La Bocciofila Pianorese quest’anno apre il primo maggio 

Pianoro (Bologna)

La Bocciofila Pianorese XXV Aprile di via Fantini 57 a Pianoro apre il primo maggio, non il 2 giugno, e senza feste inaugurali per evitare assembramenti. Si apre con il normale orario di attività che prevede dalle 18 (essendo domenica, nei feriali l’asporto inizia alle 18.30) il servizio di asporto per le rinomate crescentine della bocciofila, e dalle 19 anche ai tavoli con affettati, formaggi e sottaceti. Sempre alle 19 prende il via il gioco delle bocce con partite amatoriali e tornei sociali. L’altra novità è che dal primo maggio la bocciofila non aprirà tutte le sere ma i primi due fine settimana – 6, 7, 8, e 13, 14, 15 – per poi proseguire tutti i giorni fino a settembre compreso. Con l’intenzione, in settembre, di chiudere prima della fine del mese se le condizioni sono sfavorevoli all’uso dei campi da gioco. Visto poi il persistere della pandemia da coronavirus, saranno ancora da rispettare le norme di prevenzione e distanziamento prescritte dalle autorità sanitarie.

La Bocciofila Pianorese XXV Aprile dal 2021 non è più associata all’Arci perché ha aderito alla più attinente Federazione italiana bocce (Fib-Coni). Per praticare il gioco delle bocce sarà quindi necessario associarsi alla Fib-Coni anche per partite amatoriali non agonistiche. Così anche per il gioco delle carte praticato nella struttura gestita da un direttivo che vede presidente Franco Dini, vice Olga Fabbri, consiglieri Mara Bergonzoni, Maria Rosa Fabbri, Giancarlo Minarini e Gina Palma. A tenere viva la Bocciofila è infatti la volontà di soci e volontari di offrire alla comunità pianorese, e non solo, opportunità di socializzazione, sport, e rustica gastronomia condita da solidarietà e amicizia. L’attività della bocciofila è basata appunto sul volontariato a sostegno dell’attività sportiva puntando sui giovani per trasmettere la passione del gioco delle bocce alle nuove generazioni.

Con la soddisfazione del direttivo che dall’anno scorso può contare su un gruppo di giovani studenti pianoresi che, con entusiasmo, collabora attivamente alla conduzione delle attività ricreative per dare a tante persone la possibilità di passare liete serate estive in amicizia tra una bocciata e una crescentina o tra una briscola e un tresette.

Giancarlo Fabbri

Finalmente al capolinea del 13A è arrivata anche una Bike Station 

Pianoro (Bologna)

Ogni tanto è bene dare belle notizie ai propri lettori, quando ci sono. Finalmente sono stati asfaltati i marciapiedi lato est di via Costa a Rastignano. Un lavoro, è bene dirlo, fatto alla regola d’arte. L’altra bella notizia è che nel parcheggio scambiatore al capolinea del filobus Tper 13A è arrivata una Bike Station con una tettoia su tre colonne di sei metri di lunghezza e 2,30 di larghezza. Sotto ci sono sei postazioni per la sosta in sicurezza delle biciclette (si pensa sia per bici normali sia per quelle elettriche a pedalata assistita) con catena e lucchetto di serratura a chiave attivabile con una moneta da un euro, restituibile. E tre postazioni per la ricarica delle bici elettriche con compressore per il gonfiaggio dei pneumatici e kit per le piccole riparazioni.

Una gioia per chi, come il sottoscritto – che non va in bici dal 1980, e non ha nemmeno più una bicicletta –, che a vedere bici incatenate a ringhiere, pali (come la Fréjus ormai senza ruote in via Costa 100) e alberi dal 2017 chiedeva, almeno, la collocazione di una semplice rastrelliera per la sosta delle bici. Come chiedere una Nuova 500 D del 1963 (chi l’aveva rottamata se n’era poi pentito) e ricevere invece una Ferrari 250 GTO dello stesso anno (auto che in una delle ultime aste è stata battuta alla cifra di 60 milioni di euro, qualificandosi come la più costosa auto d’epoca, e non solo, al mondo).

