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Il coraggio non mi manca. E' la paura che mi frega. (Antonio Albanese)

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"La mia ferita emotiva più profonda è stata anche una fonte inesauribile di gioie". Non ti rivelerò perché questa frase è molto importante per me: è una questione troppo personale. Ma tu, Vergine, potresti fare un'affermazione simile? Potresti interpretare la tua vita in modo da vedere un'esperienza dolorosa come una fonte di intuizione, ispirazione e vitalità? Il 2009 sarà l'anno ideale per compiere questo cambio di percezione. E il periodo intorno al solstizio d'inverno è il momento perfetto per cominciare. (Rob Brezsny)

 
 

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Sulla via che mi porta al lavoro c'è una casa abbandonata che, mi hanno detto da qualche giorno, è abitata dai fantasmi.
Non lo sapevo. Ma appena me l'hanno detto ho pensato: la compro io.
 

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Post N° 72

Post n°72 pubblicato il 23 Gennaio 2006 da betulla64
 
Foto di betulla64

Queste righe le le scrissi quando ancora pensavo di poter tornare ad essere una persona normale.

 
.... Quando mi resi finalmente conto che il mio problema non era dovuto allo stress, che dagli esami clinici risultava godessi di ottima salute e che nulla al mondo giustificava un tale stato di cose, decisi di affrontare il problema e chiesi consiglio al mio medico, il quale, da persona molto intelligente, ammise di non capirci nulla e mi inviò da uno psichiatra.
Non è facile spiegare con che criterio si sceglie di affidarsi ad uno specialista piuttosto che ad un altro, probabile che ci siano diversi criteri di scelta. Io scelsi il più banale per non accettare quella prima opzione: il professore era troppo affascinante e mi pareva che il transfert sarebbe stato pericoloso per una ragazza appena sposata. In seguito avrei scoperto che quello che mi raccontavo era solo una scusa, ovvero avevo intuito che quell’uomo era geniale ed aveva capito tutto di me dopo appena due incontri e questo mi toglieva “il piacere” di scavare, di cercare e di capire, io, cosa mi stava succedendo. In poche parole non volevo che mi venisse svelato nulla, la caccia al tesoro dovevo farla io e il premio in palio era la mia vera personalità.
Il tempo passava, ormai erano due anni che stavo male e a parte qualche blando ansiolitico non facevo null’altro per migliorare la situazione che , anzi, peggiorava.
Non so dire se fu il caso o cosa a far si che conoscessi Pablo, simpatico ragazzo proveniente dal paese dove sono più gli psicanalisti che i malati: l’Argentina.
Pablo era amico di mia sorella e si stupì molto nel sapere che io esistevo ma nessuno mi vedeva mai, così, curioso come tutte le persone del sud, cominciò a fare domande a mia sorella ed infine volle parlarmi.
Lo incontrai nel ristorante di mia zia e lui mi disse di conoscere una psicologa argentina che teneva studio a Cuneo e che era molto brava, che avrei potuto provare e che in Argentina tutti facevano analisi…non era mica la fine del mondo!
Di psicanalisi sapevo tutto quello che sa una qualsiasi persona abbia visto un film di Woody Allen, più qualcosina su un certo Sigmund Freud, che ricordavo aver sentito nominare da mia sorella quando preparava l’esame di maturità. Nulla di più.
Mi chiesi se la nipote di un contadino, una ragazza timida e ancorata alle rocce delle sue montagne, avrebbe potuto intraprendere un simile percorso e soprattutto se ero degna di una cosa così terribilmente intellettuale. Decisi che il momento delle domande non era ancora arrivato, chiusi gli occhi e feci la telefonata che avrebbe cambiato per sempre il mio modo di vedere il mondo. 

Il 2 febbraio 1990 vidi per la prima volta un lettino da psicanalisi e con mio sommo dispiacere non mi ci stesi. Conobbi la dottoressa Maria Josefa Rico seduta su una comoda poltrona e cominciai il racconto. Lei mi lasciò parlare, poi mi spiegò le regole dell’analisi: due incontri a settimana, parlare a ruota libera e nessun tempo preordinato, la seduta poteva durare dai cinque minuti all’ora, si sarebbe interrotta ogni qual volta avessi raggiunto un nodo, un qualcosa da sviscerare con calma. Mi disse che questo era il metodo di Jacques Lacan. E Freud che fine aveva fatto? Chi diavolo era stò Lacan? Da vera snob cominciai ad avere dei dubbi sulla mia scelta, ma ero così disperata che anche uno sconosciutissimo psicanalista francese poteva bastarmi. Mi dissi anche che probabilmente era questo il motivo delle 40.000 lire a seduta "costa poco perché Lacan non lo conosce nessuno". La presi come una vendita promozionale di un tipo di analisi non d’élite. Qui si capisce appieno con quale preparazione culturale io affrontassi la psicanalisi.
Poi feci la domanda da dieci milioni di dollari :” Quanti mesi ci vorranno?”
Vi fu una pausa imbarazzante, poi la dottoressa mi guardò negli occhi e lì capii che dovevo aver detto una grande sciocchezza. La sua risposta fu pacata senza lasciare adito a dubbi:”Non ne ho la più pallida idea, i mesi non so quantificarli, ma in genere ci vogliono almeno quattro anni, a volte molti di più”. Mi crollò il mondo addosso quella sera e per la prima volta mi resi conto che non si stava giocando, che non ero Woody Allen e che sarebbe stato un calvario in piena regola....

Oggi, 23 Gennaio 2006, ringrazio Dio e Pablo per avermi fatto incontrare la Dottoressa Rico. E' stato un percorso duro, massacrante, durato tredici anni, che mi ha fatto conoscere la vera Antonella.... Però continuo a stare qui, fuori dal mondo. Conscia di quello che sono, ma incapace di vivermi.

Un abbraccio a vogliofarelamore.

 
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"Grande importante malattia quella di Basedow!... tutti gli organismi si distribuiscono su una linea, ad un capo della quale sta la malattia di Basedow che implica il generosissimo, folle consumo della forza vitale, il battito di un cuore stremato, e all'altro stanno gli organismi immiseriti per avarizia organica..."

da "La coscienza di Zeno"
 
 

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