La Madonna copta di Ozmo, un’opera d’arte violata e perduta

San Lazzaro (Bologna)

E’ possibile rimpiangere un’opera d’arte che comunque difficilmente sarebbe stato difficile conservare? E’ possibile considerando che tale opera è andata distrutta tra l’indifferenza generale nonostante che più volte avessi segnalato la sua presenza.

A riportarmela alla memoria due notizie di cronaca: l’avvio del processo ai fratelli Gabriele e Marco Bianchi. Francesco Belleggia e Mario Pincarelli che il 6 settembre 2020 uccisero a botte il 21enne Willy Monteiro Duarte intervenuto a difesa di un altro ragazzo bel corso di una rissa. Nell’occasione le emittenti televisive nazionali hanno mandato in onda l’enorme immagine di un sorridente Willy dipinta dal writer Ozmo. E la kermesse bolognese Arte Fiera in corso in questi giorni che richiama appassionati d’arte da tutto il mondo. Ozmo, pseudonimo di Gionata Gesi, artista toscano trapiantatosi a Milano, assurto a notorietà, internazionale, e vedendo la sua firma sul grande ritratto di Willy Monteiro Duarte mi ha fatto tornare alla mente un suo lavoro, ignoto a tutti, realizzato sulla facciata est dell’ex centro giovanile di Idice demolito nel 2019 in quanto fatiscente e pericolante. Con la demolizione scomparve infatti anche la Madonna Nera, simile a quelle bizantine, copte e ortodosse, che si fumava uno spinello (poi censurato) oltre a misteriosi e inquietanti simboli esoterici e alchemici accompagnati anche da intraducibili scritte in caratteri ebraici.

Dopo la ricostruzione, che mi risulta sia ancora da inaugurare, la bella palazzina prima era stata dipinta esternamente in una gradevole tinta unita verdina; poi decorata da Zamoc con disegni che richiamano alcuni pregi del territorio sanlazzarese. Piaccia o no, ora è così. Ozmo, però, si pone su un altro livello col suo nome d’arte, inizialmente accostato a un teschietto, legato alla storia dell’arte di strada in Italia di cui è tra i massimi esponenti. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, Ozmo si dedica per un decennio al writing, per poi spaziare il suo impegno tra street art, arte contemporanea e public art. Il suo lavoro accosta e mescola arte antica e contemporanea con un processo di appropriazione, rielaborazione e stilizzazione grafica.

Dal 2001 in poi a Milano i sui primi lavori di street art e, nel 2005, la partecipazione all’Urban Edge Show, al fianco di artisti di fama tra cui London Police, Blu e Shepard Fairey. Nel 2007 Ozmo è nella mostra Arte italiana, 1968-2007 al Palazzo Reale di Milano, curata da Vittorio Sgarbi. Nel 2007 e 2008 figura tra i partecipanti a Street Art Sweet Art a Milano e al Scala Mercalli all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Fuori dai confini nazionali, va registratala personale alla Pure Evil Gallery di Londra nel 2008. Nel 2012 Ozmo interviene in note sedi museali: prima nel foyer del Museo del Novecento a Milano poi sulla terrazza del Macro di Roma, realizzando il grande dipinto murale intitolato Voi valete più di molti passeri! Oggi sue opere sono su edifici privati e pubblici in tutto il mondo.

Giancarlo Fabbri

I s’en scurdè dal Traplon, e brisa soul qual


La segnaletica stradale della località e la cartografia storica e recente

San Lazzaro (Bologna)

Personalmente plaudo all’iniziativa del Comune di San Lazzaro (ed Sévna) di rivalutare il nostro dialetto bolognese accostando ai cartelli stradali della toponomastica locale la sua traduzione dialettale. In un certo senso i nomi pronunciati dai nostri padri e nonni che avevano il dialetto come lingua madre. Ma da quello che leggo sul “Carlino” ci sono delle dimenticanze, o delle omissioni in attesa di collocazione.

