4 novembre: La celebrazione della pace coi carri armati
Ah, eccoci al 4 novembre, la giornata in cui celebriamo con gran fervore… la fine della Prima Guerra Mondiale! Naturalmente, nulla grida “pace eterna” come una parata di soldati in divisa, accompagnati da mezzi blindati con espressioni spietate, decorazioni scintillanti, e la benedizione della solita pioggerellina d’autunno. Tutto questo, ovviamente, in un paese che, per sua stessa ammissione, “ripudia la guerra”. Un simpatico ossimoro, direte voi? Tutt’altro! È solo una delicata dimostrazione del nostro pacifico intento: la guerra, in Italia, la celebriamo solo per il nobile obiettivo di… non farla mai più.
Ma veniamo al programma della giornata. Cosa c’è di meglio di una buona marcia? Immaginate il tintinnio delle medaglie, che nemmeno si sa più per cosa siano state vinte, ma tant’è, brillano come diamanti. E poi c’è il carro armato, che passa e sbuffa fumo, salutato da qualche bambino a bocca aperta, convinto di trovarsi di fronte a un nuovo personaggio dei cartoni animati. I discorsi? Ah, sono la ciliegina sulla torta: generali e politici fanno a gara a chi parla più di pace, amore e coesione. Sì, proprio loro che spendono il doppio del PIL della Lituania in spese militari.
Qualcuno potrebbe dire che tutto ciò sa un po' di ipocrisia. Che un paese che ripudia la guerra non dovrebbe investire milioni in missili che nessuno userà mai (almeno fino alla prossima crisi diplomatica), o che, se davvero credessimo nella pace, il 4 novembre sarebbe una bella giornata di raccolta fondi per i poveri. Ma è un’idea ingenua: la parata serve, serve eccome! Serve a ricordare che, in fondo, ogni soldato è un eroe, anche se l’unico campo di battaglia che conosce è quello dei videogiochi. E gli eroi, si sa, devono essere onorati.
E poi, diciamocelo: che 4 novembre sarebbe senza la marcia dell’orgoglio militare? Niente saluto alla bandiera, niente camminate sincronizzate? A cosa servirebbero, sennò, tutti quegli addestramenti in caserma? Certo, qualche anziano nostalgico di vere guerre storce il naso: “Non è come ai vecchi tempi,” dice tra una pipa e un bicchiere di rosso. Ma oggi siamo gente pacifica, e lo dimostriamo ogni anno con una bella sfilata di elicotteri che sorvolano la città. Un messaggio di pace che risuona forte, tra gli schiamazzi dei bambini e il nervoso scodinzolare dei cani, spaventati dal rumore dei jet. Ah, la dolce armonia della pace!
Concludiamo con un saluto a tutti gli spettatori della parata. A voi, cittadini, che vi stringete il cappotto per combattere il freddo umido e osservate l’avanzata delle forze dell’ordine con il sorriso di chi sa che, in fondo, la guerra è solo uno spettacolo.
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Mi sono voluto fare violenza. Sarà a causa del mio spiccato senso estetico, ma nonostante mi sia obbligato ad osservare attentamente le partite dell’europeo di calcio femminile, sono rimasto della stessa opinione che ho da sempre, ovvero che non è uno sport bello da vedere.
Innanzitutto cerco di tirar fuori le cose migliori. Mi sono piaciute un paio di calciatrici di cui non ricordo il nome. Una del Portogallo ed una della Spagna, che avevano una proprietà di palleggio rara anche tra i maschi. Ho visto fare passaggi con ‘rabone’ tipo Messi o Ronaldo, cross millimetrici ed una discreta mira nei tiri al volo, ma ahimè senza nessuna che potesse saltare di testa e metterla dentro. E sì che la quasi nullità delle portiere nelle uscite o nelle parate acrobatiche avrebbe reso semplice la messa in rete del pallone.
