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Un blog creato da KA_again_PUT il 29/05/2008

Mr.K torna...forse..

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Capitolo 34 - torpore

Post n°194 pubblicato il 21 Giugno 2011 da KA_again_PUT

Il risveglio è stato più pesante del previsto, sono rimasto concentrato a lungo sdraiato sul letto a non pensare. più mi imponevo di tenere la mente sgombra, e maggiormente i pensieri più svariati mi affollavano la mente. con la testa così piena, vinto dalla stanchezza, dal senso di spossatezza caddi infine addormentato.

quando praticavo l'apnea seriamente, riuscivo a rilassarmi spingendo la mente ai bordi del nulla, fermo immobile con la quiete della natura che cullava le mie sensazioni...ma ora era impossibile.

al risveglio andava tutto decisamente peggio, cominciai ad accusare i dolori alle braccia, mi vidi una serie di cicatrici e graffi, alcuni sanuinolenti, altri con tracce di sangue rappreso. mi girava la testa, sentivo un risentimento ad un fianco. mi alzai...volevo prendere aria...avrei voluto spiccare via il volo...in mezzo alle nuvole.

scesi in salone e trovai mio cugino seduto sulla poltrona, ascoltava musica. classica, non distinisi cosa ma era di certo beethoven. la maestosità e la pienezza delle sue composizioni sono sempre inconfondibili. a vederlo mio cugino sembrava uno di quei giovani snob, rampolli di una rampante famiglia con blasonato parentame...non belli ma fascinosi quel tanto che bata, ricchi di esperienze, di fatti...appena mi vide azionò il lungo telecomando bang & olufsen e azzittì la musica, per poi accendere soffuse luci.

mi guardò...con aria piuttosto impassibile, non siamo mai stati tipi da abbracci e smancerie..."cuggì...dobbiamo parlare..." mi disse.
"cuggì non dobbiamo parlare..."
"ma..." tentò di interrompermi, ma non era il tipo di discussione che si poteva interrompere. certe cose vanno così, seguono il loro corso come il fiume che parte dalla sorgente e arriva al mare. possono mettere una diga, deviarne il percorso, l'acqua che scorrere molta, o scarsissima, eppure va come deve andare. Kera non avrebbe potuto deviare il corso del suo fiume, era tempo di sfociare nel mare.
"ho due richieste" gli dissi secco come il vento del deserto "una pistola, e un nome..."
Mio cugino alzò il bicchiere a mezz'aria. voleva motivare la sua contrarietà, si alzò era serio e grigio come il cielo quando un temporale è all'orizzonte...venne verso di me..."seguimi" mi disse, e si avviò verso la sala da biliardo.

lì in una teca c'erano due pistole, due beretta m92f messe ad L contrapposte, su uno sfondo di velluto rosso. un'arma in circolazione da più di trent'anni in uso alle forze armate di mezzo mondo, non bisogna essere degli esperti per capirne l'enorme potenziale. se vedi una ferrari di 30 anni fa, non sai quanto possa andare veloce, ma sai perfettamente che va veloce.
"mi dai una di quelle?" gli dissi, sapendo che erano registrate a nome suo
Lui sogghignò con aria di sfida, aprì la teca e premette un bottone invisibile, l'alloggiamento di velluto aveva un controstampo al rovescio che alloggiava altre due pistole. identiche a quelle che erano in bella mostra sopra, ma queste di dubbia provenienza.

ne estrasse una e me la diede "te non ci crederai..." mi fece vedere i movimenti basici, scarrello, caricò dentro e fuori il caricatore. in quel momento pensavo a due cose soltanto. premere il grilletto e vendetta. e se non fossi riuscito a sparare, l'avrei utilizzata come un sasso. mio cugino mi osservava mentre prendevo confidenza con il ferro, circa un chilo...compatta, un oggetto pesante. non sembrerebbe a vederla. continuò "il nome che cerchi..." i miei occhi si alzarono sui suoi. lo stavo fissando. "già ce l'ho...ma se ti serve..."
"grazie." lo interruppi prima che potesse continuare "dammi solo il nome".

"ti servirà anche un auto. lui è a Szeged..."

ero sull'autostrada, e sfogliavo i ricordi mentre guidavo. il percorso completamente libero, e di lato correva parallela la statale che era gremita di gitanti...e congestionata. io filavo a centosessanta chilometri orari, nel silenzio. il limite sarebbe centotrenta, ma questo è il vantaggio delle autostrade private. il nastro di asfalto era pulito e curato, e i pensieri mi riportavano a quando ero piccolo, quando andavo in villeggiatura a Szeged, dove abitava mio zio. il padre di mio cugino, che è sparito quando eravamo piccoli. non pensavo a quello che andavo a fare, o come, o se lo avrei fatto. avevo una busta con tre foto, due indirizzi, pensavo solo che in serata avevo un volo per roma.

ho avuto una fortuna sfacciata, sto cretino vive in una cittadina che conosco perfettamente, non ho dovuto neanche impostare il navigatore.
Raggiungo l'indirizzo del night, parcheggio di lato all'edificio a retromarcia, in un vicolo. E' un night che ci è sempre stato. io e mio cugino da ragazzini andavamo a sbiriciare le ragazze del locale. passa una prostituta che tenta di abbindolarmi, è pure tossicodipendente, in ungherese le dico un paio di cose che la convincono a lasciarmi stare. appena lei se ne va, con la coda dell'occhio vedo passare un uomo.
Non sono mai stato fisionomista.
Non è un lavoro per me.
Non ho memoria.
Non ricordo, numeri o targhe...

tiro su la foto, è lui. sicuro. apro lo sportello, tirando piano la maniglia e lasciandolo aperto. scendo con la pistola in mano. credo di averla caricata, non so neanche se ha la sicura o meno. lo seguo ritmando il mio passo al suo, sono a tre metri di distanza. lo chiamo per nome.

si ferma.

si gira, mi sorride.

sparo.

tre volte. colpendolo sempre.

mi volto, raggiungo a passo svelto la jeep, parto senza sgommare. imbocco l'autostrada e sono già di ritorno.

penso che domani devo sicuramente passare al ministero, dovrò forse fare rapporto su quello che è successo a Kera. non ho neanche letto il manuale delle procedure operative standard.
devo anche spiegare l'insuccesso della missione al lago. 

non penso a molto altro.

forse qualcosa mi tornerà alla mente più avanti. forse non dormirò più bene, preso a tenaglia dall'angoscia dei ricordi nefasti. ma non credo, non mi sento nè sollevato, nè rattristato.

in aereoporto rimorchio tre hostess della malev, sono appena arrivate...sono smontanti e questa sera vanno in discoteca. loro. io invece parto, tutte e tre mi dicono che è un peccato, e che avremmo potuto dormire tutti insieme.

esplodo in una risata.

queste sono occasioni che non ricapitano nella vita. lo penso, vedendole ancheggiare mentre vanno via, si girano un'ultima volta, mi tirano baci, saluti...e spariscono. 

mi chiama mio cugino, mi dice che non c'è traccia di Eva.

mi arriva un sms da Clara, criptico "mi vieni a prendere aereoporto? mi mette il codice del volo"

mando un sms a casa "sono su aereo. ci vediamo a casa. buonanotte"

spengo il telefono, e l'aereo parte.

 
 
 
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