Un blog creato da Azzurro_Blu il 28/01/2008

Azzurroblu

Poesia Pensieri Parole in libertà

 
 
 
 
 
 

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(www.giovanninoguareschi.com)

 
 
 
 
 
 
 

PICCOLO DIZIONARIO REGGIANO

Alcuni termini dialettali sono spesso utilizzati in questo blog. Ecco un piccolo dizionario per una più immediata comprensione del testo:

- Bimblòn = fannullone. Spesso utilizzato anche come sinonimo di sempliciotto, tatone, susinone.
-
Nani = piccina, tesorino, termine affettuoso utilizzato dalle nonne.
- Nèsi = sempliciotto, cretino... termine meno affettuoso del primo.
- Pita = tacchino. Questo termine si usa soprattutto nell'espressione "Fèr la pita" (traducibile più o meno con "fare l'oca") quando si vuole indicare un essere femminile particolarmente petulante e poco sveglio. Curiosamente anche l'aquila raffigurata sull'asso di denari delle carte da briscola piacentine è denominata "La pita".
- Rezdòra o Resdora (italianizzato) = donna di casa, "reggitrice" della dimora e signora dei fornelli... insomma: quella che comanda!

Se volete allenarvi nella pronuncia potete seguire anche qualche lezione on line.

 
 
 
 
 
 
 

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Signora occhineri

Post n°57 pubblicato il 17 Ottobre 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

Ma quando lo sguardo

inavvertitamente

s’immerge nel tuo,

signora occhineri,

lo sgomento mi coglie

e velata da file di denti

e poveri sorrisi

la testa si volge

per parare altrove,

per fuggire via

da questo bieco paese,

per propinarti ancora una volta

cumuli di frasi fatte

e parole vigliacche:

“Passerà, signora,

non si preoccupi,

è un brutto momento,

c’è stallo, c’è crisi,

faticano tutti!”

“Passerà, signora,

ci vuole coraggio

e infinita pazienza!”

E come sempre la saluti,

cordiale e gentile,

come ti hanno insegnato,

rispetti il programma

e ti senti quasi buono e sincero.

Ma dentro è tempesta

che si abbatte furiosa

sul conformismo

acquisito negli anni.

Ma dentro è rabbia

e dolore

e vorresti gridare

e distruggere tutto.

E gridarti, signora,

che siamo povera gente,

bacata nella testa,

che ti guarda da fuori

e ti giudica un niente

e che puoi buttare nel cesso

le tue lauree, signora,

la tua cultura, la tua educazione,

perché qui non valgono un tubo

e tutti si chiedono perché

non te ne sei stata nel tuo paese,

ma già che sei qui,

accontentati almeno

di pulire le scale,

di badare ai vecchi

che non vuole nessuno,

felice di rinunciare ai tuoi sogni.

Accontentati, signora,

di questa gente incivile

adagiata nell’ignoranza più bieca.

Accontentati e addirittura ringrazia,

signora Mandeep, signora Kadija,

signora Irina, signora Mariama,

e prega per noi,

nella tua lingua melodiosa,

perché il tuo Dio ci salvi dal Nostro

che, per come ti trattiamo,

sta per lasciarci marcire all’Inferno.

 
 
 

I beni necessari

Post n°56 pubblicato il 09 Ottobre 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

Noi della Bassa, gente di campagna raccolta in piccoli paesi dalle piene del Po, siamo molto legati alla nostra terra fatta di nere zolle scintillanti di brina.

I centri urbani sono attorniati da canali, fossi, campi e anche le zone industriali si esauriscono ben presto per lasciar spazio al grano, al mais e all’erba medica.

I nostri anziani ci aiutano a mantenere vivo questo legame attraverso i ricordi, le meravigliose espressioni dialettali e un vero e proprio culto per la “materia prima”.

Anni luce avanti rispetto alle mode salutiste, minimaliste e culinarie odierne, hanno sempre osteggiato i processi di industrializzazione e globalizzazione degli alimenti, difendendo a spada tratta la causa della genuinità e del “ruspante”.

