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Una vita a spina di pesce
 

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Fletcher XXXIII

Post n°32 pubblicato il 25 Febbraio 2015 da marlow17

 







"La mia volontà? Mi stai mettendo nell'angolo e mi hai fatto prigioniero di questa bicocca in diroccamento. Almeno mi portassi a visitarla." "Lo faremo mentre mi racconti un pò del tuo incontro con Percace. Sempre che Tu ne abbia voglia." Peter scuote le spalle e raccoglie il viso in una smorfia "Non hai una risma di carte e una penna? Tirale fuori. Potrebbe non capitare più un momento del genere. E non hai liquori?". "Liquori? Mi chiedi tanto. Sai meglio di Me quanto sia proibito." Replica Fletcher con un sorriso a mezza bocca "Aspetta qui che vedo cosa posso fare..." E si solleva dalla sedia strascicando i piedi fin sulla soglia di ingresso. Fuori pioviggina e le nubi sono bassissime, quasi ad altezza d'uomo. Fletcher, rimestando tra sè e sè arriva fino alla sua utilitaria e apre ancora il bagagliaio quasi si trattasse di una cassetta dei miracoli. Prima vi aveva cavato un fucile a pompa, adesso prende in mano una bottiglia ancora sigillata di whiskey clandestino con un'etichetta sbrindellata che recita: ELK. La tiene tra indice e medio e ritorna sui suoi passi fino alla relativa sicurezza dell'edificio immenso e sciancato. Guarda Peter mentre sta appena entrando e gli fa cenno con un dito della mano libera di avvicinarsi. Appena questi gli è vicino lo schianta con un diretto di bottiglia nello stomaco. Peter si rovescia a terra tenendosi la pancia e respirando a singhiozzi, si rotola per cinque minuti, poi, ansimando, rivolge uno sguardo spaurito a Fletcher. Questi prende a ridere senza muovere le labbra, tutto di mascella, poi lo addottora :"Guarda, amico, che non faccio niente per niente. Non sono un coglione. Tu sai cosa vuol dire, vero, aggirarsi per le strade con un fucile a pompa non registrato e 75 cl di whiskey di contrabbando. Sono tre anni di gabbio, e duro. Quindi Tu ti scolerai questa bottiglia e mi narrerai con calma la tua esistenza, la tua Morte e i tuoi Miracoli, le tue Deviazioni e gli Insegnamenti ricevuti e disattesi. Sono tutt'orecchi." Peter si solleva dolorante e si avvicina al tavolo dove prende la bottiglia e la stappa con estrema attenzione: ne butta giù una sorsata e rutta con discrezione. "Dove trovi queste robe? è semplicemente devastante." Fletcher continua a ridere senza spalancare la bocca :" Tu non prendertene cura, scrivi. Io nel frattempo renderò presentabile l'hotel." Detto questo mette anche una bustina bianca fianco a Peter, su un tavolino con tre piedi. Poi si leva di torno e va fuori all'aperto per respirare quell'aria strana di montagna, con i suoi strascichi di marcio e umido e i richiami blandamente spettrali degli uccelli in lontananza. Facendo ben attenzione a dove mette i piedi e cavando dalla tasca sinistra una piccola torcia si avvia in direzione di una piccola baracca di lamiere e sassi. Infila una chiave nella serratura arrugginita ed entra sospirando. Dentro c'è quello che stava cercando...alcune scope e una pattumiera ben consistente. Prende tutto fra le mani e richiude la baracca, tornando sui suoi passi verso il gigantesco edificio. Dentro Peter si è messo dietro la reception e sta scrivendo con la testa quasi piegata sulla risma di fogli. Fletcher non lo disturba mentre allarga le braccia di fronte al compito immane che lo attende: è come dare fuoco a una Città sfregando due bastoncini di legno. Ancora prima di iniziare è già stanco e si accomoda su un divano con le molle nel culo. "Ci saranno topi?". Chiede Peter senza levare gli occhi dalla risma di fogli. "Non esistono topi a 1300 metri di altezza." "Ho sentito parlare di topi montanari." Gracchia Peter mentre struscia con la penna sul foglio e scarabocchia pagine su pagine, come una macchina spazzaneve. Fletcher è esaurito: gli pare evidente..voleva mettersi a fare un pò di lavoretti e non ha trovato neppure l'energia per spazzare l'ampio