Creato da Vasilissaskunk il 16/06/2008

ALIVE IN THE NIGHT

(foto di viaggioMIE)

 

 

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Lo specchio si è rotto ......

Post n°193 pubblicato il 14 Dicembre 2016 da Vasilissaskunk

Der Spiegel ist kaputt und meine Erwartung auch

Lo specchio si è rotto “sono sempre io!  …..eppur ti vedo distorto ….

Oh immagine cara quanto è doloroso l’averti proiettato in una mia voglia

 in questo  affannoso  tentativo di sfamare un intimo bisogno ..

Oh qual lieve purulento desio si scopre quando l’aspettativa muore o semplicemente nel reale si rivela….

Torno allo specchio …  il  volto è spezzato … diabolicamente arricciato ….e

asimettricaMENTE

 la mia anima graffia profonda e costante  la  consapevolezza

sino a farla sanguinare in  zampillante rassegnazione  

 Mi hai chiesto di portarmi dietro la notte  ma non le sue stelle, 

di perdermi in te

 … ma tu non esisti …

sei stato solo immaginato o mio povero piccino che squarciato ora vieni

 da ricordi taglienti

che si infrangono sulla trama ardita del vissuto passato

Impietosi ti dilaniano,  accaniti nel farmi rimembrare

cio’ che è stato non puo’ in egual modo di ritornare …..

“Silvia  Silvia Silvia rimembri ancora ..? “ “ di cosa stiamo parlando  ? … di cio’ che fu ? e che forse non  ricordo bene  piu’ … "

 
 
 
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ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN

Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare  ...

 

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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)

Signor, e’ non passò mai peregrino,
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.

 

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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA

(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.

 

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