Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Hazel Soan
Così passa la vita.
Le stagioni sono forse il ritmo più ampio che il mio cuore sappia contemplare. E l'estate sta al centro di questo svolgersi.
L'estate in cui nascesti, le pesche succose di cui mi nutrivo nelle ultime pesantissime settimane di caldo e di pancione che cresceva a dismisura. Quelle pesche gialle che mi ricordano sempre te, le gocce di zuccherosa dolcezza che mi scendevano lungo le braccia, il sapore di frutta che pian piano si faceva sapore e odore di bambino appena nato, un sapore ed un odore che tu mi hai insegnato.
L'estate in cui ti insegnavo a camminare, in cui mi travolgevi e mi trascinavi nella tua voglia prepotente di prima indipendenza, di conquista del mondo, le braccina protese in avanti, ma non a proteggersi e a difendersi, piuttosto a ghermire e conquistare.
Le lunghe e ombrose estati del mare, dei pesciolini e dei granchietti, dei castelli di sabbia, delle biglie e dei pinoli, delle altalene e dei tricicli.
Le estati col fratellino da forgiare e plasmare, da guidare e da spingere avanti: tu piccolo leader e lui docile e adorante.
Le estati degli amici e dei parchi gioco, dei gelati impiastricciati ovunque, delle partite di calcio sulla sabbia, a sfinirsi, delle prime piccole fughe, dei gatti e delle gare di nuoto. Le estati delle prime cotte, della pelle sempre abbronzatissima, tu, piccolo principe arabo tanto eri scuro e profondo. Le estati a contare le stelle cadenti, il rito dei desideri, le lucciole e le lunghe gare a chi sapeva più poesie a memoria.
Poi vennero le estati in cui crescevi a vista d'occhio, in cui per esserci c'eri poco; studiavi, perdevi un treno, poi perdevi una borsa, poi perdevi la testa. Primi amori, prime confidenze quasi da pari a pari; le estati in cui cominciavi ad essere protettivo, a portare e condividere i pesi (materiali e immateriali); in cui costruivi il tuo preziosissimo ruolo intermedio, tra genitore e fratello, dei tuoi fratelli più piccoli.
Le estati in cui telefonavi da lontano, ti facevi vedere all'orizzonte: ed era una gioia per tutti averti. Le estati in cui anche i nostri amici chiedevano di te: ed era già il chiedere di un altro adulto, desiderare una conversazione, bere una birra, prendere l'auto e andare.
Poi sono venute le estati in cui arrivavi in compagnia: una ragazza bellissima, dagli occhi di cerbiatta. Accoglierla ed amarla, studiare cosa poteva farle piacere, cucinare per lei, guardare la felicità nascente.
Tu che dicevi: "Mamma, non fare come al solito, non affezionarti troppo, non so ancora se..."
E oggi un'altra estate. Tanti anni dopo: un sospiro dopo.
La stessa estate di sempre, sei tu: e ti sposi.
L'estate è sempre stata la tua stagione. E la mia.
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Spesso qui non c'è posto per il mio personale rapporto tra pensiero e immagine.
E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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