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della lingua e della bugia

Post n°30 pubblicato il 19 Novembre 2007 da Fajr
 


La bocca verace resta ferma per sempre, la lingua bugiarda per un istante solo.
(Prov. 12,19)


Harald WEINRICH
LA LINGUA BUGIARDA
Possono le parole nascondere i pensieri?
Il Mulino, 2007

Possono le parole nascondere i pensieri? E' da questo interrogativo che Weinrich parte per indagare il rapporto di adeguatezza che sempre si pone fra il linguaggio e il pensiero.
La sua risposta è un'arringa contro una diffusa tradizione pessimistica e in difesa della "verità della lingua", in difesa dell'innocenza delle singole parole. E via via che la sua argomentazione procede, si scopre una fitta trama di rapporti che lega questo discorso alla filosofia e alla teologia classiche, alla retorica, alla critica letteraria. Con la raffinatezza di stile e l'ironia che gli sono consuete, l'autore si muove fra Shakespeare e Goldoni, Platone e Wittgenstein, Hitler e Eichmann per approdare infine alla conclusione che no, le parole non mentono: i segni linguistici sono fatti sia per il bene che per il male, e dunque l'inganno non è nella lingua, ma sempre nell'uso che se ne fa.
(dalla quarta di copertina)

Si mente con le parole? Si mente con le frasi? È la semantica o la sintassi a doversi occupare del fenomeno bugia? Proviamo prima con la semantica e diciamo subito cos'è propriamente il significato. (...)
Ogni significato è ampio, vago, sociale, astratto.
I quattro principi della semantica sono ovviamente collegati fra loro, sono solo quattro aspetti di una stessa questione. È perchè i significati delle parole sono ampi che sono vaghi. (Estensione e intensione dei significati sono inversamente proporzionali). Ma in quanto vaghi, i significati sono utilizzabili in un gruppo sociale. Tuttavia lo sono solo perchè sono astratti. Così il significato delle parole è al tempo stesso ricco e povero. Quale povertà di informazione nella parola fiore, quale ricchezza di caratteristiche in ogni singolo fiore! Ma al contrario che limitatezza nel singolo oggetto, che forza evocativa nella parola! Mallarmé lo sapeva:

«Je dis: une fleur! Et, hors de l'oubli où ma voix relègue auncun contour, en tant que quelque chose d'autre que les calices sus, musicalement se lève, idée même et suave, l'absente de tous les bouquets».

(Io dico: un fiore! e fuori dall'oblio ove la mia voce relega ogni contorno, in quanto qualcosa d'altro che i calici saputi, musicalmente, si leva, idea ridente o altera, l'assente da ogni mazzo).

Il fiore come parola, che non si può trovare in nessun mazzo, è superiore a ogni fiore reale in quanto contiene più mistero. (...)
Liberiamo la parola dal suo isolamento, collochiamola nel quadro del suo contesto e con ciò in una situazione reale. È così che normalmente incontriamo le parole. (...)
Le parole devono stare dunque nelle frasi, nei testi e nelle situazioni. Se si vuole capire cos'è una parola e come si comporta con il suo significato bisogna tenerne conto, altrimenti si passa da un'aporia all'alta. (...)

Per i quattro principi appena citati, la semantica testuale dispone di quattro corollari, ugualmente importanti. (...) Ogni significato testuale è circoscritto, preciso, individuale e concreto. (...)
La lingua si acquisisce attraverso frasi e testi. All'inizio si hanno solo significati testuali, dapprima pochi, poi, con la pratica, molti, derivati tutti dalle frasi sentite o di cui ci si ricorda. Non si hanno però solo significati testuali, ma è da questi che si ricava il significato lessicale. In questo modo si acquisisce l'altro polo semantico e viene appresa la parola. Ora la si può usare. Nel suo impiego in frasi proprie l'ipotetico significato lessicale viene poi costantemente corretto. È interessante come noi, parlanti di una lingua, mettiamo in atto tutti i giorni il gioco delle ipotesi, della sua verifica e della sua falsificazione. (...)
Solo per il fatto di stare una accanto all'altra, due parole si determinano a vicenda. (...) Un testo è quindi qualcosa di più di una serie di parole e trasmette qualcosa di più di un cumulo di significati lessicali. Alla somma delle parole aggiunge la determinazione, o meglio: dalla somma dei significati lessicali toglie qualcosa - il più - e definisce così un senso. Il senso è il risultato tra il «più» dei significati lessicali e il «meno» delle determinazioni.
La vecchia disputa, se sia nata prima la parola o il testo (la frase), è dunque superflua. In principio è sempre stata la parola nel testo.
(dal cap. 2 - Parola e testo)

VOCABOLARIETTO:
Gazebo, parrucconi della politica, il partito del popolo delle libertà.
"Questo è quello che la gente vuole".
"Un governo che sia in armonia con i suoi cittadini, un governo che sappia governare".
"Un partito non può nascere né in provetta né dalle alchimie di un pur attento marketing politico. L'Udc vuole concorrere al partito popolare in Italia che non nasce però da un atto di intelligente fantasia ma da un confronto serio e meditato; non nasce dalla pancia ma dal cervello"
.
Dal centrosinistra arriva la reazione di Veltroni:
"Forse è il riconoscimento di una sconfitta" dopo l'annunciata spallata, poi non verificatasi, nei confronti del governo. "È comunque il riconoscimento che si è conclusa una "stagione politica".
"Un tempo era il centrosinistra che inseguiva modalità di comunicazione. Ora è Berlusconi che ci insegue...Noi facciamo i gazebo e li fa anche lui, noi facciamo un nuovo partito e lo annuncia anche lui".

Parlando in collegamento telefonico con la trasmissione di Maurizio Crozza, su La7.
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