Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Post n°88 pubblicato il 21 Ottobre 2006 da odio_via_col_vento
E ci stiamo avvicinando al 4 novembre. Una volta era una festa nazionale (qualcosa di qualche guerra, roba patriottica che andava di moda ai tempi della prima repubblica dei tiggì in bianco e nero, Fanfani Rumor Andreotti che tagliavano nastri, quando avevo le trecce e il grembiule di scuola col fiocco, appunto). Ma per Firenze il 4 novembre significa, tristemente, un'altra cosa. Alluvione. Da quel 1966 il 4 novembre è una minaccia concreta, tangibile, sinistra. Quella che ti fa sempre affacciare alla spalletta dei ponti quando la pioggia è un po' più continua e insistente, quella che riversa la gente sui lungarni a misurare a occhio l'altezza delle acque del fiume. Ancora oggi, quarant'anni dopo. E infatti oggi piove: una pioggia insistente, un autunno deciso, come sempre a Firenze è l'autunno. Piove e dappertutto, nei negozi, alle fermate dell'autobus, ovunque senti dire: "Ci si prepara al 4 novembre". Un sorrisetto sarcastico, una scrollata di spalle, il vecchio umoraccio fiorentino che prende in giro tutti, se stesso per primo. Che esorcizza paure, minacce, premonizioni, anniversari, guerre, tragedie, così, scherzandoci sopra. Anche con un po' di cattiveria. Ma essere cattivi così, a parole, qui è una prova di intelligenza. E infatti oggi piove. Piove da due giorni. Scruti il cielo. Se fosse ancora vivo il mio babbo avrebbe detto: "Faccio un salto a vedere l'Arno". E nessuno ci avrebbe trovato niente di strano. Quel giorno di tanti anni fa che nessuno mai dimenticherà. Che ti si è piantato dentro come una coltellata. Ferita mai sanata. Faceva freddo, in città mancarono luce e acqua per giorni. Una prova dell'apocalisse ventura. Un day after non atomico, ma con una paura molto più atavica. L'acqua. L'inondazione. E capisci perché l'umanità ha sempre temuto il diluvio. Noè. Deucalione e Pirra. Gilgamesh. Capisci perché il simbolo di pace tra l'uomo e Dio, tra l'uomo e la natura, sia quella colomba col ramoscello d'ulivo trovato sulle prime terre emerse dopo un'alluvione smisurata, un diluvio universale. E intanto continua a piovere. |
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ma dal DNA non si scappa: e io sono proprio così, ironia e "cattiveria" compresa.:)
La gente è strana... la paura ci lega molto più della gioia, ma spesso commettiamo gli stessi errori.
Non ricordiamo più chi ha dato la vita per unire l'Italia, non ricordiamo chi ha commesso l'imperizia di sottovalutare una piena, nè chi in quella piena è morto.
Genova fu vittima dell'acqua nel 1970, ma il monito di Firenze non servì a risparmiarla. Così le parole di De Andrè non sono altro che una canzone il cui titolo, Dolcenera, suona terribilmente gradevole.
Ricordiamo l'acqua e la sua violenza, ma non ci ricordiamo mai di prepararci per quando tornerà ancora.
comunque la mia dimenticanza del 4 novembre è VOLUTA. sono molto molto molto antipatriottica. devo dire che dell'unità d'Italia fatta come guerra di conquista dei Savoia non me ne può interessare di meno! mi dispiace se turbo altre convinzioni, ma anche in questo credo di essere figlia della mia generazione di dissacratori dei miti.:)
Ma anche in questo caso, come per l'alluvione, non si impara nulla...passano i decenni e siamo sempre allo stesso punto.
e poi, scusa, ma delle altrettante morti sul versante opposto del fronte, dei ribelli meridionali abilmente tacciati di "briganti" e massacrati, delle stragi nascoste e ingiustificate come quella di Bronte, di tutto il resto, che ne facciamo? vale meno, forse?
Resta il fatto che oggi ci sono soldati e guerriglieri in tutto il mondo, sintomo che non si è fatto tesoro di quelle e delle altre morti.
Così come non si è fatto tesoro di quelle alluvioni che ancora uccisero (es. Genova '70) e ancora uccideranno.
Spero di essermi fatto capire un po' di più ^__^