Paragone azzardato? Forse. Alla Decathlon c’è una rastrelliera da cinque posti che costa euro 54,99 con spedizione gratuita. Quella che hanno già montato nella piazzuola di sei metri per quattro in cemento armato, ancora incartata e da inaugurare, è costata 21.768 euro Iva compresa. Almeno questa è la cifra prevista dalla delibera di giunta 91 dell’1 dicembre del 2021 con importo comprendente 18.644 euro, per fornitura dei materiali e di posa della Bike Station, e di 3.124 euro di spese tecniche e direzione lavori. Si tenga presente che il 70% del costo di questo intervento (15.237,68 euro) è coperto da un contributo regionale e il restante 30% (6.530,32) da oneri di urbanizzazione.

La realizzazione della Bike Station al parcheggio di Rastignano, testa di inizio verso sud della linea 10 Bicipolitana (metropolitana ciclabile bolognese), fa parte del progetto regionale “Bike to Work” (in bici al lavoro) al quale il Comune di Pianoro ha aderito sottoscrivendo il 26 ottobre 2020 il protocollo d’intesa. La Bicipolitana 10, inaugurata nel novembre 2021, partendo dal parcheggio di Rastignano ora raggiunge la stazione Sfm di Pianoro con un percorso di nove chilometri lungo il corso del Savena. Pista che collega tra loro tre stazioni ferroviarie Sfm (Rastignano, Musiano e Pianoro) e varie zone produttive artigianali e industriali (Carteria, Sesto, Boaria, Garganelli e Piastrella). Un percorso in gran parte protetto, importante anche dai punti di vista ambientali e naturalistici, legato al sistema di sentieri e cammini della Valle del Savena, con possibili ulteriori sviluppi futuri verso monte.

Sperando poi in uno sviluppo futuro anche della mobilità ciclabile con bici normali sarebbe opportuna anche una normale rastrelliera, o no?

Giancarlo Fabbri

Gli scheletri di Rastignano


Foto da “il Resto del Carlino” del maggio 1974

Pianoro (Bologna)

Qualcuno ricorda l’eccidio di Rastignano – frazione del Comune di Pianoro (Bologna) – che nell’estate del 1974, riempì le pagine dei giornali? In occasione dei prossimi festeggiamenti per la ricorrenza della Liberazione dell’Italia dal giogo nazifascista, a chi non sa, a chi ha dimenticato ne ricordo i fatti più salienti e alcune testimonianze. Il 13 maggio 1974, durante gli scavi per le fondamenta di un palazzo, in via Don Minzoni a Rastignano, furono disseppellite ossa umane. I crani, di questi scheletri, presentavano fori di proiettili sparati da breve distanza. A due metri e mezzo di profondità, insieme ai poveri resti di diciassette persone trucidate, sono stati rinvenuti proiettili, scarpe, fibbie di cinture. Il giorno successivo in un’altra fossa comune furono riesumati i resti di altre sei persone.

Quel terreno, dietro la seicentesca Fontana del Pero (o Fontana dé Bianchi), una volta agricolo e coltivato dalla famiglia Colombari, faceva parte del podere “Fornacina”. Athos Colombari, ricordava che un violento bombardamento aereo lungo la ferrovia “Direttissima” Bologna-Firenze creò, nei campi da lui coltivati, dei profondi crateri. La sua famiglia, una delle poche ancora rimaste al Pero, borgo di Rastignano, vista l’intensità dei bombardamenti decise infine di rifugiarsi a Bologna. Prima di sfollare utilizzarono alcune di queste buche per seppellirvi tutte le bottiglie di vino che avevano in cantina e altri beni di famiglia. Durante l’ottobre del ’44, gli ultimi civili sfollarono nella vicina città di Bologna. l’11 novembre di quell’anno lasciò Rastignano anche il parroco, don Giorgio Serra (rifugiatosi con le sorelle nella Grotta della Spipola alla Croara di San Lazzaro). Da quel giorno, sino alla liberazione di Bologna, il 21 aprile 1945, nessun civile risiedeva nella località. Dopo la liberazione, Athos Colombari notò che anche le altre buche, dietro la fontanina, erano state colmate. Non vi diede importanza, a lui premeva controllare che i benidi famiglia fossero sfuggiti agli sciacalli. I Colombari quindi riaprirono solo le fosse da loro utilizzate e tombate.