Così anch’io ho finito per interiorizzare una serie di principi cardine della cultura nonnesca che mi hanno sempre provocato mille scrupoli, ripensamenti e sensi di colpa tra gli scaffali dei supermercati:

- le uova si prendono in campagna, così come le galline e i conigli, perché quelli di allevamento chissà come li tengono e chissà cosa gli danno da mangiare;

- il formaggio (e da noi “il formaggio” [al formaj] è solo il Parmigiano-Reggiano) si compra al casello (caseificio) perché è più buono e si può scegliere tra quello da pasteggio e quello da grattare (grattugiare);

- per i salami rivolgersi a chi ancora li fa in casa e che siano stagionati a dovere, rigorosamente appesi in buie cantine regolate da una perfetta umidità;

- al vino, invece, siano dedicati lunghi pellegrinaggi, con tanto di damigiane vuote e pronte all’uso nel baule dell’auto, perché va preso direttamente da chi lo produce per poi essere imbottigliato in casa a seconda della luna e in base al tipo di vino (per ulteriori dettagli vedasi la bibbia del nonno, ossia il mitico calendario “Il Pescatore Reggiano”)…

Da ciò risulta evidente come per attuare questa disciplina zen dell’acquisto sia necessario governare una gran quantità di tempo libero… ma non solo!

Il segreto dei nostri anziani è che hanno sempre “Un mê amîgh” [un mio amico] disperso in qualche angolo della Bassa a cui possono rivolgersi per rifornirsi di ogni ben di Dio.

Perché per loro il commercio è prima di tutto socialità, un entrare in relazione con qualcuno, uno scambio di beni, un dare e ricevere per entrambe le parti.

Fare la spesa non è prendere un carrello, correre tra due corsie ed accaparrare alla rinfusa ciò che capita sotto mano, ma è passeggiare sotto ai portici, fermarsi dal lattaio, dal macellaio, dal fornaio, dal fruttivendolo, dal giornalaio… è dire “Buongiorno” e “Buonasera” e “Come sta?” e “Che caldo che fa!” e “Et vîst la Maria?!” [Hai visto la Maria?!] e “A j’han portè quelchidûn?” [Hanno portato qualcuno?]*… e tutte quelle frasi di cui, ormai, ignoriamo l’esistenza.

Questo piccolo mondo si regge sulle loro antiche spalle ed è un meraviglioso universo che pian piano stiamo schiacciando con la nostra ignoranza e le nostre frenesie.

Ci sentiamo moderni perché usiamo computer, palmari, cellulari e tutti quegli aggeggi che fino a pochi anni fa non erano neanche immaginabili, ma siamo profondamente antiquati ed incivili dal punto di vista umano e forse dovremmo prenderci qualche attimo per fermarci all’ombra di questi alberi dalle radici profonde per riposarci la testa e il cuore prima che Fratello Tempo possa privarci della loro insostituibile presenza.


* Forma compressa usata frequentemente nel dialetto reggiano per esprimere il concetto: “Ho sentito la campana a morto, ma chi è morto? Chi hanno portato al cimitero?”


N.B. Immagine di Ghiretti -
www.mondopiccoloimmagini.it

 
 
 

Dal dottore

Post n°55 pubblicato il 03 Ottobre 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

Dal dottore ci si va generalmente per passare un po’ di tempo: ci si fa fare una ricetta, si fanno vedere le analisi, ci si lamenta per qualche acciacco.

Ma, per lo più, mentre si aspetta, si chiacchera con i conoscenti, si sfogliano vecchi “Oggi” e “Gente” consunti, ci si diverte a brontolare all’arrivo del solito informatore scientifico incravattato: “Mò prego, mò passi pure! Tant nuêter a gh'òm tèimp!” [Tanto noi abbiamo tempo], ci si burla dei giovani pazienti che fanno file di ore per poi essere liquidati dal medico dopo cinque minuti.

Ci si fa prescrivere miriadi di farmaci che spesso non vengono presi sia perché puntualmente “cozzano” gli uni contro gli altri provocando effetti collaterali a catena, sia perché tutto sommato non se ne ha un effettivo bisogno.

Quell’ignorante del dottore, infatti, non ha ancora capito che l’ambulatorio è uno dei principali luoghi di socializzazione della popolazione anziana e che molti malesseri (veri o presunti) nascono dai troppi pensieri, dalla solitudine, dal non sentirsi amati e apprezzati.

Per questo, dalle mie parti, più un medico ti fa aspettare più è considerato uno specialista rispettabile e se poi, per giunta, ti tiene dentro all’ambulatorio per ore a parlare del più e del meno, allora è un vero luminare e passa dal semplice “dottore” al titolo nobiliare di “professore”, anzi, di “il Professore”!

Mentre se semplicemente cerca di fare il proprio lavoro con solerzia, cercando di sveltire le questioni meno importanti, allora lo scontento è generale: “Còl lè al na capìs gnînt! Al m’a gnân guardê!!!” [Quello lì non capisce niente! Non mi ha neanche guardato!].


N.B. Immagine tratta da http://umarells.splinder.com/

 
 
 

La bigottanza

Post n°54 pubblicato il 26 Settembre 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

La bigottanza si ritrova la domenica a Messa ed è rappresentata da una varia e composita umanità, tra cui io.

