FAJR

Non è facile stabilire chi "meriti" di ottenere una cittadinanza. Uno dovrebbe poter risiedere con determinati privilegi in uno stato ospitante senza esserne cittadino. Diventare cittadino di quello stato dovrebbe implicare qualcosa di più di una sorta di convenienza economica o giù di lì. Poi entrano in gioco scelte politiche che non c'entrano. Quarant'anni fa, in Francia i figli di immigrati (almeno italiani) potevano acquisire la cittadinanza francese alla nascita, a discrezione dei genitori. Questo criterio del tempo limitato tra i 18 e i 19 anni mi pare una scemenza. Non capisco quale strategia gli stia dietro, se mai ve n'è una. Sembra basarsi sul caso. Voglio dire: a quanto so, in USA occorre superare un esame, in cui viene verificata la conoscenza della lingua e della storia americane. Quello è un criterio sensato, ovvero corrisponde a un target (caso mai si potrà discutere il target). Questo no, questo è stupido.

Ciao, Frì. Ti rispondo con la storia di Alessandra Samira Mangoud che puoi leggere qui Se ricordassimo che nessuno è clandestino o straniero sulla terra perché tutti siamo di passaggio, forse non occorrerebbe reclamare come diritto una chicchessia cittadinanza.

Ciao Mirì. Se fossimo di passaggio nel senso di nomadi. La stanzialità richiede regole applicate a uno spazio circoscritto. Che regole attualmente in vigore siano discutibili, a tutto campo, è un discorso. Che tutti debbano poter fare quello che gli pare sullo stesso spazio circoscritto un altro. Se l'evoluzione ha portato l'uomo dal nomadismo alla stanzialità, senza esservi indotto da un suo proprio progetto originario, c'è poco da discuterci sopra. In mancanza di spazi circoscritti con regole univoche (ripeto: mi esprimo in termini di principio, e non della sua imperfetta applicazione pratica) valide al loro interno, sarebbe impossibile realizzare alcunché. Il cosiddetto progresso non ci sarebbe stato. E invece c'è stato senza che nessuno l'avesse veramente voluto. C'è stato da solo. È una cosa sovraordinata a noi stessi. Che poi tutti dobbiamo morire è un'altra questione, che metterei in rapporto alla smania di ricchezza e potere personale. Ma questi esistono anche tra i nomadi. In effetti anche tra i nomadi esistono delle regole, che non circoscrivono lo spazio, ma il gruppo.

Ma tu, Frì, come la vedi questa storia? tutta lineare? e questo progresso evolutivo, di cui parli, non sarà che invece involve quando il movimento viene compresso in regole asfittiche? a me pare che questo stanziale immaginarsi solidamente radicati alla terra (mia, tua, sua...) alla fine non produce altro che aridità e secchezza. E tutto regredisce verso la barbarie, altro che regole da rispettare! Amen e così sia... :p

La scuola potrebb /dovrebeb essere il volano naturale almeno per l'informazione ma invece sono un pò di anni che si retrocede,si chiudono spazi di collaborazione ,i mediatori culturali e di gruppi che curabo i percorsi inteculturali si assottigliano sotto la scure della mancanza di fondi....dopo i diciannoveanni c'è il ...matrimonio...

...sono in penombra ...mezza strng ..perdonami gli errori...si i debbo prendere l'abitudine di rileggere prima di inviare Baciuzz***

Il ruolo dei mediatori interculturali è fondamentale per entrambe le parti in gioco, stranieri ed italiani. Ma è come dici tu, concepito come un optional, si crede di poter tranquillamente farne a meno.

Se mi avessero chiesto tra i 18 e 19 anni di rinunciare ad essere italiano l'avrei fatto. L'ignoranza è una brutta bestia, diceva mia nonna. Ed io lo ero/sono. Oppure a me non era dato di scegliere?