Nonostante i tentativi di identificazione, da parte dei tecnici e dei periti dell’istituto di medicina legale e dell’autorità giudiziaria del tempo, quei poveri resti sono ancora senza nome. Anche i parenti dei dispersi della zona fornirono la loro collaborazione, nel tentativo di dare un’identità a qualcuno dei 23 “giustiziati”. In ogni modo è accertato, in base alle testimonianze di alcuni residenti riportate dai quotidiani del tempo, che dal settembre del 1944 17 avieri angloamericani erano prigionieri a Villa Ranuzzi dé Bianchi (poi Villa Pini). Uno di loro si calò da una finestra con lenzuola annodate, mentre le SS del corpo di guardia erano dormivano ubriache, riuscendo così a fuggire scomparendo nella notte. Secondo un’altra testimonianza raccolta di recente, quella di Alberto Pudioli già fornaio del Palazzaccio, i prigionieri non erano inglesi o americani ma russi.

Il 18 novembre del ’44, durante un rastrellamento tedesco, furono prelevati da un rifugio, a Tianello di Livergnano, sette civili (i fratelli Arturo, Corrado, Dante e Romano Morara, Enrico Ercolessi, Giuseppe Nascetti e Luigi Stanzani). Questi uomini poi scomparvero nel nulla. Si pensa dunque che i poveri resti trovati, dietro alla fontana del Pero, fossero dei 16 prigionieri di guerra alleati rimasti e dei sette rastrellati. Oltre alla citata Villa Ranuzzi adibita a prigione, i nazisti erano insediati anche in altre ville storiche di Rastignano: a Villa Sassoli dé Bianchi, accanto alla fonte, con un comando delle SS; a Villa Fernanda (oggi Villa La Torre, o Il Castello) con un alto comando sempre di SS e a Villa Serena dietro alla chiesa parrocchiale.

Si ipotizzò anche che i 17 scheletri, scoperti nella prima fossa, appartenessero a militi della Guardia Nazionale Repubblicana provenienti da Porretta. Questi giovani repubblichini erano di guardia alla Cartiera di Sesto – forse deposito di munizioni per il fronte attestato sulla Linea Gotica –, si dice siano stati passati per le armi dai partigiani. I loro corpi non sono mai stati ritrovati. È stato però accertato che nella zona, massicciamente presidiata da repubblichini e tedeschi, non operavano brigate partigiane. Infatti le colline dei dintorni non offrivano sufficiente copertura a gruppi combattenti clandestini. Al momento dell’eccidio non vi era nessun civile italiano, eccetto una donna. Questa, di nome Maria Donini Bayer, non era di Rastignano e aveva sposato un tedesco poco prima della guerra. Impiegata come interprete per diversi mesi, nel comando bolognese delle SS, traduceva in italiano gli editti e i bandi che venivano poi affissi a Bologna e circondario. Si dice che facesse il doppio gioco e che avvertisse nascostamente don Giorgio Serra, parroco di Rastignano, ogni volta che si profilava un pericolo per gli abitanti della frazione. Rimasta sola, con i tedeschi, dopo lo svollamento dei residenti, fu probabilmente l’unica testimone del massacro. Portò con se l’atroce segreto e morì tre anni prima che venissero dissepolti quegli scheletri con i crani forati da un colpo alla nuca.

