaggio intercontinentale: appesantito da fatica, notte insonne, cibo orrendo, voglia, disperata voglia di una doccia, di casa, di sonno (nell'ordine). E la dolce e gentile signor* preposta all'accoglienza a bordo guarda con malcelata impazienza i miei sforzi per issarlo nella cappelliera: evidentemente le rallento le operazioni di imbarco. E invece di aiutarmi mi dice fredda e sferzante: "Non porti un bagaglio così pesante se non è in grado di gestirlo". Brutta strega! - lo porto pesante quanto mi è consentito, visto che la tua compagnia fa acqua ovunque. E tu mi aiuti, altrimenti te lo lascio nel corridoio e poi stiamo a vedere.
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Stephen Wright, Drift
Le perdite vanno messe in conto E ora stai qui, a pettinarti con una spazzola di fortuna, a lavarti i denti con uno spazzolino tascabile, a dormire in una tishirt di cotone, inesistente tanto è trasparente. Con l'ansia della telefonata di avviso, col pensiero di quell'inutile bagaglio con l'inutile fiocco verde di riconoscimento, di quelle cose scelte con cura che rischi di non rivedere mai più: scarpe comprate a New York, adorabile giacca beige e azzurra, cardigan elegante....e poi? poi quasi non ricordi. C'era un ombrello giallo e viola, sì; occhiali di riserva; pantaloni di seta. Ma non avere seguito l'istinto, perché?
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Post n°875 pubblicato il 25 Marzo 2016 da odio_via_col_vento
Ford Madox Brown, The Pretty Baa-Lambs
Voglia di bianco.
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Dante Gabriel Rossetti, Helen of Troy
I giorni passano veloci e diventano settimane. Ma certi pomeriggi, certi pomeriggi non passano mai. Un lunedì pomeriggio di belle speranze, di ingenuità, ma anche di necessità di inghiottire ancora una volta un tronfio trombone che deve sempre emergere e proporre la sua esperienza, datata e personalistica, come modello altrui. Sforzarsi di sorridere e farsi scivolare di dosso tutto. Diventerò anche io così? Un martedì pomeriggio perso intorno ad un tavolo, una riunione in cui sono stata incastrata e che svela le meschinerie, le cattiverie, gli abissi di immoralità delle nostre università, cattedratici che rubano lo stipendio, cui non affiderei nemmeno l'educazione di un canarino tanto sono immorali e vigliacchi. Un mercoledì pomeriggio che si comincia in ritardo, per il prolungarsi degli impegni della mattina, in cui giri e rigiri intorno a file che non si aprono, programmi da aggiornare, piccole incomprensioni dovute al nervosismo, mail arretrate: tutto tempo sche scorre senza lasciare una traccia sensibile di sé. Un giovedì pomeriggio a contare i fantasmi del passato: chissà se davvero ce n'è uno anche "materiale", per così dire, anche se sembra una contraddizione in termini. Un venerdì pomeriggio che sembrava perso, difficile, da rimandare: ed invece è diventato caldo, di amicizia, di chiacchiere, di vecchi mobili lucidi, di tè con i biscotti, di promesse per il futuro. E di un piccolo, gentile, richiamo: scrivi! Ed ecco allora come sono e come saranno anche il sabato e la domenica pomeriggio: scrivere. Qundo finirà questo rosario di scrittura che rende uguale tutto il tempo di questi mesi, di questo inizio d'anno che si sta già trasformando in una fetta sensibile, di spessore, dell'anno: un trimestre, forse un quadrimestre prima della conclusione. Talmenta densa la nebbia di questi pomeriggi uguali a se stessi che nemmeno ne intravedo i condini.
I decenni volano, sono certi pomeriggi che non passano mai |
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Spesso qui non c'è posto per il mio personale rapporto tra pensiero e immagine.
E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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