Abbandonare Tara

Fare famiglia

Ford Madox-Brown, The Bromley Family

In questi ultimi giorni mi sono trovata circondata da cugini, da una parte e dall'altra. Cugini che si stringono ancora di più, via via che vengono a mancare gli zii, i genitori. Come se trovandosi in prima linea sentissero di ereditare anche il dovere di tenere unita la famiglia.
Una famiglia che si allarga sempre di più, generazione dopo generazione, e inevitabilmente si sfalda, i legami si attenuano, i nomi si confondono, le memorie si annebbiano.
Ma questi cugini sono bravi, si mettono in viaggio, organizzano pranzi e cene, portano piatti tipici che travalicano le generazioni per ricordare, attraverso sapori e memorie olfattive, un'infanzia lontana, ma calda, ma comune.
E tra cannoli siciliani e ribollita toscana entriamo in un nuovo inverno.

Pian piano anche gli adolescenti refrattari ai grandi raduni trovano qualche punto di contatto con il loro omologo di un'altra città; parlando di calcio o di musica si organizzano tra loro incontri e appuntamenti per un concerto o per la trasferta di una squadra di calcio. E sono la terza generazione. Ma ce n'è già una quarta che potrebbe fare capolino da un momento all'altro: attesa, ma che ancora si fa attendere. 
Qualcuno dei cugini è già nonno: e noi lo invidiamo. 

Intanto me li guardo, questi cugini, spio le somiglianze con gli amati vecchi che non ci sono più. Carattere e lineamenti. Ci prendiamo bonariamente in giro, si ride tutte le volte delle stesse storie lontane, si tirano fuori vecchie foto, vecchi nomi, vecchie date.
Io sto cercando di ricostruire un albero genealogico enorme, usando un sito web, condividendo immagini e ricordi. Ma ci si allarga in orizzontale e scopriamo che avremmo dovuto farlo prima, mentre ancora i nostri vecchi erano vivi, per risalire indietro nel tempo, collocare nomi che ci affollano la memoria, quei nomi impossibili delle campagne di una volta, nomi presi dalle opere liriche o dai poemi epici (chi mai sa più a quale ramo appartenesse una zia Abigaille o uno zio Nestore?).

Poi mi fermo un attimo, alla suggestione della luce che batte sulle mani del cugino (del nipote che mio padre amava tanto): invecchiando le sue belle mani stanno diventando diafane, trasparenti, mi ricordano le mani di mio padre: tanto.
Un fiotto di commozione.
Vorrei che fossero le sue, vorrei baciarle ancora, vorrei che mi accarezzassero, con quel gesto tra il burbero e il vergognoso, con tutto quell'amore che mi manca.
Ma no: non mi manca. Si è solo diffuso, allargato, è qui: ereditato col sangue e con la memoria.