Resterà per sempre nel mistero l’identità delle persone così barbaramente trucidate. All’amico e storico pianorese Roberto Vitali sembrava strano che le autorità americane e britanniche, attente al recupero dei loro caduti, non si siano interessate a questo eccidio con probabili vittime angloamericane. Mentre invece la storia aveva incuriosito l’avvocato Giannevio Scaglia alla ricerca dei 17 repubblichini per conto di famiglie di Porretta e Vergato. Infatti dell’eccidio ne avevo scritto nel 1991 su “Il Punto” di Pianoro, nel 1996 e nel 2002 su “il Resto del Carlino”, nel 2007 su “Savena Setta Sambro”, nel 2009 su “L’Idea” di Pianoro e nel 2018 nel libro “Acqua passata. Storie, cronache e personaggi di Pianoro”. Eppure nel territorio di Pianoro non una targa, una via, una piazza, un simbolo civile o religioso commemora quei morti. Solo qualche anno fa la rotatoria delle Oche a Rastignano, a circa cento metri dalle fosse comuni, è stata dedicata ai “Caduti ignoti delle guerre” che comprende tutti e non dice niente; tanto che per tutti è ancora la rotonda delle Oche. Perché?

C’è forse qualcuno che preferisce un velo di silenzio su quella che comunque fu una strage. Per chi scrive non deve tornare nell’oblio l’eccidio avvenuto dietro la fontanella. Non deve essere dimenticato come condanna della guerra e monito per l’oggi e il domani. Gli orrori della guerra, vedi l’Ucraina, non sono scomparsi.

Giancarlo Fabbri

La Bocciofila Pianorese XXV Aprile quest’anno apre il primo maggio 

Pianoro (Bologna)

Per la prima volta in assoluto la Bocciofila Pianorese di via Fantini 57, a Pianoro, quest’anno riapre i battenti l’1 maggio, e non il consueto 2 giugno con molte novità. Una è che non ci sarà la tradizionale festa inaugurale con dalle 16 il buffet gratuito seguito da una sottoscrizione a premi ma il normale orario di attività. Orario che prevede dalle 18.30 il servizio di asporto per le rinomate crescentine della bocciofila – soltanto di domenica anticipato alle 18 – e dalle 19 anche quello ai tavoli con affettati, formaggi e sottaceti. Sempre alle 19 prende poi il via il gioco delle bocce con partite amatoriali e tornei sociali. L’altra novità è che dal primo maggio la bocciofila non aprirà tutte le sere ma i primi due fine settimana – 6, 7, 8, e 13, 14, 15 – per poi proseguire tutti i giorni fino a settembre compreso. Con l’intenzione in settembre di chiudere prima della fine del mese se le condizioni meteo dovessero essere sfavorevoli all’uso dei campi da gioco. Visto poi il persistere della pandemia da coronavirus, saranno ancora da rispettare le norme di prevenzione e distanziamento prescritte dalle autorità sanitarie.

La Bocciofila Pianorese XXV Aprile è nata a Pianoro nel 1983 come associazione ricreativa e sportiva affiliata Arci che nel 2021 ha aderito alla più attinente Federazione italiana bocce (Fib-Coni). Mantenendo lo stesso direttivo: presidente Franco Dini, vicepresidente Olga Fabbri, consiglieri Mara Bergonzoni, Maria Rosa Fabbri, Giancarlo Minarini e Gina Palma. L’associazione Bocciofila Pianorese non deve dare utili o stipendi a chi presta la sua opera. A tenerla viva è infatti la volontà di soci e volontari di offrire alla comunità pianorese opportunità di socializzazione, sport, e rustica gastronomia condita da solidarietà e amicizia. L’attività della bocciofila è basata appunto sul volontariato a sostegno dell’attività sportiva puntando soprattutto sui giovani per trasmettere la passione del gioco delle bocce alle nuove generazioni.

