Creato da betulla64 il 22/12/2005
Il coraggio non mi manca. E' la paura che mi frega. (Antonio Albanese)

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"La mia ferita emotiva più profonda è stata anche una fonte inesauribile di gioie". Non ti rivelerò perché questa frase è molto importante per me: è una questione troppo personale. Ma tu, Vergine, potresti fare un'affermazione simile? Potresti interpretare la tua vita in modo da vedere un'esperienza dolorosa come una fonte di intuizione, ispirazione e vitalità? Il 2009 sarà l'anno ideale per compiere questo cambio di percezione. E il periodo intorno al solstizio d'inverno è il momento perfetto per cominciare. (Rob Brezsny)

 
 

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Sulla via che mi porta al lavoro c'è una casa abbandonata che, mi hanno detto da qualche giorno, è abitata dai fantasmi.
Non lo sapevo. Ma appena me l'hanno detto ho pensato: la compro io.
 

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Post N° 397

Post n°397 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da betulla64
 
Tag: dap
Foto di betulla64


Non sono mai stata una persona depressa. Non nel senso stretto del termine almeno. Ho il ricordo di una bambina timida ma molto serena e, più tardi, di una ragazza piena di complessi ma gioiosa, aperta, amichevole. Simpatica da morire, dicevano gli amici; a me verrebbe da dire che ero spensierata, benchè sappia bene che in verità i pensieri c'erano eccome, ma ingarbugliati, nascosti in fondo alla mente e indipanabili. A 23 anni, alla vigilia del mio matrimonio, ero una fanciulla piena di entusiasmo, con un lavoro, interessi politici e culturali, una grande voglia di vedere il mondo e la speranza di una vita appagante. A 23 anni e tre mesi spaccati andai in tilt. Il garbuglio, la matassa di pensieri aveva trovato il modo di aprire uno spiraglio per esplodere fuori tutti in un botto. Io continuavo a non saperli dipanare, ma ora erano ben visibili e mi paralizzavano, impedendomi di vivere. Improvvisamente il mondo in cui da giovane donna mi apprestavo a vivere, mi si presentò spaccato in due: quello dentro e quello fuori e io mi rinchiusi nel primo a vedere cosa succedeva nel secondo, spettatrice del tempo che passa. Dopo i primi due anni di trauma, dove nè io nè mio marito capivamo cosa diavolo mi stesse succedendo, iniziai la terapia psicoanalitica che sarebbe durata 14 anni e con essa cominciò un viaggio incredibile, indimenticabile, impagabile dentro la mia anima. Ricordo una sera, distesa su quel lettino, mentre arrabbiata nera inveivo contro tutte le persone che spargevano in giro la voce che io fossi depressa. Mi faceva arrabbiare questa cosa, perchè seppur paralizzata e incapace di fare le cose più normali come fare la spesa, andare al cinema, cenare in un ristorante, ebbene, seppur queste cose non le sapessi più fare io sapevo ancora amare, ridere, giocare. Insomma: la depressione è altro. Sono passati 19 anni dal primo tilt. La psicoanalisi l'ho interrotta, sia per motivi economici sia perchè ad un certo punto bisogna sapersi arrendere e io mi sono arresa ai farmaci, che sono così comodi e pur non dipanando i pensieri, aiutano a tener chiusi gli spiragli e a far sì che il pensiero non diventi troppo molesto. So che un giorno mi si presenterà il conto per questa scelta, ma questo è uno dei pensieri da tenere a bada, quindi passo oltre. In tutti questi anni ci sono stati momenti molto duri. Giorni in cui tirare a sera è stato uno sforzo inumano, ma nemmeno lì ho creduto di potermi definire depressa. Sarà che di persone ammalate che si trascinano nella depressione ne ho conosciute e ho conosciuto i loro occhi spenti, i loro volti come maschere a nascondere qualcosa che sa già di morte. Fa paura la depressione, quando anche solo la sfiori, terrorizza ed è forse la consapevolezza di quanto sia brutta e pericolosa che mi ha dato la capacità di non lasciarmi afferrare. Negli anni sono stata pallosa, piagnucolante, pesante, assente, triste, disperata, malinconica, ma non depressa e finchè sarò in grado di farmi una risata, di uscirmene con una battuta, di incantarmi e perdermi con le cuffie nelle orecchie ascoltando flauti e queñas, fino ad allora continuerò a pensare che la depressione non mi appartenga. Se in tutto ciò, il panico decidesse di sloggiare dal mio corpo per lasciarmi finalmente libera, oltre che non depressa riuscirei forse a dirmi anche felice.

 
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"Grande importante malattia quella di Basedow!... tutti gli organismi si distribuiscono su una linea, ad un capo della quale sta la malattia di Basedow che implica il generosissimo, folle consumo della forza vitale, il battito di un cuore stremato, e all'altro stanno gli organismi immiseriti per avarizia organica..."

da "La coscienza di Zeno"
 
 

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