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SuccursaliEMOTIVE
Post n°210 pubblicato il 09 Gennaio 2017 da Vasilissaskunk
Ode a questa piccola città contorniata dai colli che piano piano divagano nelle piu' alte cime e foreste impervie e paesi ormai abbandonati ... ulivi a perdita d'occhio e medio evo nel cuore del suo centro ...dove i vicoli zozzi pullulano di ricordi di gioventu' ... cittadina nacqui ma di origini contadina nel cuore e nella mente da sempre montagnina ... dolce mi è respirare cio' che fu negli angoli tuoi o mia dolce Pistoia ... l'nfanzia e la turbolenta gioventu' gli affetti e i grandi amori tutto, se ora mi volto è legato o collegato a te ... eventi magici .... e nei tuo boschi io sento sempre il richiamo di qualcosa che ho in precedenza vissuto ... nulla puo' descrivere la luce che irradia i miei occhi sino gia al profondo del cuore quando io ti vedo ... e mi dispiace lo starti lontano ... io ci provo a dimenticarti ... ma quando torno tutto riaffiora e non posso che tramandare cio' che è stato ai miei figli..per far si che la memoria non si perda .... Ardo per te o dolce città .... per la grande casa dei nonni che odora di mille muffe umorali.... Tu senza ombra di dubbio sei la mia succursale emotiva .. per questo quando in te io mi muovo mi sento come non mai viva |
ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN
Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare ...
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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.
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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA
(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.
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