Le origini del fiordaliso sono antichissime, alcuni fossili di questo fiore risalgono al neolitico. E’ soprannominato “erba degli incantesimi”.
Una leggenda racconta che la dea Flora, avendo ritrovato morto in un campo pieno di fiordalisi il corpo dell’amato Cyanus, volle chiamare quei fiori proprio con il suo nome. Il nome scientifico è, infatti, Centaurea cyanus. Centaurea deriva dal nome del centauro Chirone che, ferito al piede da una freccia avvelenata, si curò con il succo del fiore.
In Oriente, gli innamorati lo regalano all’amata nella speranza di ottenere la felicità da lei.
Nel linguaggio dei fiori significa felicità e leggerezza.
« un solo obiettivo è sufficiente | per chi si vuole bene » |
Post n°560 pubblicato il 30 Settembre 2010 da Fajr
C‘è qualcosa di avvilente nelle cronache, nei commenti e in tutto quello che quotidianamente capita di leggere e ascoltare sul Partito democratico. Onestamente, non è solo colpa del Pd. I suoi dirigenti, però, dovrebbero domandarsi come mai chiunque capiti a tiro, giornalista, politico o cabarettista, si senta libero di giocare col loro partito allo schiaffo del soldato. Per un certo mondo, lo sappiamo, è un’abitudine antica, che adesso però ha assunto tratti compulsivi, quasi patologici. Nel circuito della comunicazione, in particolare, è diventata un tic, una mania, una fissazione. E come dice il saggio: la fissazione è peggio della malattia. A questa spiacevole condizione si è aggiunto poi un altro problema. Infatti, parallelamente al venir meno della capacità di selezionare e formare gruppi dirigenti da parte dei partiti, si è progressivamente affermata, anche in questo campo specifico, un’impropria funzione di supplenza dei grandi giornali. E da ultimo, anche in seguito a una precisa scelta politico-editoriale del gruppo berlusconiano subito estesa anche ai giornali vicini, abbiamo assistito a una vera e propria invasione di agitatori e propagandisti. Il carattere complessivamente avvilente del nostro dibattito pubblico sconta anche questo fenomeno. E il dibattito sul Pd in modo particolare, per ovvie ragioni. Proprio per questo è triste che nessuno, nemmeno tra gli intellettuali e i dirigenti di più lunga esperienza, abbia colto finora la principale novità di quel dibattito, che non è la raccolta di firme tra i parlamentari organizzata da Walter Veltroni, le vere o presunte minacce di scissione nel partito o nel gruppo parlamentare, gli attacchi al segretario o all’attuale gruppo dirigente bersaniano. La vera novità sta nel fatto che per la prima volta da molto, moltissimo tempo, discussioni e divisioni interne al Pd siano partite da documenti politici, frutto di una elaborazione collettiva, articolata e non occasionale, come base di riflessione e di confronto. Non dal discorso, dall’intervista o dall’estemporanea dichiarazione di questo o quel leader. Ci riferiamo in particolare al documento intitolato “Tornare avanti”, sottoscritto da diversi membri della segreteria del Partito democratico, e al documento Fioroni-Gentiloni-Veltroni, sottoscritto da 76 parlamentari. Al riguardo, almeno finora, si è parlato soltanto di metodo, di questioni di opportunità e di galateo. Il merito è stato generalmente ignorato. Entrambi i testi, e i rispettivi firmatari, sono stati ridotti a caricature: i “giovani turchi” da un lato, gli “Oni-oni” dall’altro. Noi preferiamo parlare di gruppo di Orvieto e gruppo del Lingotto, perché qui è la differenza fondamentale tra loro: tra coloro che indicano l’atto fondativo del Pd nel seminario di Orvieto del 2006 e coloro che invece considerano il discorso di Veltroni al Lingotto di Torino, nel 2007, il vero atto di nascita del partito. Tra chi considera cioè il Pd come una risposta alla deriva populista e antidemocratica della Seconda Repubblica, e sua missione quella di cambiare decisamente strada, e chi al contrario considera missione del Pd portare a compimento la Seconda Repubblica, la “rivoluzione maggioritaria” e tutte le promesse di quella stagione. Parlare in questi termini dei due documenti forse avrebbe aiutato a capire meglio le ragioni di fondo di tante discussioni, ma si è preferito, almeno fin qui, non parlarne affatto. O ridurre tutto a questioni di forma. |
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