Creato da card.napellus il 11/04/2008
L'importante è accorgersene

AUGURI

 

 

Crederò in Dio quando lui crederà in me!

 

ADOTTA A DISTANZA IL CARD.

Adotta a distanza il Card.

Questo semplice e relativamente economico gesto ti darà un senso di beatitudine mai provato prima.

Al solo costo di un Negroni al giorno (servito al tavolino del Danieli di Venezia), potrai avere la gioia incomparabile di contribuire alla crescita, alla salute e all'istruzione del tuo Card. prediletto.

Lui ti manderà tutti i mesi una foto, una letterina e se gli telefonerai ti parlerà con voce suadente dei suoi progressi nello studio e nella vita.

Inoltre se sei una donna, puoi contribuire anche in modo più interessante, e coinvolgente, allo sviluppo e alla crescita del tuo Card. 

E ricorda, un Card. è per sempre.

 

Area personale

 

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Questo blog potrebbe sembrare una testata giornalistica visto e considerato il penoso livello della maggior parte dei quotidiani.

Si tratta invece di un contenitore di stronzare ad elevata densità, e come tale è regolato dalla legge n.173 del 29.02.2001 e dai successivi regolamenti attuativi.

Gli argomenti trattati in questo blog dovrebbero offendere pesantemente la sensibilità di tutti quelli che hanno un orientamento politico o religioso preciso. Non escludo che possano anche offendere qualche minoranza, ma il blog non è stato concepito espressamente per questo.

Nel leggere questo blog potreste pensare di essere idioti, o che sia idiota chi ci scrive. Entrambe le ipotesi sono valide e meritano di essere approfondite.

Il tempo perso qui non può esservi in alcun modo rimborsato.

Non ci sono più le mezze stagioni - di questo non può in alcun modo essere considerato responsabile il gestore del blog.

 

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Raccontino - Settima parte.

Post n°798 pubblicato il 14 Giugno 2016 da card.napellus

Adamo si addormentò quasi subito, ma fu un sonno di breve durata. Alle due si svegliò, ed era lucido coma avesse dormito fino a mezzogiorno. Il braccio si era indolenzito, ma non faceva troppo male. Dalla finestra entrava abbastanza luce e ora, seduto sul letto, poteva guardarsi intorno con calma.

La camera era abbastanza grande, con la parete alla sua sinistra occupata quasi per intero da una vetrata che doveva dare su una terrazza. Davanti a lui un armadio vecchio e con le ante coperte di adesivi colorati con marchi di abbigliamento e attrezzature sportive, mentre a destra un mobile basso con sopra una miriade di bottigliette di creme, profumi e altro che al buio non riusciva a distinguere.

Fra questo mobile e il letto, dentro a un sacco a pelo che doveva avere molte cose da raccontare, dormiva tranquilla la sua ospite. Notò la macchia scura dei capelli, seguì la linea del collo verso il sacco a pelo. Ebbe una piccola delusione nel notare che non aveva più il suo minikimono, ma tuttavia era ben coperta da una maglia o un pigiama. Respirava tranquilla, mentre il suo smartphone lampeggiava sereno sul pavimento vicino alla sua testa.

Lui si mise a guardarla come avrebbe guardato una figlia, se mai ne avesse avuta una. Quando era giovane l’idea di diventare padre era per lui una bizzarria, ma da quando sua moglie se n’era andata una sottile malinconia si era impadronita di lui, e ora una figlio non gli sarebbe più sgradito, solo che gli piacerebbe già grande, indipendente. Come quella ragazza che ora dormiva nel sacco a pelo, per esempio.

Questo “complesso del padre mancato” da qualche anno gli impediva di provare una serena ed erotica attrazione per le donne molto più giovani di lui, ed era un limite fastidioso.

Tuttavia proprio in quel momento lei si girò, e ora lui poté guardarla con più attenzione: il volto era certamente la sua parte migliore, dai lineamenti regolari, il taglio degli occhi leggermente obliquo, la bocca davvero bella. Ora vedeva chiaramente il suo abbigliamento, sembrava una t-shirt, probabilmente giudicata non degna di essere indossata per uscire.

Sotto quella maglia, pensò, non poteva esserci chissà che cosa. La cara Renata non era precisamente una maggiorata.  

