I 140 anni delle Calzature Barbieri premiati dall’Ascom e dal Comune


Nel collage i due volti di Maurizio Barbieri

Ozzano (Bologna)

Nei primi giorni di novembre Tiziana e Maurizio Barbieri contitolari della Calzature Barbieri 1880 di Ozzano, già fregiata nel 2015 dal titolo di “Bottega storica d’Italia” è stata premiata dall’Ascom con una targa per i suoi 140 anni di attività. La cerimonia si è svolta nello storico Palazzo Segni-Masetti di Bologna, col presidente provinciale Enrico Postacchini e il direttore Giancarlo Tonelli. E nel gennaio 2021 è stata premiata anche dal Comune di Ozzano. Premiazioni che fanno onore alla famiglia Barbieri che continua una ultrasecolare tradizione e, soprattutto, un impegno a sostegno del commercio di vicinato. Non è un caso che Maurizio è presidente dell’Ascom locale, e del comitato Centrozzano che organizza le varie iniziative promozionali.

Ma l’azienda ha, senza dubbio, più di 140 anni di attività dato che quel 1880 è la data scritta sul più vecchio documento che cita la presenza, nel borgo ozzanese di San Pietro, dell’attività di Emilio Barbieri di riparazione e realizzazione di scarpe fatte a mano. Mestiere artigianale proseguito dal figlio Adolfo che vi affiancò quella commerciale. Negli anni ‘30 entrò il nipote Elio nella bottega che con la guerra sparì sotto le bombe. L’attività riprese infine nel dopoguerra in via Emilia 82, dove tuttora ha sede la storica azienda, con i Barbieri che realizzavano o riparavano le calzature degli ozzanesi. Non potendo competere con la produzione industriale l’attività commerciale prese il sopravvento proponendo, con il pronipote Maurizio, oltre a marchi noti anche produzioni artigianali di alta qualità per la clientela più esigente.

Nel raccontare la storia della bottega, e del negoziante impegnato su più fronti, sveliamo un Barbieri inedito. Quello di appassionato della musica rock che avevamo visto suonare a Castenaso alla “Festa dell’uva”. E’ il chitarrista della Traffic Jam, rock blues band che si esibisce per il piacere di farlo; una storia che inizia nel 1966 con i complessi beat sulla scia di Beatles e Rolling Stones. Quell’anno Maurizio convinse il padre a comprargli una chitarra acustica Eko da Vandarini, negozio di via delle Moline a Bologna, a condizione che poi andasse a lezioni di musica. Promessa in parte disattesa.

«Non mi piaceva il solfeggio che già facevo alle scuole medie quindi abbandonai presto. Però – racconta Barbieri – volevo imparare a suonare alle festicciole che si facevano nei garage col giradischi perché aiutava a cuccare le ragazze. Quindi andai da Blaffard in via Farini a Bologna, che vendeva spartiti, e comprai il metodo per il chitarrista autodidatta e in poco tempo imparai alcune canzonette dei Nomadi e dell’Equipe 84. La mia fortuna fu di avere un orecchio quasi assoluto che nonostante la mancanza di scuola, e di tecnica, mi ha aiutato molto. Ho visto e ascoltato quasi tutti i cantautori italiani e tanti li ho conosciuti personalmente essendo stato uno degli speaker di Lady Radio nata nel 1976 a Castel San Pietro Terme, una delle prime radio libere italiane e disk jockey per un paio d’anni al Piro Piro – rivela Barbieri – una maxi discoteca in voga a quei tempi».

La passione cresce e Barbieri corre in varie città italiane per assistere a concerti memorabili come quelli dei Pink Floyd, Rolling Stones, Deep Purple, U2, Santana, Jehtro Tull, e tanti altri. Da questa passione nasce la band Traffic Jam (letteralmente: ingorgo stradale) con quattro amici – Francesca Heidi Gubian (voce), Vittorio Marchioni (basso), Beppe Micali (tastiera), Fabrizio Fabbri (batteria) – che continuano a suonare finché si divertono. Si esibiscono a feste di paese, a matrimoni rock, e un paio di volte lo hanno fatto in Piazza Maggiore a Bologna, con Hey Joe, per la beatificazione di Padre Marella. «In una di queste serate – ricorda Barbieri – arrivò sul palco Lucio Dalla e al microfono esordì dicendo: “sono qui tra i rottami della musica bolognese, ma anch’io sono un rottame. Poi dal piano fece partire le note di “Caruso” che cantò dal vivo con applausi da tutti noi dei gruppi e dai tantissimi spettatori presenti sul crescentone. L’altra mia passione – rivela concludendo – è viaggiare in moto. Ma questa è un’altra storia».

Giancarlo Fabbri

Degrado? No, cavoli, quella è arte …….