Come premesso la bocciofila è nata nel 1983 nella casa del popolo di via Grillini e dal 1991 gestita dallo stesso gruppo. Nel 2002 la vendita dei terreni dei campi da bocce da parte dei Ds con il trasferimento al Gualando su un terreno del Comune. Qui la Bocciofila ha realizzato i campi di gioco, la capanna di legno, i container di lamiera per cucina e dispensa e il tendone. Negli anni a seguire con gli utili i container sono stati sostituiti da opere in muratura, rinnovate varie strutture e rifatti i pavimenti. Lavori di miglioramento che proseguono a impianti e strutture per dare la possibilità di passare le serate estive in amicizia tra una bocciata e una crescentina o tra una briscola e un tresette.

Giancarlo Fabbri

Carlo Amadori: trent’anni di arte al Museo di Arti e Mestieri


Amadori davanti a un suo omaggio a Johann Wolfgang von Goethe

Pianoro (Bologna)

Lo scorso sabato 9 aprile 2022 nella sala eventi del Museo di Arti e Mestieri “Pietro Lazzarini” di Pianoro, in via del Gualando 2, è stata inaugurata la mostra di dipinti di Carlo Amadori a titolo “Il labirinto del tempo 2022”. L’esposizione d’arte pittorica, che veramente merita di essere ammirata, sarà visitabile fino a lunedì 25 aprile nei giorni di sabato, domenica e festivi dalle 15 alle 18; su appuntamento nei giorni feriali. Per le visite alla mostra e alla raccolta sugli antichi mestieri sarà ancora obbligatorio indossare la mascherina FFP2 ed esibire il super green pass. Per altre informazioni: 051.776927; 051.6529105; info@museodiartiemestieri.it.

Nell’arte di Carlo Amadori emerge la ricerca della bellezza. C’è chi ha equiparato la bellezza all’armonia per un’ulteriore idea di ciò che è eccelso o desiderabile. Da parte dell’artista vi è certamente una ricerca costante di armonia nell’accostare e definire tutti gli aspetti dell’opera. Trent’anni di ricerca rappresentano un periodo molto ampio e le modificazioni della società intervenute in questo tempo sono state enormi. Dallo slancio giovanile teso alla constatazione di uno stato esistenziale di profondo disagio sono uscite opere di denuncia per un ambiente popolato di auto, aerei, cemento e la prospettiva di un futuro impossibile. Poi ha infine preso corpo la ricerca di una natura ancora esistente, forse possibile, anche se spesso lacerata e violata.

Carlo Amadori nel 2010 è stato insignito con il Premio “Città di San Lazzaro” dall’allora sindaco Marco Macciantelli che definì l’artista «personalità di spicco della cultura italiana con molteplici interessi in ambito internazionale che, romagnolo d’origine, ha scelto di vivere nell’incanto del Farneto». Nel 2017 l’Università di Ferrara ha conferito ad Amadori la Medaglia d’Onore per la sua attività di promotore culturale attraverso il Salone del Restauro di Ferrara assurto a fama e partecipazione internazionale. Nel 2018 ha ricevuto dal Comune di San Lazzaro un riconoscimento per aver donato alla Mediateca sanlazzarese volumi su tutte le edizioni delle iniziative fieristiche culturali e artistiche e i cataloghi delle sue mostre di pitture.

Giancarlo Fabbri

L’arte di Carlo Amadori al Museo di Arti e Mestieri “Lazzarini” 


Nelle immagini l’artista e una delle sue opere pittoriche

Pianoro (Bologna)

Ammirando le opere pittoriche di Carlo Amadori, artista ravennate trapiantatosi a San Lazzaro, non passa inosservato che, come Giano Bifronte, nei suoi lavori inserisce senza nostalgia richiami al passato riprendendo antichi classici canoni di bellezza. Una ricerca della bellezza che sarà inaugurata alle 17 di sabato 9 aprile 2022 nella sala eventi del Museo di Arti e Mestieri “Pietro Lazzarini” di Pianoro, in via del Gualando 2, con la mostra di dipinti a titolo “Il labirinto del tempo”. L’esposizione d’arte pittorica sarà visitabile dalle 15 alle 18, fino a lunedì 25 aprile, nei giorni di sabato, domenica e festivi dalle 15 alle 18; su appuntamento nei giorni feriali. Per le visite alla mostra e all’importante raccolta sugli antichi mestieri sarà ancora obbligatorio indossare la mascherina FFP2 ed esibire il super green pass. Per info: info@museodiartiemestieri.it; 051.776927; 051.6529105.