Sobbalzò al suono della sveglia. Teresa aprì gli occhi, senza muovere la testa con una mano prese il telefonò e zittì la suoneria. - Mi guardavi da molto? - Il tono non era quello di una persona che si fosse appena svegliata. - Ti piaccio? Stavi progettando di saltarmi addosso? -

Curiosamente la sua non era l’espressione di chi si è appena svegliato dopo ore di sonno, la testa non si era mossa rispetto a quando dormiva, gli occhi si erano aperti come quelli di una bambola, sembrava perfettamente sveglia, senza un minimo appannamento, senza uno sbadiglio.

- Buongiorno Renata - Adamo si avvicinò al bordo del letto per vederla meglio, ma lei si era già messa a sedere. - Non sono fisicamente in grado di saltare, e non sono neppure una persona che ha l’abitudine di insidiare giovani semisconosciute, specialmente con un braccio inutilizzabile e una serie di dolori che non voglio nemmeno stare a elencarti.-

Sorrise chiudendo gli occhi - A me invece piace eccome saltare addosso a sconosciuti feriti e con un piede già nella fossa. Non mi trovi terribilmente eccitante? - Si mise in ginocchio saltando fuori dal sacco. A parte testa collo braccia polpacci e piedi non usciva altro da quella specie di copricostume sbiadito che evidentemente lei considerava una camicia da notte. Era probabilmente l’indumento meno eccitante che mai fosse stato cucito. -  Ah, la sveglia suona alle tre per due motivi: devo prendere una pillola e poi devo fare due squilli alla mia amica. Hai sete, ti serve qualcosa? Non fare complimenti con me. -

La guardò allontanarsi in direzione della cucina. Dai rumori intuì che stava prendendo la pillola, poi la sentì parlare con un tono quasi materno. Non si sforzò per afferrare le parole, che presto furono coperte dal rumore dello sciacquone e poi dell’acqua corrente. Tornò che aveva già finito la telefonata.

Si sedette sul bordo del letto - Allora, caro Gustavo, ti piacerebbe una figlia come me? Oppure preferiresti - socchiuse gli occhi in uno sguardo complice - un’amante come me?

Non ci pensò nemmeno un istante - Una figlia si, sicuramente. Intendiamoci, sei una bella ragazza, ma io una figlia non l’ho avuta, e ora mi manca. Da ieri sera anche di più, mi piace l’idea di parlare con una come se fosse un’amica, nonostante la differenza di età. Ma forse con le figlie non si parla altrettanto bene. Parli molto con tuo padre? -

Ebbe un sorriso - dovrei fare una seduta spiritica per questo. Non è pratico, mi capisci. Papino è morto un anno dopo avere lasciato la mamma sola con me che avevo appena tre anni. Magari ci avrò anche parlato, ma non ricordo bene. Certo non saranno stati discorsi seri: la pappa, la nanna, la cacca. -

Pensò che fosse meglio cambiare discorso: - come sta la tua amica, gli manca ancora la lavatrice? -

- Sta come sempre, depressa, senza speranza. Anche lei come me ha una storia triste, e tutto per colpa di voi uomini. - Puntò il dito contro il poveretto e iniziò a gridare - Perché è sempre tutta colpa vostra!!! -

Lui si ritrasse per quanto possibile e sgranò gli occhi - ma sei di fuori? Cosa ti succede? -

Renata aveva già cambiato espressione. - Scusa, era solo uno sfogo. Dicevamo? Ah, la lavatrice, sembra si possa riparare, l’ha presa un mio vicino che sa mettere le mani in ogni cosa, ma che io non avevo coinvolto perché ho sempre avuto l’impressione che non siano solo le lavatrici l’oggetto delle sue attenzioni manuali. Mi ha detto che la rimetterà in funzione e la porterà alla mia amica. Speriamo non se la trombi. -

- La lavatrice? -

- Ma no, sciocco, la mia amica. - Rise di gusto. - Facciamoci un caffè, tanto di dormire per ora non se ne parla. - Accese la luce, e andò in cucina. - Come mai sei passato da queste parti? Cosa vendi? -

- Ma chi te lo dice che vendo qualcosa… prodotti per uso sanitario. Siringhe, garze, ma anche apparecchi medicali, disinfettanti. Non so bene nemmeno io cosa vendo. - Lo disse per troncare la discussione, in realtà sapeva ogni singolo articolo che aveva in catalogo, ne conosceva le caratteristiche e il prezzo. Ma non aveva voglia di parlare di lavoro e soprattutto di se stesso. Gli parve di vivere una vita che non valesse la pena di essere raccontata.