A San Lazzaro si legge, a Pianoro (nuova apertura?) si disvela lentamente … ma forse è arte

Pianoro (Bologna)

Da alcuni mesi accanto all’ingresso del supermercato EuroSpin di Pianoro, acconto alla rotatoria tra le vie Nazionale e della Resistenza c’è un pannello incorniciato che ha fatto storcere il naso a non pochi clienti per l’apparente sensazione di incuria e degrado che trasmette. Costoro non capiscono il messaggio che trasmette tale installazione che sta pian piano, tra una folata di vento e uno strappo, facendo comparire il suo messaggio. Si chiedono a cosa sia servita la spesa di affiggere il pannello se non mostrare subito il messaggio. E c’era chi credeva che l’epifania – dal greco epiphàneia, apparizione – dovesse avvenire in occasione delle festività natalizie e di nuovo anno ha visto passare dicembre e gennaio senza poter leggere il messaggio che all’EuroSpin (Spin = Spesa intelligente) appariva da mesi.

Ma non c’è bisogno di essere Albert Einstein, come da spot televisivi, per capire la differenza: il pannello di San Lazzaro è un messaggio pubblicitario; quello di Pianoro no, è un allestimento artistico. Una vera opera d’arte come i tagli di Lucio Fontana, gli stracci bruciati di Alberto Burri, quelli ammucchiati di Michelangelo Pistoletti, la merda d’artista di Piero Manzoni, come l’orinatoio di Marcel Duchamp, o il ferro da stiro chiodato di Man Ray, o le zuppe di pomodoro di Andy Warhol  … e si potrebbe continuare.

Il lento disgregarsi e strapparsi della pellicola che ricopre le scritte del pannello, un po’ per mano dell’uomo e tanto da eventi atmosferici, è una simbolica rappresentazione della lenta disgregazione della nostra consumistica civiltà contemporanea follemente volta all’effimero, al superfluo, all’apparire. Una civiltà sorda alle grida di allarme di una terra ogni giorno sempre più avvelenata dai suoi stessi abitanti. E per dirla con Luigi Pirandello … così è, se vi pare.

Con il solito bambino che vede il re nudo a dire: a cosa cavolo serve mettere un pannello all’ingresso di un supermercato senza scoprirlo dando un’impressione di degrado? E’ stata una Spesa intelligente???

Giancarlo Fabbri

In un libro le vie transappenniniche perdute


La copertina del libro e il suo appassionato autore

Città metropolitana bolognese

Il camminare sembra tornato di moda e da una decina di anni a questa parte nascono come funghi in autunno cammini e vie quasi su ogni crinale o fondovalle del nostro Appennino; ma i nuovi percorsi non portano a Roma come ai tempi antichi dei pellegrinaggi. L’ultima in ordine di tempo è senz’altro la “Via del Fantini”, inaugurata a Monte Bibele di Monterenzio lo scorso 5 luglio, dedicata alla memoria di Luigi Fantini che, pur autodidatta, fu grande speleologo, paleontologo, geologo, fotografo e scrittore. Via nata per volontà dell’Associazione Parco Museale della Val di Zena presieduta da Giuseppe (Pino) Rivalta, biologo, naturalista, esploratore, speleologo e conferenziere.

Con Rivalta, appassionato di storia, che ha voluto fare un po’ di ordine e chiarezza sull’origine di questi percorsi dando alle stampe il libro: “Alla ricerca delle vie transappenniniche perdute. Da Bologna ad Arezzo e Firenze” con prefazione del noto giornalista Giorgio Tonelli di Rai 3. Volume che in 200 pagine raccoglie la sintesi di tutti i percorsi tra un versante all’altro dell’Appennino tosco-emiliano. Dopo qua cinque anni di ricerche, il libro nasce, presentandola in maniera corretta, la situazione storica riguardante l’esistenza delle diverse strade antiche del comprensorio bolognese, che, per secoli, sono state quasi dimenticate o scomparse. Per info e copie: unjriv@tin.it.

L’autore, con facili e schematici capitoli corredati da molte immagini e cartine, ripercorre la storia delle numerose vie di collegamento fra gli insediamenti umani a partire dalla preistoria. Fra testimonianze e ipotesi, un compendio delle frequentazioni tra Emilia e Toscana nel corso di molte migliaia di anni su antichi percorsi noti, meno noti o scomparsi. L’interesse verso questi cammini è confermato dal boom di presenze, italiane e straniere, sulla “Via degli Dei” che ha generato un positivo ritorno economico non indifferente alle attività delle località dell’Appennino attraversate da questo percorso rinato dopo la scoperta nel 1979 della “Flaminia militare” a opera di Cesare Agostini e Franco Santi. Un fenomeno che ha portato alla promozione, spesso proprio su antichi percorsi, di altri tracciati come le vie “Della lana e della seta”, la “Mater Dei” e il “Cammino di Sant’Antonio” da Venezia ad Assisi in 10 tappe passando per Padova e Bologna.