pavimento dai rimasugli di legnetti ed erbaccia che loro due stessi avevano trascinato dentro. "Funziona quell'affare?". E senza neppure alzare gli occhi dal tavolaccio Peter indica un pesante orologio a pendolo sistemato sopra una mensola. "Segnerebbe le due di notte. Da quanto tempo sono qui a scrivere?". "gli ho dato un'aggiustatina appena entrato. Certo che funziona e certo che sono le due. Perchè? un pò provato?". "No, neppure mi sono accorto di avere ricoperto alcune facciate ma...tesoro..sto scrivendo la storia della mia vita." Fletcher fa un gesto indefinito con la mano :"Non importa, è sempre necessario partire da lontano." Per un attimo l'ospite abbassa la penna e scocca un'occhiata penetrante al padrone di Casa. "Un giorno mi piacerebbe sapere da dove spunti e cosa c'è dietro il tuo costante attivismo." "E lo chiami attivismo? Sono seduto su una poltrona sfondata a 1300 metri di quota, in un hotel in disfacimento, con un fucile a pompa a due metri da me e un quinto di cocaina a 25 centimetri dal tuo braccio. Lo chiami attivismo?". "Cocaina?" Peter spazza istintivamente il tavolo della reception e la polvere bianca si sparge sull'impiantito, pericolosamente vicino alle fessure nel legno. "Coglione!". Fletcher fa un salto, inatteso per la sua stasi, e si china a raccogliere con cura tutte le tracce recuperabili della sostanza. "Non ho bisogno di cocaina. Dove l'hai pigliata?". "Lo saprai a tempo debito". Il padrone di Casa si rialza visibilmente scosso e alterato. Avvicina il giovane e lo prende per il collo, torcendolo. "Non sia mai più che rifiuti i miei regali...!" "Va bene....lasciami perdere...." In pochi istanti tutto torna tranquillo. Fletcher si allontana dalla reception, raccoglie il fucile a pompa e torna a sedersi nel grembo della poltrona sfondata. "Penso che mi appisolerò un pò.." Mormora. Peter ha ripreso, vorticosamente, a scrivere :"Perchè non vai in una delle stanze? quante hai detto che ce ne sono, qui dentro?". "Non mi fido di queste stanze" Fa Fletcher, con uno sbadiglio "Quando meno Te lo aspetti cominciano ad agitarsi." Peter sorride senza convinzione e si risbatte sulla sua risma di carte. La luce delle scalcinate lampade a muro sembra pungolare la sua febbre da autobiografia. Finita una pagina ne sbatte su un'altra e via via ammucchia una montagnola di documenti vergati a mano. Sottilmente, la sera passa alla notte e la notte transita al mattino e quando le incerte dita delle prime luci magre dell'alba di montagna incrostano il gigantesco edificio Fletcher apre gli occhi di scatto e si ritrova ancora sulla poltrona con in mano il fucile a pompa e il suo nuovo compagno abbandonato con la testa sul tavolaccio della reception sopra una collina di carte stropicciate. Fletcher si alza delicatamente e, in punta di piedi, schettina fino alla sedia dello scrittore. Alzandogli delicatamente la testa ne ricava almeno una trentina di arte manoscritta, vergata in minutissima e composta grafia. "Cazzo, ci sarà da cavarsi gli occhi a decifrare questo casino di materiale." Pensa fra sè e sè e mette in ordine le Confessioni di Peter tutte segnate dal proprio numero a piè di pagina e da un titoletto ad ogni piccolo capitolo. "Chi crede di essere questo stronzo? Balzac?". Raccolto e impostato tutto, sempre con il fucile nella mano sinistra, si reca verso la porta e la spalanca lasciando entrare la gelida brezza di quota e le prime avvisaglie di sole. Insufflando aria a pieni polomoni si avvia verso un grosso pino isolato alla sommità di un gentile acrocoro nudo di qualche metro quadrato. Lì siede, appoggia l'arma per terra e comincia a leggere. è talmente assorto che non si accorge del trascorrere delle ore e del caldo che, progressivamente, inonda una landa abituata al freddo pungente, anche d'Estate. Quando l'astro è alto nel cielo, termina il racconto, riunisce i fogli sparsi e li sbatte violentemente a terra. "Ma allora ci ha preso tutti quanti per il culo!". Grida cupamente.

 
 
 
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