Carlo Amadori – insignito col Premio Città di San Lazzaro nel 2010, e della Medaglia d’Onore conferitagli nel 2017 dall’Università di Ferrara per la sua attività di promotore culturale attraverso il Salone del Restauro di Ferrara assurto a fama e partecipazione internazionale – è nato a Bagnacavallo (Ravenna) nel 1942.Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Ravenna è incisore, pittore, designer di interni, e infine manager di importanti manifestazioni promozionali dell’arte anche a livello internazionale. Gli inizi sono come incisore stampando le sue lastre nella stamperia e galleria d’arte Squadro di Bologna. Nel 1969 si trasferisce a San Lazzaro, poi nel 1977 al Farneto. E’ tra i fondatori del gruppo bolognese Studio Immagini Alternative, attivo dal 1969 al 1973; con la sua ricerca artistica riferita alle avanguardie che hanno operato dagli anni Sessanta in Italia. Il suo interesse per l’archeologia, l’arte e l’architettura si manifesta poi nell’organizzazione di altre due iniziative: la Biennale di antiquariato Tesori dal Tempo, a Verona, e il Salone dell’arte del restauro dei beni artistici e culturali a Ferrara. E’poi curatore della mostra d’arte, architettura e arredamento Abitare il Tempo che si svolgeva ogni anno a Verona, per 25 anni.

In occasione del conferimento del Città di San Lazzaro – dalle mani del sindaco Marco Macciantelli – l’assessore alla cultura Roberta Ballotta disse che «avere Amadori come concittadino è per noi motivo d’orgoglio. Con la sua arte in mostra in molte città italiane, poi anche a Kharkov (Ucraina), Miskoic (Ungheria), New York, Parigi e Tokyo, unisce le bellezze della classicità a figure del passato e del presente in modo originale e personale. Non solo pittore ma anche promotore internazionale di design, arte e architettura. Un artista che ama anche la poesia, i viaggi e i cavalli».Per il critico d’arte Valerio Dehò, docente di estetica all’Accademia di Brera a Milano, «Amadori ha il pregio di essere classico nel mondo d’oggi per valorizzare il nostro patrimonio culturale con attento lavoro di analisi e di proposta».

Giancarlo Fabbri

In distribuzione il numero 125 di “Un’Idea di Appennino” 


La prima pagina del tabloid Un’Idea di Appennino co0n foto a corredo

Città metropolitana bolognese

Il numero 125, aprile 2022, del periodico “Un’Idea di Appennino” è in distribuzione, gratuitamente come sempre, in bar, ristoranti, edicole e negozi di un ampio territorio della Città metropolitana bolognese a sud della via Emilia. Il mensile, diretto da Bruno Di Bernardo, è anche scaricabile, gratis, dal sito web hemingwayeditore.wordpress.com.

In questo numero del vostro cronista potete leggere, su Pianoro, della formazione del gruppo consiliare Pianoro Civica comprendente i due consiglieri ex Lega, Giulia Tovoli e Luca Vecchiettini, e l’ex M5S Pierluigi Rocca; con la contemporanea scomparsa dei gruppi Lega e M5S dal consiglio comunale pianorese. Su Ozzano dell’avvio della realizzazione sulla via Emilia, tra il capoluogo e Tolara, di un nuovo supermercato a insegna Eurospar. Sulla pagina di San Lazzaro, invece, del cronico problema sanlazzarese della carenza di parcheggi nel centro del capoluogo aggravato dalla mancata apertura del parcheggio sotterraneo di via Gramsci nonostante sia stato completato nel 2017. E dell’opposizione dei frontisti, e dell’Ascom, alla progettata chiusura al traffico di via San Lazzaro nel tratto dalle via Emilia a via Roma. Chiusura che tra l’altro farebbe sparire sei preziosi stalli di sosta a lato della centralissima piazza Bracci penalizzando il salone da barbiere Doris, il ristorante hawaiano Tasty Poke e il bar Piazza Bracci.

