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Post n°259 pubblicato il 05 Dicembre 2017 da Vasilissaskunk
Natale Natale qual si dolce tribolare solo e soltanto per una proiezione mentale …
Non so ben ridire quando ma in quest’anno è defunto l’incanto … benvenuto dunque al disincanto benvenuta nell’epoca dell’adolescenza matura …
E’ come un po’ avventurarsi per una selva oscura …non sono pronta per essere adulta … eppure un figlio te lo ricorda … necessita una guida …oddio la guida sono io …
Eppure questo inverno regala dei tramonti mozzafiato tinti di un rosa così soave … che soavemente vengo distratta e assorbita ...
Attratta fortemente attratta, direbbe Lindo, ma purtroppo molto civilizzata … dicono che la felicità passi per la via dell’accettazione degli accadimenti … ma in taluni casi non è forse questa rassegnazione? Accidia? Inettitudine o semplicemente sconfitta dell’ IO .
Sinceramente, sono stabilmente in confusione, non certo sul baratro dell’ irrequietezza giovanile, ma gli interrogativi spingono sul senso di esistenza … la ragione è una maledizione … “semplicemente ricordati che respiri il resto è tutto mente che ti mente” ….gia’, ma il resto intorno è solo il matrix … allora, vedi, insorge un senso di solitudine assoluta unito al medesimo bisogno di non avere accanto proprio nulla e nessuno ….
Tu chiamala pure palestra di vita … io dico mannaggia alla consapevolezza …dovevo poi capirlo quando studiavo Leopardi … avrei quanto meno potuto…certo’ è che non posso farmi peso di TUTTO quanto ci sia di pessimo a questo mondo ….
Spiritualità moderna produci consuma e crepa ululavano i CCCP negli anni 80, ora direi elucubra, medita contempla e sorridi … la vita ti sta digerendo!
E’ tutto un po’ distorto come in un disco dei Doors!
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ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN
Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare ...
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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.
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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA
(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.