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Un blog creato da KA_again_PUT il 29/05/2008

Mr.K torna...forse..

questo blog è aperto in molti giorni feriali: spesso dalle 9.25 alle 13.43, qualche volta dalle 14.12 alle 15.30, raramente dalle 17.19 alle 19.17. mai oltre e festivi.

 
 

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LUGLIO 10 - thrilling in corso

Post n°160 pubblicato il 03 Febbraio 2010 da KA_again_PUT

Rientro in casa, e subito mi viene incontro mio zio “camminato molto eh? Sei tutto rujo!” rispondo come se non avessi la coscienza sporca “faceva fresco, sono arrivato fino alla roccia di funtana noa…” annuisce soddisfatto, e poi riprende “mi ha contattato un’altra persona per domani…ne porti duj…” gli ridono gli occhi, già con un passeggero c’è il guadagno, quelli in più sono preziosissimi, è ora di andare. Lo guardo “va bene, ora vado che devo ancora fare la borsa...” sapendo, che per il giro dei saluti ci può volere anche un’ora.

Ridiscendo il viale, la jeep ronza in un silenzio di buio e brezza di vento. Arrivo sulla strada poco trafficata, passo il famoso pub che fa rimbombare la baia con la sua musica proveniente dai caraibi. E guidando col finestrino aperto senza nessuna fretta, scorcio per evitare il casino del porticciolo in cui so che oggi c’è mercatino. Appena cambio strada, ho la netta sensazione che qualcuno mi stia seguendo. Comincio a guardare lo specchietto, e la sensazione diventa pressante. Stessa forma dei fari, stessa auto già da dieci chilometri. Si, va bene, mi rendo conto che non ci sono innumerevoli strade, ma voglio essere sicuro. Svolto nel parcheggio dell’hotel, poi esco su una straduzza, e finalmente vedo che sono solo. Aggiusto la radio, alzo il volume, l’andatura sempre tranquilla. Mi fermo a fare il pieno di carburante. Riparto, e prima di uscire dalla stazione di servizio lascio attraversare due belle ragazze in tenuta da discoteca che gentilmente mi sorridono. Il clima estivo è uno scivolo fenomenale, per le sensazioni che turbinano irrefrenabili. Riparto col sorriso, guardo ancora una volta il retrovisore per vedere le due minigonne allontanarsi, e mi accorgo immediatamente che ho gli stessi fari là. A poca distanza. E’ un’alfa 147, ha il naso basso. Di certo non gli sfuggo con il gas, quella mi supera già in seconda. Proseguo fino a costeggiare il mare, e l’auto nera si mantiene sempre a circa cento metri. Il mio cervello pensa e ripensa, devo trovare una strada bianca parecchio tosta, dove magari io riesco a passare e chi mi segue ci lascia fascione anteriore e semiassi. Comincio ad essere nervoso, anche se il cervello ragiona in modo gelido e razionale. Passo ora davanti ad una spiaggia inaccessibile, e mi ricordo che la lunga strada bianca termina in una sassaia, ma sbuca due chilometri più avanti. Giro improvvisamente senza freccia, lascio l’asfalto con un sobbalzo, e faccio scatenare i miei pochi addomesticati cavalli. La strada è bella, troppo bella per i miei gusti, devono averla battuta per l’estate. La 147, inizialmente si è allontanata un po’, ma ora sulla sabbia fila senza problemi e con un’accelerata quasi mi raggiunge con spaventosa rapidità. E siamo in mezzo al niente, spiaggia da un lato, arbusti dall’altro e nessuna anima viva. Vorrei spegnere le luci, ormai si saranno accorti che l’ho visti, ma devo farmi venire un’idea.

Bzzzzzzzbbbbzzz…vibra il cellulare, un sms. Lo afferro e leggo il testo, mentre continuo a guardare lo specchietto, pensare ad una via di uscita o se mi sono cacciato in trappola da solo. “Sono a mosca, ok, meravigliosa! Franco” 
Ora non ho tempo per Franco, e i suoi mini sms, risparmia anche sugli articoli…e spesso mi risponde ad una domanda complessa con no, o si. La cosa mi fa sorridere. Non mi devo far scappare l’imbocco del parcheggio. È dopo questa curva. Spengo tutte le luci, faccio la curva al buio i fari spariscono. Affondo il gas, mi infilo nel parcheggio centrando le due pietre ai lati, sfruttando la luminosità della luna. Inserisco il blocco al differenziale, derapo sulla sabbia che ora è fina sotto le mie ruote, qui l’alfa si pianta. Arrivo in fondo, e vedo i fari che entrano nel parcheggio, prende il lato di sotto. Errore. In fondo è chiuso, e dovrà tornare indietro. Spero che non abbiano armi da fuoco. L’alfa romba, e viene giù quasi affiancandomi. Ma tra di noi ci sono dieci metri, e grosse pietre a dividerci. Frenano. Sono in tre. Si accorgono ora che devono tornare indietro. Li vedo agitarsi nell’abitacolo. Qui alla fine del parcheggio, c’è un passaggio. D’estate mettono un tronco. Eccolo. Rallento, accendo tutte le mie luci, comprese quelle sul tetto. Si illumina tutto a giorno di luce bianchissima, uno scende dall’alfa. Si copre gli occhi con la mano, abbagliato. È a trenta metri. Le mie ruotone anteriori aggrediscono il tronco, passano sopra con uno scossone morbido come fosse una salsiccia di gomma, tocco con la pancia con un tonfo sordo. La jeep si ferma, magari quello pensa che rimango così, e comincia a correre. Ma le ruote dietro cominciano a spingere, la piastra indistruttibile di duralluminio che ho sotto la pancia lascia la firma sul legno del tronco, e mi immagino i parcheggiatori domani mattina ad ammirare il loro bell’albero piallato. Le ruote posteriori arrivano all’ostacolo, allo specchietto quello capisce che non mi fermerò e accelera il passo, le ruote anteriori tirano. Con forza e un altro sobbalzo, sono oltre il tronco, vedo l’alfa che viene giù sparata. Do gas, e oltrepasso un dosso, sotto e pieno di acqua e fango, mi infilo dentro non sapendo quanto sia profondo. Sono ancora a pochi passi, se quello ha continuato a correre potrebbe raggiungermi da un momento all’altro. Le ruote si immergono, il fango sale, imprigiona la jeep, arriva il momento che aspettavo, quando il mezzo si ferma, e le ruote iniziano a scavare. Dopo qualche secondo, riprendo a procedere, sento il fango che molla la presa l’acqua che scorre via, vedo le stelle brillare nel cielo. E dopo duecento metri sono di nuovo sull’asfalto. Ho il cuore a mille. Quelli non mi raggiungono più.

Devo correre a casa, prendere la sacca e sparire.

Dove andare a dormire?

Potrei cercare la barca di Olga.

E se fossero loro?

Non mi fido.

Arrivo nel parcheggio del residence, lungo il vialetto non c’è nessuno. Nemmeno il guardiano. Mi preoccupo. L’avranno ammazzato? Poi vedo la luce di una torcia, e sopra i baffi del guardiano. Lo guardo faccio un cenno, di solito mi fermo a chiacchierare. Sempre. Ma quando ho fretta no. Penserà che ho fretta.

Entro in casa, prendo i vestiti, li getto in una busta, esco guardandomi intorno e filo via rapidamente senza dare troppo nell’occhio.

Sono al porto.

Forse al sicuro.

 
 
 
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