Poi mi sono piaciute le francesi di origine africana, che quando attaccavano erano un raro esempio di forza in attacco. E qui ammetto che tutte le squadre si vedeva benissimo che rispettavano gli schemi imposti, forse a causa delle scarse doti personali (stop a seguire, ad esempio, o corsa con la palla al piede), si arrivava ad un palleggio a volte fitto, forse per la scarsa abilità nella difesa della squadra avversaria, con forse l’eccezione delle tedesche.
Di certo non lesinavano gli sforzi, ed anche a fine partita si vedeva che davano il massimo nei movimenti e la volontà di attaccare. Un po’ meno in quella di difendere.
Poi anche loro si sono imparate a gettarsi in terra e simulare falli e botte in faccia, cosa che sembra scimmiottare quanto di peggio c’è nei campionati maschili.
Non riesco a capire, dal punto di vista tecnico, come facciano a piacere: io ho visto nella mia vita letteralmente migliaia di partite, ed un po’ ci ho anche giocato, per cui non penso di essere digiuno dal comprendere le differenze tecniche. Non vado a vedere le differenze muscolari, di forza unita alla tecnica, che per ora ritengo sia esclusiva appartenenza ai maschi. Magari c’è bisogno di tempo, come accaduto nella pallacanestro o nella pallavolo, dove le femmine sono diventate bravissime.
Non nel calcio.
Forse l’unica cosa veramente a favore nella naturalezza femminile riguarda le capigliature. Mentre in quelle delle ragazze si nota la ricrescita dei capelli, in quella dei maschi no… segno che questi ultimi ci tengono di più!
Infine trovo anche emblematico il fatto che il reggiseno visibile nella corsa vittoriosa della giocatrice inglese sia dello stesso tipo di quello indossato "virilmente" da Zaniolo... E chi l’avrebbe detto?
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Cioè un calciatore in pensione ed una soubrettina si lasciano ed il mondo piange? Io la gente non la capisco. Con tutti i problemi che ci assillano, e sono veramente tanti e gravi, possibile che sulle prime pagine dei giornali ci siano notizie sulla sorte di una coppia che ha avuto l’avventura di essere ricoperta di soldi ed invidiata dalla gente che vive con le vite degli altri.
Sinceramente non riesco nemmeno a pensarne male ed a scriverne di conseguenza. Uno che sa giocare a pallone e riesce a malapena a mettere in italiano due parole in fila, nonostante tutti i libri scritti, che guadagnava almeno mezzo milione di euro al mese, osannato da folle di pari cultura, che magari compravano i suoi libri forse per farci i filtrini per le canne, ha purtroppo per lui incontrato un’altra eccetera eccetera.
E’ tanta la pochezza di queste storie da operetta, spiate dal buco della serratura da milioni di persone, che magari si appassionano alle famiglie reali, ai cantanti, alle influencer, ai ricchi che penso, ahimè, che non ci sia scampo per la nostra società, priva di valori e piena di vuoti da riempire con escrementi.
Solo una frase mi viene in mente: STICAZZI!
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Ci penso la mattina quando vado al lavoro con lo scooter e passo sopra a quel ponte sul Tevere che mi traghetta verso il quartiere Prati, quello che giri davanti l'ospedale di Santo Spirito e ti fa incrociare via della Conciliazione. Guardo sotto per osservare i fortunati che fanno footing o come si dica adesso, le paperelle che fanno i nidi e l'acqua che scorre.
Acqua? ce n'è poca. Le papere hanno molto più spazio tra le piante, almeno per adesso, ma l'acqua sta sparendo. Mi chiedo per quanto tempo ancora, visto che non piove da mesi. Il caldo aumenta, il bel tempo finirà di definirsi tale e faremo la danza della pioggia. E penso se non sia il caso di tenere pronti i bottiglioni di plastica che avevo messo da parte qualche anno fa per poterli riempire quando si andrà verso l'abbassamento della pressione, ed a me che abito al sesto piano ne arriverà un pisciolino. Si andrà verso il razionamento? Capiremo finalmente l'importanza di questa molecola di idrogeno ed ossigeno che davamo per infinita?