- Hai con te antidepressivi per la mia amica? -

- Non vendo farmaci, non sono un farmacista, non ho finito di prendere la laurea in medicina, non sono nemmeno un ipocondriaco, dunque non posso aiutarti. - Vide una foto sul comodino dal lato opposto al sacco a pelo. Non l’aveva notata prima. - Senti, per caso la tua amica è quella gran figa che è con te nella foto sul comodino? -

Non sentì una risposta, ma dopo dieci secondi lei entrava nella stanza con un vassoio e due tazze di caffè, un piccolo bricco per il latte, un piattino con qualche biscotto. - Quella topolona, caro il mio curiosone, è mia mamma. Ha solo diciassette anni più di me, ma la foto è vecchia, dunque lei ne aveva circa trentacinque. Lo dicono tutti che è più bella di me, e hanno ragione. Guarda come gli sta il costume addosso, il mio è mezzo sgonfio. Poi è ancora più alta di me che non sono una nana, e ha due gambe perfette. Questione di fortuna. -

- Allora se fra noi non funziona me la fai conoscere? -

- Volentieri, ma non penso sia bene intenzionata. Ha un carattere molto chiuso, e non penso voglia mettersi mai più con un uomo. Del resto io sono stata delusa dagli uomini, ma lei anche di più. -

Adamo prese a sorseggiare il caffè - Non ho mai capito perché gli uomini pensano alle loro ex come trofei di caccia e le donne ai loro ex come un campionario di deficienti. -

Renata assunse un’espressione sognante, cambiò persino il tono di voce, pareva di ascoltare un documentario delle BBC - Perché noi donne siamo meravigliosi animali liberi nella savana della vita che tutti i giorni si svegliano felici e ignare, liete solo di colorare del loro arcobaleno interiore gli infiniti paesaggi dove si trovano a passare, creature stupende e immacolate che non sanno ancora la sorte triste che le aspetta sotto forma di un crudele cacciatore, l’uomo della caverne affamato solo di carne giovane, desideroso di appendere alla parete della sua spelonca un’asse di legno con la nostra testa farcita di paglia, al posto degli occhi pieni d’amore due gelide e inespressive perline di vetro. Mentre voi uomini siete, in effetti, un campionario di deficienti. Non tutti, capiscimi, non tutti. -

Dopo la lunga considerazione sulla sorte delle donne, che l’aveva colpito anche per la fantasia delle metafore, quest’ultima affermazione non piacque a Adamo.- Sei carina e simpatica, ma non voglio costringerti a convivere anche solo per una notte con un deficiente monco e zoppo, ti prego, chiamami un taxi che torno al mio albergo. Il portiere di notte mi conosce e non mi lascerà fuori sul marciapiede. -

Lei capì che aveva esagerato, cambiò espressione e tono della voce - Come sei permaloso… scusami, ho esagerato. Prendi un biscottino, facciamo pace. -

Tuttavia qualcosa si era rotto, questo continue variazioni di umore non lo divertivano più. Non sopportava quando qualcuno metteva in dubbio le sue capacità sul lavoro o la sua sanità mentale, e ora si sentiva tanto a disagio. Comunque alla fine prevalse la pigrizia, prese un biscotto e nel silenzio che era bruscamente calato gli tornò in mente una scena simile di tanti anni fa.

Si era storto un piede in palestra, e in quell’occasione Maria passò un’intera notte a parlare con lui di mille cose, tutte futili, visto che non riusciva a prendere sonno. Gli venne in mente che forse era stata la sola notte passata in bianco con sua moglie, che era stato benissimo nonostante i dolori, e che se avessero avuto più notti da passare insieme parlando ora tra di loro non sarebbe finita.

Di nuovo la voce di Renata interruppe i suoi pensieri. Balzò in ginocchio sul letto. - Buonanotte papino! - Si allungò verso di lui e gli stampò un bacione in fronte, mentre lui non resistette, data la posizione favorevole, a dare un’occhiata dallo scollo dello sbiadito copricostume, avendo un rapido panorama della ragazza dal collo agli slip. Capì facilmente perché lei si lamentasse del fatto che il costume restasse sgonfio, poi chiuse gli occhi mentre lei si ritraeva. Non voleva passare da guardone e tutto sommato per quel giorno aveva già patito abbastanza.

 
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