A cura del direttore Bruno Di Bernardo, e dei colleghi Filippo Batisti, Sarah Buono e Roberta Cristofori inchieste e cronache da: Alto Reno Terme, Camugnano, Casalecchio, Castiglione dei Pepoli, Grizzana, Loiano, Marzabotto, Monghidoro, Monterenzio, Monte San Pietro, Monzuno, San Benedetto Val Sambro, Sasso Marconi, Valsamoggia, Vergato, Zola Predosa, oltre che da Bologna e dalla Regione. Per la redazione: 0534.667927; per inserzioni pubblicitarie: 339-4233609.

Tra qualche settimana arriva invece nelle edicole di Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Veneto il prossimo numero della versione magazine, illustratissima e su carta patinata, del periodico “Un’Idea di Appennino” sempre diretto da Bruno Di Bernardo ed edito dalla Hemingway Editore. Rivista che del vostro cronista, nel numero 122 ancora in edicola, ha un articolo dedicato alla suggestiva Rocca Sforzesca di Dozza e uno dedicato ai premiati vini della Tomisa di Castel de’ Britti. Altri interessanti articoli sono di Filippo Batisti, Sarah Buono, Valentina Capelli, Umberto Cavalli, Roberta Cristofori, Ciro Gardi, Silvia Rossi e Luigi Spezia. Infine a cura della libreria Ulisse di Bologna una rassegna di libri di viaggi e di esperienze nel nostro Appennino bolognese da scoprire e riscoprire. La rivista è nata a sostegno del turismo lento con descrizioni dei vari sentieri, cammini e vie escursionistiche alla ricerca di luoghi ricchi di storia e borghi dal fascino antico. Con anche i recapiti delle strutture ricettive dislocate sui lunghi sentieri da percorrere in più tappe.

Giancarlo Fabbri

“Il labirinto del tempo”, al museo l’arte di Carlo Amadori 

Pianoro (Bologna)

Sabato 9 aprile 2022, alle 17, nella sala eventi del Museo di Arti e Mestieri “Pietro Lazzarini” di Pianoro, in via del Gualando 2, si inaugura la mostra di dipinti di Carlo Amadori a titolo “Il labirinto del tempo”. L’esposizioned’arte sarà visitabile dalle 15 alle 18, fino a domenica 27 marzo, nei giorni di sabato, domenica e festivi dalle 15 alle 18; solo su appuntamento nei giorni feriali. Per le visite alla mostra e la raccoltadegli antichi mestieri sarà ancora obbligatorio indossare la mascherina FFP2 ed esibire il super green pass. Per info: info@museodiartiemestieri.it; 051.776927; 051.6529105.

Il titolo della mostra può sembrare particolare nel vedere il tempo come un semplice fluire verso il futuro ma non si fa a tempo a scrivere “ora” che quell’attimo è già “passato”. Il nostro futuro non è privo di un passato e il nostro artista lo dimostra ponendoci di fronte dipinti eseguiti oggi guardando a un antico passato di grande bellezza che si richiama ai canoni ellenistici e latini immersi nella natura e nell’oggi.