Il clima modificato e lo scioglimento dei ghiacci è sempre più probabile. Quell'infinità di ghiaccio puro si trasformerà in mare, acqua salata. Meglio per i pesci marini, ma a noi il sale fa male, e non solo per la pressione.
Poi mi dicono che hanno paura della guerra mondiale, della guerra atomica, delle pandemie, del gas e del petrolio e della corrente elettrica che costeranno sempre di più. Di queste cose me ne sbatto, sotto sotto. Più delle artiglierie antimissile delle sirene e dei buker atomici, tempo che mi costruiscano un distillatore per acqua potabile sotto casa. Avete mai assaggiato l'acqua distillata?
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A volte i giovani colleghi, certi della mia enorme saggezza, mi fanno domande esistenziali sulla vita, i capelli che cadono e le donne… Preoccupati delle stempiature si interrogano sul dove andremo a finire. Da vecchio pelato li rassicuro che basta non pensarci, ma di questo parlerò un’altra volta. Invece mi preme estrinsecare idee sulla libido, specie in questi giorni di caldo e di scoperta dei centimetri di pelle per le strade della capitale. La domanda che mi si pone con una insita paura del futuro, in loro che hanno da poco superato la trentina, è quella sulla libido. Mi si chiede se è vero che dopo i 50 anni la libido scenda al punto tale che le belle figliole non siano più così desiderate come da giovani.
Su questa domanda mi spreco e spertico con risposte non solo che sollevano l’animo, ma che anche li potrebbero altresì far diventare tristi. Mi spiego:
Parlo per me ma anche a nome di alcuni miei compagni di classe coni quali ci scambiamo pensieri sulla terza età. A me sembra che dai 50 anni in su la libido, se possibile, aumenti, anzi raggiunga livelli che nel passato si siano solo sfiorati. Sarà per le minori occasioni di contatto, sarà perché se ci mettessimo a guardare con insistenza femmine leggiadre che ci passano intorno possiamo venire tacciati di vecchiporchismo, ma quel che ne esce sono sguardi appena rivolti con la vista laterale ed un battito cardiaco che accelera pericolosamente.
Certo, una volta sotto le mani “la ragazza giusta che ci sta” come cantava Stefano Rosso, non è che si possa fare tanto e neanche troppo, ma forse proprio per questo aumenta la voglia e la tristezza e la consapevolezza che (parlo per me) a 64 anni non rimangono poi tante cartucce da sparare.
Allora non sapendo cosa pensano le femmine quando si accorgono di uno come me che le scruta, rimango inebetito a scrutare ogni piccola rotondità, ombra o particolare anatomico su cui sbattere con l’immaginazione ed il desiderio, magari avvicinandomi per andare a respirare nella scia profumosa della pelle che si spera sia senza troppo profumo artificiale, pensando che non vedo l’ora che sta cacchio di libido la finisca di tormentarmi.
Magari a 120 anni
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In effetti sì, provo nostalgia per quei tempi in cui scrivevo in questo blog tutte le mattine. Di giorni ne sono passati abbastanza, anche troppi, ma ne sono successe di tutti i colori. Lutti, malattie, guerre terremoti ponti che cadono governi gente mortammazzata, pandemie e mille (magari fossero solo mille) drammi continui.
E ricordo quei giorni in cui cazzeggiavo su queste pagine, seguito da cazzeggiatrici e cazzeggiatori che mi leggevano e ci davamo giù di battutacce divertenti che ogni tanto rileggo e mi fanno sorridere e qualche volta anche sbellicare.
Allora mi sono detto perché non ritrovare quei tempi che mi stavano far bene, se non altro in quei momenti in cui scrivevo, e poi ancor di più quando con quelle strane e belle persone ci incontrava via mail ed al telefono e di persona.
Adesso mi sembra tutto un altro mondo. Scrivo sempre ma per testate diverse, mi do da fare con qualche conferenzuola, lavoro ogni giorno in maniera abbastanza soddisfacente aspettando quel giorno sempre più vicino quando dovrò andare in pensione, smettere di alzarmi alla stessa ora ed incassare quel misero assegno che quasiquasi mi converrebbe chiedere il reddito di cittadinanza...