In ordine alfabetico sono citate Borgatella, Campana, Caselle, Castel de’ Britti, Cicogna (ci sono cartelli con solo Cicogna e altri invece con La Cicogna), Colunga, Croara, Farneto, Idice, Mirandola, Pizzocalvo, Ponticella e San Lazzaro. Ci sono però frazioni con cartello in lingua: Mura San Carlo, Pulce (o La Pulce) e Trappolone che non sono stati tradotti nel vernacolo bolognese. E ancora località come Fabbreria, Pontebuco, Russo (storica) e Villaggio Martino che pur indicate come tali dalla cartografia ufficiale non hanno, forse, nemmeno un cartello di indicazione toponomastica. In realtà tutti i nomi elencati non sono da considerare “frazioni” ma “località”; infatti ai fini dei dati statistici Istat le “frazioni del Comune di San Lazzaro sono solo cinque: San Lazzaro Nord (capoluogo, Borgatella, Caselle e Russo); San Lazzaro Sud (Cicogna, Farneto, Mura San Carlo, La Pulce, Pontebuco e Villaggio Martino); Ponticella-Croara (Croara, Ponticella e Trappolone); Idice-Colunga (Colunga, Fabbrerie, Idice, La Campana, Mirandola e Pizzocalvo); Castel de’ Britti (Castel de’ Britti).

Quello del Trappolone era poi un caso particolare da sempre. Si tratta di un territorio sanlazzarese che si incunea tra i comuni di Bologna e Pianoro un po’ dimenticato senza collegamenti col capoluogo. Tanto per farne un esempio nel 1998 un preside in pensione, Angelo Parro, si prese a cuore il Trappolone, dove viveva, che riteneva dimenticata dal Comune. Al tempo feci presente all’assessore Renato Ballotta, da decenni in municipio, che questo preside si lamentava della situazione del Trappolone. Al che Ballotta rispose: «Il Trappolone? Che cos’è?». E dire che tale nome è nella cartografia municipale. Poi a seguito della realizzazione del residence “Il Paleotto” al confine con Pianoro, sul sedime dell’ex Landy Freres, tutti, anche il Comune, si misero a chiamare Paleotto quella località nonostante esistesse un vero Paleotto sull’altra sponda del Savena e in Comune di Bologna. Poi finalmente misero cartelli con la toponomastica giusta ma non ancora tradotta.

Riguardo al dialetto fino agli inizi del Novecento era la lingua madre di gran parte della popolazione. Si tenga poi presente che nella nostra regione nel 1861 il 77,4 percento della popolazione era analfabeta, nel 1911 il 32,7. E che non è mai esistito un unico “bolognese” per tutta la provincia con variazioni dal monte al piano, da valle a valle e da borgo a borgo; checché ne dicano i puristi dell’esatta punteggiatura nello scritto e nella pronuncia del parlato.

Giancarlo Fabbri

Anche il Museo della Città romana di Claterna ha riaperto le porte 


Alcuni scatti dal Museo Città di Claterna di Ozzano

Ozzano (Bologna)

A tre anni dall’inaugurazione, avvenuta nell’aprile del 2019, e dopo la lunga chiusura dovuta all’emergenza sanitaria, lo scorso 3 aprile il Museo della Città romana di Claterna, a Ozzano in piazza Allende 18, è tornato a accogliere i visitatori per una prima serie di eventi dedicati alla cultura, alla storia e all’archeologia. Le persone presenti hanno assistito alla presentazione del nuovo video dedicato al museo seguito da una visita guidata, per gli adulti, e da un laboratorio didattico per i giovani.

I prossimi appuntamenti, sempre con visita guidata e laboratorio, si terranno domenica 15 maggio alle 15.30, per la Festa del Libro, il tema sarà “Scrivere nell’antica Roma”. Domenica 29 maggio alle 15.30, si parlerà di “Claterna, urbanistica e architettura”. Sabato 18 giugno alle 15, per le Giornate Europee dell’Archeologia, il tema sarà “Abitare a Claterna” con visita guidata al museo e, solo in caso di bel tempo, anche agli scavi di Claterna a Maggio di Ozzano. Sabato 25 giugno alle 21, apertura serale “A lume di lucerna!”. Infine lunedì 4 luglio alle 19 con “A teatro… a Claterna!” aspettando il successivo spettacolo del ciclo “La Torre e la Luna” di Ote-Le Saracinesche.