Carlo Amadori – insignito col Premio Città di San Lazzaro nel 2010, e della Medaglia d’Onore conferitagli nel 2017 dall’Università di Ferrara per la sua attività di promotore culturale attraverso il Salone del Restauro di Ferrara assurto a fama e partecipazione internazionale – è nato a Bagnacavallo (Ravenna) nel 1942.Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Ravenna è incisore, pittore, designer di interni, e infine manager di importanti manifestazioni promozionali dell’arte anche a livello internazionale. Gli inizi sono come incisore stampando le sue lastre nella stamperia e galleria d’arte Squadro di Bologna. Nel 1969 si trasferisce a San Lazzaro, poi nel 1977 al Farneto. E’ tra i fondatori del gruppo bolognese Studio Immagini Alternative, attivo dal 1969 al 1973; con la sua ricerca artistica riferita alle avanguardie che hanno operato dagli anni Sessanta in Italia. Il suo interesse per l’archeologia, l’arte e l’architettura si manifesta poi nell’organizzazione di altre due iniziative: la Biennale di antiquariato Tesori dal Tempo, a Verona, e il Salone dell’arte del restauro dei beni artistici e culturali a Ferrara. E’poi curatore della mostra d’arte, architettura e arredamento Abitare il Tempo che si svolgeva ogni anno a Verona, per 25 anni.

In occasione del conferimento del Città di San Lazzaro – dalle mani del sindaco Marco Macciantelli – l’assessore alla cultura Roberta Ballotta disse che «avere Amadori come concittadino è per noi motivo d’orgoglio. Con la sua arte in mostra in molte città italiane, poi anche a Kharkov (Ucraina), Miskoic (Ungheria), New York, Parigi e Tokyo, unisce le bellezze della classicità a figure del passato e del presente in modo originale e personale. Non solo pittore ma anche promotore internazionale di design, arte e architettura. Un artista che ama anche la poesia, i viaggi e i cavalli».Per il critico d’arte Valerio Dehò, docente di estetica all’Accademia di Brera a Milano, «Amadori ha il pregio di essere classico nel mondo d’oggi per valorizzare il nostro patrimonio culturale con attento lavoro di analisi e di proposta».

Giancarlo Fabbri

Per una Pasqua solidale ci sono la uova dell’Istituto Ramazzini 

San Lazzaro (Bologna)

In questi giorni a San Lazzaro la locale sezione soci “Teresa Silvagni” dell’Istituto Ramazzini ha già messo in vendita le uova pasquali a sostegno della ricerca sul cancro. Le uova sono di ottima qualità, al latte e fondente, in un unico formato da 500 grammi di produzione artigianale. Acquistandole si può contribuire al finanziamento della ricerca indipendente sul cancro realizzata dall’Istituto attraverso il centro scientifico “Cesare Maltoni” di Bentivoglio. Oltre all’attività di prevenzione delle sue strutture cliniche: il Poliambulatorio di via Libia a Bologna e il Centro clinico di Ozzano.

Le uova si possono acquistare, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30, nel negozio Le Ramazzine di via Casanova 14, gestito dalle volontarie della sezione soci sanlazzarese, presieduta da Paolo Nicoli, e se non piove al banchetto aperto dalle 9.30 alle 12.30 al mercato settimanale del sabato. Oppure anche presso le due strutture cliniche di Bologna e Ozzano citate. Infatti nonostante il difficile periodo della pandemia, per continuare a sostenere la ricerca libera e indipendente dell’Istituto Ramazzini, società cooperativa onlus, la sezione “Teresa Silvagni” prosegue le consuete attività di raccolta fondi.

Nel negozio di via Casanova 14, è possibile trovare tutto l’anno a prezzi d’occasione capi di abbigliamento, oggetti da arredamento, e articoli vari, nuovi o usati; anche i regali di Pasqua per sé, per i propri familiari e per gli amici. Quello de “Le Ramazzine” è, come si suol dire, un negozio a alta solidarietà umana che mette in vendita beni, di cui molti donati da privati e aziende a scopo benefico. Il ricavato della vendita sarà devoluto all’Istituto Ramazzini per sostenerne la sua attività di studio, di ricerca, e per la prevenzione dei tumori e delle malattie ambientali e professionali. Nel negozio è anche possibile avere informazioni sulle gite turistiche promosse dalla sezione locale. Per informazioni o prenotazioni telefonare ai numeri: 360-884207 (Giusi); 338-1154683 (Leda); 339-4948252 (Anna).

Giancarlo Fabbri