Vabbè. io provo a ricominciare, poi vedremo... aiutatemi a ricazzeggiare! :)
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Si parla tanto di carenza di mascherine per non beccarsi il coronavirus o covid-19 che dir si voglia, non ce ne sono in vendita e quelle che si trovano non sono troppo buone. Poi dicono che vanno usate solo 8 ore e poi vanno cambiate.
Meglio disinfettarle e riusarle.
C'è un metodo che credo sia buono da farsi in casa. O meglio un paio di metodi.
Il primo è quello di usare un liquido fatto in casa, alcolico e antibatterico fatto da due terzi di alcool denaturato ed un terzo di acqua ossigenata. Roba che abbiamo nell'armadietto dei medicinali. Per acqua ossigenata non intendo quella per schiarire i capelli, ma quella per gli sciacqui.
Quindi occorre una di quelle macchinette per aerosol che di solito usiamo quando abbiamo catarro, allergie e tutte quelle semplici malattie ai polmoni. Se non l'abbiamo (cosa abbastanza rara) cerchiamo di comprarla. Nei mercatini, nel caso ce ne fossero di aperti, costano poco.
Dalla miscela prenderne un cucchiaino e metterla nell'ampolla dell'aerosol, quella che si attacca alla mascherina dello stesso, ma senza collegarla alla mascherina di plastica.
Accendiamo il compressore e subito vediamo che dal ribollire del liquido nell'ampolla, esce una nuvoletta, una nebbiolina che dovremo dirigere verso la mascherina di tessuto da disinfettare. Più tempo mandiamo il vapore e meglio è, ma senza che il tessuto si inumidisca.
All'interno ed all'esterno.
Lasciamo passare la puzza di alcool per qualche minuto e poi possiamo usarla di nuovo.
Credo che per un po' di volte questa azione vada bene, giusto per risolvere il problema della mancanza di mascherine sul mercato.
Il secondo metodo potrebbe essere di metterlo nel forno a microonde. Non brucia né si riscalda, credo, in quanto per principio non ho codesto forno. Le radiazioni dovrebbero innanzitutto ammazzare i batteri, mentre per il virus non saprei. Anzi questo potrebbe addirittura mutarsi e diventare qualcosa di diverso, ma lascio il problema a genetisti, virologi e cultori della fantascienza, per cui non fatelo!
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Nello schermo televisivo osservo le previsioni del tempo. Mi occhieggiano e sorridono, a seconda del canale, colonnelli dell’aeronautica, scienziati meteorologi, belle ragazze straniere con vestiti attillati ed un filo di cellulite che non sta mai male. Le previsioni sono tutte uguali o quasi, promettono bel tempo nella giornata di oggi o per l’indomani, tranne qualche brutto temporale sparso o annuvolamenti sui rilievi.
Bel tempo. Sole a picco, afa, temperature intorno ai 40 gradi. Bel tempo. Non piove in pianura, i laghi ed i fiumi hanno ogni giorno meno acqua. I ghiacciai spariscono, i prati ed i parchi ingialliscono, i campi coltivati soffrono per la poca umidità del suolo, ricoperti di cimici cinesi, cavallette e chissà quali altri insetti che non conosciamo, arrivati con calma da chissà dove da soli, senza le Ong.
La Siberia brucia, la Groenlandia si squaglia, il clima peggiora di giorno in giorno e ci costringe a consumare più energia, la stessa che ci ha ridotto in questo stato. Ma noi andiamo in vacanza, giuste e meritate vacanze lontano dall’afa, ma che ci frega se c’è l’afa se ci gettiamo nel mare. Caldo anch’esso, ma con un bel bicchiere di bibita gelata. A goderci il bel tempo.
Dicono si tratti di un’abitudine, un retaggio del passato, quando era solo l’aeronautica ad avere il controllo delle notizie meteo. Bel tempo per volare, per decollare ed atterrare senza problemi, quando l’ecologia non esisteva ed i pochi menagrami che dicevano che non si poteva continuare a consumare energie non rinnovabili erano messi a tacere.
