Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
Messaggi di Gennaio 2015
Lorenza Mazzetti
In occasione della annuale Giornata della Memoria vorrei parlare questa volta di un evento certo minore dello sterminio degli ebrei, quello avvenuto in un luogo idilliaco delle colline intorno a Firenze, di cui danno conto un romanzo ed un film dallo stesso titolo: "Il cielo cade".
Il cielo cade è un bel racconto autobiografico di Lorenza Mazzetti, pittrice e regista cinematografica che narra le sue vicende di bambina, scampata ad un eccidio nazista, accanitosi contro la famiglia di suo zio, Robert Einstein, che sua volta era cugino dello scienziato Albert Einstein.
Per nostra fortuna è visibile anche su YOUTUBE, intero. Ve lo consiglio, anche se naturalmente la qualità video è modesta e non rende giustizia alla bella fotografia dei luoghi.
dall'intervista di Antonio Gnoli a Lorenza Mazzetti, in: Se poi avete voglia di vedere i veri volti dei protagonosti di questa vicenda, ecco una raccolta di fotografie di famiglia disponibile on line:
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Pablo Picasso, Maïa with a doll Uno al prezzo di due (talvolta anche di tre). Cucina e poi tinello, per il rito dello stare insieme, chi cucinando e chi guardando cucinare; ma anche un luogo a parte per mangiare o per stare con ospiti molto di famiglia, sorseggiare un caffè, lasciare andare le chiacchiere, staccare un momento dalla routine. Poi c'era una stanza da lavoro, per il guardaroba, lo stirare, il cucire: un sacrario di piccoli rocchetti di fili colorati, bottoni preziosi e scintillanti, cerniere lampo misteriose come coccodrilli addormentati, gomitoli e gomitoli di lana, a volte matasse da dipanare e trasformare i gomitoli (un orrore di passatempo per le serate di inverno). Il salotto buono, misterioso, quasi sempre chiuso: ampie tende alle finestre, lampadari di cristallo, poltrone su cui sedersi in punta, per non sgonfiare la soffice rotondità dei cuscini, soprammobili da guardare con attenzione (guardare e non toccare), statuine di biscuit con le cui misteriose presenze costruire storie. Spesso vi riposava, compatto, l'acre odore delle sigarette (allora fumavano davvero tutti), inestricabilmente legato al mondo degli adulti. Le camere erano tante, riservate a membri accoppiati della famiglia: non solo i genitori, ma anche fratelli separati dalle sorelle, qualche nonno fisso o di passaggio. Ricordo che un'amica aveva anche una stanza per una domestica: una presenza silenziosa che spiavo curiosa, che mi rimandava a favole di piccole fiammiferaie e principesse rapite in schiavitù. E i bagni, enormi, dove le voci rimbombavano, una eco dalle vasche in porcellana o in ferro smaltato, con quei piedi di grifone; e la lavanderia a parte. Poi c'erano ripostigli e armadi a muro e dipense; e terrazze e balconi; e soffitte e cantine. I proprietrari di quelle piccole noci devono dividersi anche la cassetta per la posta nell'atrio di ingresso che per amore della simmetria non si tocca. Nomi nuovi, cartellini attaccati con il nastro adesivo, ignoti che prendono in tre il posto di uno.
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Andrea Petrone, 'O Jettatore
Il misterioso individuo che si è materializzato, da un certo punto in poi, all'ultimo piano, ha più o meno questo aspetto.....e tutta l'aria di svolgere lo stesso mestiere di Totò in una famosa interpretazione (che nasce dalla pièce pirandelliana La Patente): lo jettatore, cioè. Indossa sempre occhiali scuri, anche in pieno inverno o di notte: una cosa che mi ricorda un po' un vampiro o un personaggio da film horror. Ha una calotta di capelli tintissimi di nero (orrido già in un individuo meno strano....non sopporto l'uomo tinto, bleah!), impomatati, tutti tirati indietro. Sono pressoché convinta che lui creda di essere un dandy di altri tempi, dotato di fascino e appeal. Ma secondo me questi "altri tempi" per lui non ci sono MAI stati.
Tamara de Lempycza, Thadeus
Inquieta ed è spesso inquietato anche lui. Lascia effluvi di puzzolentissimo e dozzinale dopobarba in ascensore. E dire che prima al suo posto abitavano degli amabili signori grassottelli, proprietari di un bar e qualche volta ci scappava che ti portavano una pastina per i bimbi... Se vedo arrivare da lontano il sedicende Dandy (probabile jettatore) cambio marciapiede o rimando di entrare a casa: questo è sicuro. Ma se anche li togliesse...beh..... credo che il risultato sarebbe più o meno questo:
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Godfried Schalcken, Woman with a candle
Fra le grandi assenze silenziose della mia Strana Dimora adesso devo contare anche questa: la Dama della Lamapada se n'è andata. E poi l'affetto, sparso a piene mani. Ecco: non una vicina cui chiederesti la carota in prestito, ma forse una tazza di caffè, sì. Ci mancherà.
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Umberto Boccioni, Tre donne
Ecco, avete presente quei film tipo "Non entrate in quella casa", "Amityville Horror", "Rosemary's Baby", ecc.? Forse, più che altro "Oscure Assenze". Quando siamo venuti ad abitare qua le cose erano un po' più definite. Poi, lentamente, le cose hanno preso a cambiare; all'inizio senza che ce ne accorgessimo, una serie di eventi più o meno naturali concatenati. Molte persone sparivano: ma dico proprio "sparivano". Letteralmente. Ci si accorge che un appartamento non è più abitato dai piccioni che colonizzano le terrazze. Appaiono e scompaiono, si avvicendano, senza nome sulla cassetta della posta o sul campanello, parlano talvolta lingue sconosciute, non entrano in ascensore se già lo stai aspettando, si soffermano lungo le scale se sentono aprire la porta: per non incontrare nessuno, non scambiare parole e sguardi, non rischiare domande? Altri invece cominciano un discorso, portano dei dolci o delle pizze, presentano un nipotino, abbozzano il racconto di una vita: ed altettanto velocemente, a piccoli pezzi, scompaiono. E non c'è più nessuno a cui chiedere. Fantasmi di una vita moderna, in cui si è perso anche quella quotidiana e banale relazione del vicinato? Persiste solo uno strano figuro, vestito sempre in giacca e cravatta, ma dai colori improbabili, i capelli tinti color lucido da scarpe, occhiali scuri anche di notte. Che se ti incontra per le scale inveisce: solo lui sa perché. |
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