Le origini del fiordaliso sono antichissime, alcuni fossili di questo fiore risalgono al neolitico. E’ soprannominato “erba degli incantesimi”.
Una leggenda racconta che la dea Flora, avendo ritrovato morto in un campo pieno di fiordalisi il corpo dell’amato Cyanus, volle chiamare quei fiori proprio con il suo nome. Il nome scientifico è, infatti, Centaurea cyanus. Centaurea deriva dal nome del centauro Chirone che, ferito al piede da una freccia avvelenata, si curò con il succo del fiore.
In Oriente, gli innamorati lo regalano all’amata nella speranza di ottenere la felicità da lei.
Nel linguaggio dei fiori significa felicità e leggerezza.
« del vero e del falso | a chi passa... » |
Il filosofo occidentale si pone ben poco la questione di un rapporto di parola fra soggetti. È la relazione fra un soggetto e un oggetto o una cosa che egli cerca di parlare o di analizzare soffermandosi appena sul modo di rivolgersi all'altro, soprattutto a partire dal suo ascolto. Va allora cercato il vocabolo per dire, ma anche il silenzio. Nel collegare il mondo grazie alla sola parola, l'altro non può dirsi e parlargli è diventato impossibile. Perché esistono mondi differenti che richiedono il silenzio per dirsi, ascoltarsi, comunicare. In questo senso, trovare i termini adeguati è opera in-finita e non è certo che questi termini designino sempre delle cose. Sono talvolta semplici cammini dell'uno verso l'altro che possono essere dimenticati. Essi conducono verso, e la direzione da prendere è allora più importante della cosa detta.
Succede che la parola sia necessaria per creare un silenzio nel quale avvicinarsi. Ma è anche ciò che può incarnare del corpo, della carne che si vuol dire dell'altro. O della carne nella quale avviare uno scambio con lui, o con lei. Non una parte del corpo ma una carne che eccede il corpo senza distruggerlo, senza amputarlo: fisico trasmutato che consente una comunicazione prima e dopo un toccare immediatamente fisico. I vocaboli danno carne prima di entrare in corporei scambi carnali. Sorta di ostie ingeribili ma nelle quali si ascolta la carne di chi propone di avvicinarsi.
Niente consumazione dunque ma dono di un segno di riconoscimento che indica in modo sensibile l'irriducibilità del/all'altro: attraverso un colore, un tono di voce, una tattile scelta di vocabolo, o semplicemente una vibrazione.
Luce Irigaray
La via dell'amore
Bollati Boringhieri, 2008
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È così chiamata la prima delle cinque preghiere giornaliere del musulmano praticante.
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