Magari basterebbe cambiare la terminologia: invece di bel tempo dire ad esempio ‘sole caldissimo, tempo pessimo’, si consiglia di non uscire, oppure: ‘tempo bellissimo, pioggia su tutte le regioni!’
Ogni giorno di più sprofondiamo nella merda. Ma ci convinciamo che c’è tanto bel tempo.
Un giorno sulle nostre tombe scriveranno: ‘morto per il bel tempo’
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Pare che in onore di Carola Rackete, la capitana che non porta li reggiseno, ci sia una giornata piena di tette al vento sotto le magliette sabato 27 luglio 2019.
Adoro la solidarietà femminile!
Si tratta di un argomento a me ben caro, come si vede da un mio famoso post:
https://blog.libero.it/Kremuzio/10703945.html
Per cui non mi ripeterò ed userò solo una parola:
yeeeeeeee!
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A 50 anni dall’epica impresa dell’Apollo 11 mi sento un po’ come il tenente Drogo del ‘Deserto dei Tartari’. Aspetto che i miei sogni di bambino, ma anche quelli di tutta una vita, si realizzino.
Erano cominciati bene quegli anni 60, quando ricordo il salone di casa, sdraiato sul divano buono, guardavo incuriosito la televisione di legno che rimandava immagini sfocate di razzi che partivano con eroici astronauti. Solo quelli americani, neanche ti accorgevi dei sovietici che celavano il razzo dietro cortine di fumo e segreto militare per non farti vedere come fossero fatti. Ed allora imparavo a memoria i nomi dei vettori con i loro equipaggi, i progetti Mercury, Gemini fino all’Apollo che a meno di 10 anni dopo l’annuncio di un John Kennedy incazzato fece terminare la corsa alla Luna.
Che più di una corsa alla conoscenza, alla scoperta, sembrava una propaganda elettorale. Dai baci in bocca di Kruscev ai cosmonauti di turno, tutti con il casco e la scritta CCCP da Gagarin in poi, ai cortei con nuvole di coriandoli con astronauti che sembravano bravi ragazzoni dai capelli a spazzola e mogli cotonate, sulle limousine per le broadways.
Ed arriviamo ai primi morti, a Komarov nella Sojuz 1, a Grissom White e Chaffee nell’Apollo 1, a Dobrovolski Patsayev e Volkov nella Sojuz 11. Ma si doveva andare avanti. Sia il sovietico Korolev che il tedesco von Braun dovevano portare avanti il progetto lunare, con fondi pressoché infiniti e centinaia di migliaia dei migliori tecnici al mondo impegnati in un’unica meta, portare l’uomo sulla Luna.
E poi su Marte dopo altri 10 anni.
Quel Natale del 68, Borman Lovell ed Anders sull’Apollo 8 per la prima volta arrivarono a volarci intorno. Lo straordinario vettore Saturno 5 li aveva portati per la prima volta nello spazio aperto, satelliti del nostro satellite, a fotografare la Terra da lontano sorgere oltre il bianco e morto orizzonte lunare.
Ed ancora il 9, il 10 a fare test con il Lem, modulo di allunaggio, ed infine l’11 con Armstrong, Aldrin e Collins.
Eagle has landed.
20 luglio 1969, stavo in vacanza al mare, nella casa sulla spiaggia col televisore bianco e nero ed un’antenna di fortuna sperando non andasse via la corrente. Avevo quasi 12 anni e mettevo da parte i giornali che comprava mio nonno che parlavano dello spazio giorno per giorno. Tra 50 anni li rileggerò, dicevo. Chissà dove cacchio li ho messi, penso oggi.
Non è che si vedesse bene, solo le parole di Tito Stagno, Ruggero Orlando ed una pletora di scienziati, mica come oggi dove a parlare ci sono tronisti, partecipanti a reality ed influencers idioti e ignoranti. Ma le parole erano inutili, quasi. Si vedevano ombre e fantasmi muoversi da 300mila km di distanza, voci americane e bip dopo ogni frase. Non capivo una mazza di quel che dicevano, e ancor meno di quel che vedevo sul vecchio tv. Ma sapevo che erano lassù, e tanto mi bastava.