Ingresso gratuito ma con prenotazione: museo@comune.ozzano.bo.it oppure 051.791337. I posti disponibili sono di 35 persone per le visite guidate, e di 10 bambini per i laboratori didattici. Salvo modifiche di legge, è obbligatorio indossare almeno la mascherina chirurgica, per i bimbi dai 6 anni in su, e anche il super green pass dai 12 anni in su.

Giancarlo Fabbri

Pensiero orrendo, pazzesco, mostruoso


Questa l’immagine del missile subacqueo Poseidon diffusa dall’emittente russa

Non so che cosa ne pensi chi ha letto i giornali in questi giorni o visto i telegiornali di tutte le emittenti. Ma le reazioni quasi indifferenti alla notizia che esiste un’arma che potrebbe uccidere in un colpo solo oltre sessanta milioni di persone mi hanno preoccupato. Che qualcuno lo abbia annunciato come eventualità reale mi rivela che coloro che lo hanno commissionato, progettato e realizzato, sempre se è vero, sono stati guidati da pensieri orrendi, mostruosi, pazzeschi.

Sappiamo tutti che su questo nostro pianeta, e non ne abbiamo altri di riserva, ci sono tante armi atomiche e termonucleari da distruggere, se usate, ogni forma di vita sulla terra, più di una volta. Ma il sapere che se lo fai tu lo faccio anch’io per ora, sembra, ha evitato l’uso delle atomiche dopo le esperienze di Hiroshima e Nagasaki che posero fine alla secondo guerra mondiale. Ma che qualcuno abbia pensato a un’arma che, premendo un bottone, possa eliminare ogni forma di vita in area vasta è orrendo, è pazzesco. Purtroppo sembra vero e qualcuno ha già minacciato di farlo dopo aver mostrato di poter distruggere città come Londra (202 secondi dal lancio), Parigi (200) e Berlino (106) con missili balistici nucleari russi, da terra a terra, Sarmat.

Le notizie vengono dalla tv di Stato Rossija1 il cui conduttore Dmitry Kiselyov ha mostrato le traiettorie con una simulazione animata. Con lo stesso serafico giornalista russo che ha poi mostrato anche una simulazione relativa al missile o siluro sottomarino russo Poseidon (Poseidone nella mitologia greca era il dio del mare, dei terremoti e dei maremoti). Si tratta di un drone subacqueo senza pilota, lanciabile da un sottomarino, di 24 metri di lunghezza, con un’autonomia o gittata di 11.500 chilometri a propulsione nucleare con pumpjet a una velocità di crociera di 100 chilometri all’ora con testata nucleare al cobalto-60 da 100 megatoni. Per fare un confronto quella che distrusse Hiroshima aveva espresso una potenza di circa 16 chilotoni.

Fa rabbrividire la descrizione fatta alla tv russa: «Un’esplosione di questo missile subacqueo non lontano dalla costa britannica causerà uno tsunami con un’onda alta 500 metri». Con Kiselyov a precisare che «l’onda trasporterà con sé dosi di radioattività tali che dopo il suo passaggio la Gran Bretagna (Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda, tanto per capirci) diventerà un deserto radioattivo per molti anni». Ma non sembra a tutti un pensiero orrendo? Fin dove arriverebbe tale tsunami visto che il maremoto a seguito del terremoto del 26 dicembre 2004, al largo di Sumatra, in Indonesia, con onde alte fino a 15 metri fece centinaia di migliaia di morti arrivando a lambire le coste africane.

Quali effetti avrebbe la descritta esplosione del Poseidon russo su migliaia di chilometri quadrati di vita marina, quali gli effetti sui ghiacci dell’Artide, su territori come l’Islanda, la Groenlandia, sulla costa orientale di Canada e Usa e su quella occidentale dell’Europa??? Ma che siamo matti? Solo un pazzo può pensare a un’arma del genere. O no?

Giancarlo Fabbri