Giuseppe Rivalta è indubbiamente un personaggio singolare molto noto a chi ama la natura e l’ambiente. Nato a Bologna nel 1945 fin da ragazzo mostra interesse per le scienze naturali, e la preistoria, allevando insetti e raccogliendo fossili e minerali. Nel 1959 con alcuni amici inizia l’attività speleologica nei gessi bolognesi, poi nel trentino, e nel 1968 entra nel Gruppo speleologico bolognese del Cai (Club alpino italiano) interessandosi di biospeleologia. Dopo la laurea in Scienze biologiche, ottenuta nel 1972 con una tesi in Antropologia, nel 1975 presenta all’Istituto di Antropologia di Firenze una ricerca fatta in Uganda sulla popolazione dei Lugbara. Entrato come biologo analista nell’ospedale di San Giovanni in Persiceto vi rimane fino al 2006 come direttore della microbiologia dell’Ausl Bologna Nord. I suoi studi biospeleologici si orientano soprattutto alle popolazioni batteriche ipogee dei gessi bolognesi, con ricerche condotte nel Laboratorio della Grotta Novella, riportate in numerose pubblicazioni.

Moderno esploratore a partire dal 1974 visita numerosi paesi in viaggi da cui ha poi tratto spunto per mostre e conferenze in varie regioni italiane. Nel 2007 ha organizzato la spedizione “Rediscovering the Americas”, attraversando con fuoristrada le tre Americhe dalla Terra del Fuoco all’Alaska, riportandone migliaia di foto e la realizzazione, con la moglie Carla Ferraresi, del libro: “Dalla terra del fuoco all’Alaska in camper 4×4. La riscoperta delle Americhe”. Dal 2004 è nell’associazione “Ardito Desio” alla quale collabora con mostre e conferenze. E’ socio dell’associazione “Quelli della notte”, dedicata alla salvaguardia e allo studio dei pipistrelli, e come già scritto presidente dell’Associazione Parco Museale della Val di Zena.

Giancarlo Fabbri

In distribuzione il numero 111 di “Un’Idea di Appennino” tabloid


Nell’immagine le copertine del tabloid e del magazine

Appennino bolognese

In questi giorni è in distribuzione gratuita in bar, ristoranti, edicole e negozi di 18 comuni della Città metropolitana di Bologna il numero 111, febbraio 2021, del periodico “Un’Idea di Appennino” in versione cartacea tabloid. Mensile edito da Hemingway Editore, diretto da Bruno Di Bernardo, che è anche scaricabile, sempre gratuitamente, dal sito web hemingwayeditore.wordpress.com. Il periodico è distribuito in area vasta, città di Bologna compresa, per dare notizie di cronaca e promuovere il territorio collinare e montano anche dai punti di vista economico e turistico. Per contattare la redazione: 0534.667927; per richiedere inserzioni pubblicitarie: 339-4233609.

Nel numero di febbraio di “Un’Idea di Appennino” del vostro cronista potete leggere, sull’ambiente, della crociata del Wwf contro il taglio di alberi quando si parla di forestazione a livello regionale, su Pianoro della riapertura al culto dell’antichissima chiesa di Musiano e su Ozzano del premio regionale conferito alle Grafiche Reggiani per un brick per alimenti senza plastica. Su San Lazzaro della sanificazione continua alle aule scolastiche, e dell’attacco di hacker informatici alla videochat della scuola e alla pagina  Facebook del sindaco Conti.

È invece nelle edicole delle provincie di Bologna, Ferrara, Ravenna e Rovigo il numero 110, gennaio-febbraio, della illustratissima versione magazine su carta patinata con, del vostro scrivente, i 150 anni dalla scoperta della Grotto del Farneto da parte di Francesco Orsoni e una intervista alla fotografa Daria Victorini, polacca di nascita, che giunta a 17 anni sugli Appennini non li ha più abbandonati. A cura del direttore responsabile Bruno Di Bernardo, e dei colleghi Filippo Batisti, Sarah Buono e Roberta Cristofori inchieste, cronache e curiosità da: Alto Reno Terme, Camugnano, Casalecchio, Castiglione dei Pepoli, Grizzana, Loiano, Marzabotto, Monghidoro, Monterenzio, Monte San Pietro, Monzuno, San Benedetto Val di Sambro, Sasso Marconi, Valsamoggia, Vergato, Zola Predosa, oltre che da Bologna, dalla Città metropolitana e dalla Regione.

Giancarlo Fabbri