Volevo fare l’astronauta, o al limite costruire e lanciare razzi. La seconda cosa la faccio ancora, la prima no, ma non si può avere tutto dalla vita, specie se si è nati troppo presto. Ma non mi sono perso niente della corsa alla Luna, l’ho vissuta coscientemente e di questo mi rallegro.
Poi la storia si sa come è andata. Qualcuno si ricorda dell’Apollo 12, 14, 15, 16 e 17? Dell’Apollo 13 sì, ci scommetto.
Peccato che i sovietici non ci siano arrivati. Fantastici nella costruzione di vettori medio-grandi (le Sojuz volano ancora oggi) ma nulli per quelli enormi. Dopo la morte di Korolev quattro esemplari del vettore lunare N1 esplosero dopo il lancio. Un conto era avere 5 motori enormi come quelli sviluppati dalla Nasa, un altro conto usarne 30 più piccoli, seppure affidabili, contemporaneamente. Fine del progetto russo e fine della corsa allo spazio.
Fine dei soldi e dei sogni. Si ricominciava con piccoli passi. Soldi indirizzati verso gli armamenti e non più verso la ricerca spaziale. Piccoli razzi per andare solo in orbita, altri un po’ più potenti per lanciare sonde e robots in giro per il sistema solare. Ma l’uomo non è più andato oltre l’orbita terrestre.
Fatti tanti progressi (e vorrei vedere) in 50 anni, ma senza il fuoco sacro dell’esplorazione umana. Morte un sacco di persone in quei pullman spaziali da gite fuoriporta che furono gli Space Shuttle, che portavano pezzo dopo pezzo le stanze per la stazione spaziale ISS.
Marte ancora niente. Solo robottini.
Alla faccia dei film di fantascienza che pensavano a basi lunari entro il 2000, a Marte, Giove ed oltre l’infinito, alla prima stella a destra. Stiamo qui, non c’erano soldi o spinte politiche.
Ormai sono diventato vecchio e non credo che potrò vedere l’uomo su Marte. Posso solo aspettare nel breve termine che cinesi o indiani o qualche privato faccia un weekend sul nostro satellite. Magra consolazione. Chissà.
Per ora constato solo una grande ignoranza alle manifestazioni, conferenze dibattiti ai quali partecipo, dove i giovani mi chiedono se è vero che non siamo mai stati sulla Luna. L’unica cosa che importa loro è il complottismo, sfiduciati nel presente fatto di chiacchiere e social non arrivano a comprendere che il genere umano, quando vuole, a prescindere dalle motivazioni, riesce a fare qualsiasi cosa, o almeno una volta era così.
Ora mi sembrano tutti coglioni, e forse lo sono davvero, quasi come quelli che credono alla terra piatta ed alle scie chimiche.
Ed i Tartari non arrivano…
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Mi preme avvertire che tutto quello che leggerete è frutto della mia mente, anche quelle cose che sembrano scopiazzate. Potrebbe essere che siano stati altri a scopiazzare me. Avverto che l'aggiornamento viene effettuato quando mi pare e piace, anche se, sembra, lo faccia tutti i giorni tranne il sabato, la domenica ed i giorni di festa, quando non mi piace accendere il computer, anche se continuo ad interessarmi ai fatti del mondo e strombazzare il mio malcontento. Con questo intendo dire che non sono un giornalista e che questa non è una testata giornalistica e bla bla bla. Le foto che appaiono negli articoletti di solito le prendo facendo una ricerca su google immagini, ritenendo che siano libere di essere prese e schiaffate sul blog. Se ritenete che io non debba pubblicare una di queste immagini, mandatemi un messaggio ed io la toglierò nel più breve tempo possibile. Non chiedetemi soldi che tanto non ce li ho. Aggiungo pure che non lo faccio per il bisogno che grazie a Dio di bisogno ne ho abbastanza (Petrolini)...
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