Mr.K torna...forse..questo blog è aperto in molti giorni feriali: spesso dalle 9.25 alle 13.43, qualche volta dalle 14.12 alle 15.30, raramente dalle 17.19 alle 19.17. mai oltre e festivi. |
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Capitolo ventitudue - il risveglio
Post n°178 pubblicato il 30 Ottobre 2010 da KA_again_PUT
Punto primo, sto lavorando tanto. per cui non vi dispiacete se non vi seguo sui blog, non rispondo ai msg, o alle email...è solo carenza (momentanea) di tempo. ma la mia storia prosegue. forse lentamente, ma prosegue...leggete sotto una nuova puntata a PRESTO! Puntata n°1 - http://blog.libero.it/kaagainput/8159880.html Mi sveglio di soprassalto, la stanza è buia, ma dalla tenda filtra la luce dell'esterno. E' la luce gialla di un lampione e siamo in piena notte. Nella stanza i miei occhi cominciano ad abituarsi alla penombra, e mi accorgo subito che Kera non c'è. mi alzo, faccio un giro per la stanza, non riesco a capire che ore sono, non c'è un orologio, una radiosveglia, un forno a microonde, e tanto meno un televisore. La stanza ora mi sembra ancora più vuota e grigia. Mi accorgo subito che mi fa male una caviglia, e sento dolori ovunque. Trovo a tastoni un interruttore sul muro, si accende una fioca lampadina in un fioco lampadario con un effetto scenico tremendamente opprimente. La scarsa luce accende in me un mal di testa lancinante. vado in bagno, mi guardo allo specchio. non sono poi conciato così male, anche se mi sento parecchio malmesso. Decido ed esco. fuori per le scale fa fresco ma non freddo, spero che fuori non faccia più freddo. della mia roba ho recuperato il portafogli e messo tutto il resto in un sacchetto. il marciapiede è illuiminato con quella acre luce gialla che vedevo dalla finestra, davanti a me un secchio della spazzatura in cui getto i miei abiti. proseguo per la strada, un gruppetto di tre ragazzi è tra me e il luogo dove voglio andare. non hanno un bell'aspetto, e sono proprio in mezzo al marciapiede, due poggiati al muro, e uno poggiato ad un auto parcheggiata. E' uno di quei marciapiedi stretti dove se due persone si incontrano, in senso opposto, sono costrette a guardarsi negli occhi...o a guardarsi vicendevolmente le scarpe. devo passare in mezzo a loro, sono a due passi, vorrei sbiascicare qualcosa, ma quando sono in prossimità smettono di parlare, sento i loro occhi addosso, loro non mi dicono nulla, io faccio altrettanto. vorrei arrivare alla metro, all'autobus, e dirigermi verso casa di mio cugino. ma sono un pò fuori orientamento, e soprattutto sono un pò fuori fase. Penso a Kera, e la stanza che ha lasciato. mezz'ora fa ero lì dentro da solo, e lei è sparita. in quella stanza non c'è più traccia di alcuna presenza utile. una frenata brusca e un auto si ferma ad un metro da me. il mio sesto senso mi impone l'allerta massima, ma dopo quello che è successo oggi la mia prospettiva sul mondo circostante ha subito un duro colpo, ho esaurito le energie per oggi. uno mi chiama, prima in ungherese, poi in francese, mi giro...lui vede la magla..."oh!! New York!! American? you need a taxi?" io gli rispondo in ungherese che ho solo diecimila fiorini, e se li deve far bastare per portarmi da mio cugino. e che quando arriveremo là, gli sarà dato il resto. mi siedo nel gabbiotto al cancello, la sedia è comoda, il gabbiotto è freddino, forse è per questo che Viktor ha la maglia pesante. la caviglia ha cominciato a farmi male sul serio, Viktor richiude il cancello e lo vedo mettere la sicura alla pistola che poggia sul tavolo, proprio di fronte a me. questi uomini hanno i nervi troppo tesi...lui mi guarda la caviglia, e mi dice che sembra una palla da basket. mi guardo le caviglie nude ridicole sopra alle scarpe, i calzini sono finiti nel cassonetto. uno era sporco di sangue, l'altro era tutto nero di gomma bruciata. Arriva un caddy, salta giù mio cugino in vestaglia di seta bianca e svolazzante "che entrata spettrale!" gli dico ghignando "te avresti dovuto fare l'attore..." arrivati alla villa, andiamo sparati in cucina e c'era il cuoco che stava preparando dei sandwich e della frutta... mio cugino mi guarda con un enorme coltello in mano, infilza un limone e poi lo spacca a metà. ne prende mezzo e comincia a morderlo, con aria di sfida mi dice "te ci metti lo zucchero?" ma io lo mordo a mia volta, con il succo aspro che mi brucia la ferita al labbro "io no...te forse ce ne vuoi un pò..." era un gioco che facevamo da bambini. arrivavamo a finire a morsi i limoni in casa... mi fissa ancora, sta zitto... e poi "anche io sono nei servizi..." si gira "ne parliamo domani...tua moglie è al lago con mia moglie...chiamala!" rimasi poggiato al freddo acciaio del banco da lavoro, il cuoco si era già allontanato e le nuove lampade a led diffondevano una bellissima luce glaciale. |
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