E’ costituita da uno zoccolo duro e da gruppi di personaggi semoventi.

Lo zoccolo duro sono loro: le vecchiette sgranarosari.

Quelle che prendono posizione fin dalle prime luci dell’alba. Quelle che sono secoli (forse millenni) che si siedono sempre lì e se, inavvertitamente, osi occupare il loro territorio ti si piazzano di fianco fissandoti e scatenando un pressing psicologico tale da costringerti inesorabilmente ad una ritirata strategica sul sedile di fianco.
Nessuno, che io sappia, ha mai osato sfidarle e nessuno ancora è riuscito a prevedere quali effetti nefasti e sciagure cosmiche potrebbero scaturire da un simile affronto!

Quelle che si piazzano in ginocchio per ore con la corona in mano, iniziando ad emettere con impercettibili movimenti delle labbra grinzose un orante “Bissi besse, bissi besse…” dagli effetti mantrici.

Quelle che hai paura che ci restino secche sul colpo, sbriciolandosi in mille pezzi, quando cigolanti le vedi rialzarsi.

Le baciapile, le accendi candele, le invincibili nonne benedicenti e salmodianti che con le loro Avemarie sommesse e sbiascicate hanno pungolato fino allo sfinimento Madonne, Santi e Beati costringendoli ad elargire innumerevoli grazie e miracoli.

Attorno a queste traballanti colonne della devozione popolare ruotano, invece, i personaggi semoventi come fossero statuine di orologi tedeschi.

Uno sventolio di cappelli calanti ed ecco i più anziani, schierati in bell’ordine presso l’altare laterale: paltò, giacca, cravatta e bastone da passeggio.

Tic-tac, tic-tac, risatine e ancheggiamenti, arrivano le ragazzine del “dopo-cresima”. Fino a ieri tutte Bratz e Lelly-Kelly, oggi assolutamente In con paperine, leggings e maxi-borse.

Un fruscio ti spettina il ciuffo, ti volti e non vedi niente… mah!... sarà stata una corrente d’aria!... Un nuovo fruscio ti rispettina il ciuffo dall’altra parte…

Spiriti? Magia nera? Un semplice vetro rotto?

Macchè! Sono le solite suorine che si muovono leggiadre per la navata alla disperata ricerca di lettori, raccoglitori di offerte, processionari e comparse varie durante la sacra rappresentazione.

Le stesse amabili creature che, dopo il ciak d’inizio, continuano a perlustrare segugie la chiesa alla ricerca, questa volta, dei ragazzini del “dopo-cresima”, quelli che regolarmente si piazzano in fondo, vicino al portone, sperando di sgusciare via inosservati il più presto possibile…

Sorriso disarmante e fermezza da corazzieri, ecco le sorelle da riporto, che sospingono i recalcitranti fin nei primi banchi… e quasi quasi sei certo che, sulle loro schiene, prima o poi comparirà, a bianchi caratteri su sfondo nero-saio, la scritta “STAFF” o, meglio, “SECURITY”.

E adesso… No!!! Non aprite quella porta!!!

Ma come in ogni film del terrore che si rispetti, il malcapitato non accetterà imperativi e consigli!

Allora su chiunque deciderà di accedere alla cappellina del Santissimo ricadrà la maledizione di frotte di bambini urlanti, poppanti più o meno gattonanti, lanci di Gormiti, scintillio di scarpette con le lucine, in mezzo a cumuli di briciole di grissini, crackers e biscotti di ogni tipo.

Scene dantesche in cui si intravvedono sullo sfondo le anime in pena di genitori, pallidi e sfiniti, che inutilmente invocano la calma e il silenzio e che soltanto ora riescono a cogliere appieno il senso liberatorio di quell’ “Andate in pace!” detto alla fine della Messa!

La bigottanza è questo e molto altro, con i suoi mille pregi e le sue eterne contraddizioni.

Luci ed ombre di un popolo costantemente in cammino verso Uno che si spera non si stanchi mai di tenderci le braccia dall’altro della Croce!



N.B. Il termine "bigottanza" lo devo alla fervida intelligenza di un amico, per il resto mi assumo tutte le responsabilità!

 
 
 

Contessa Miseria

Post n°53 pubblicato il 19 Settembre 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

Contessa Miseria

la vita prima o poi

estingue il suo debito…


(Carmen Consoli, Contessa Miseria)


Contessa Miseria veste di stracci: logore maglie di lana sovrapposte ad involontario effetto patchwork, sottane e sottovesti, calze e calzettoni e una cuffia di lana gialla perennemente sulla testa.

Primavera – estate, autunno – inverno, un unico abbigliamento multistrato multicolore per ogni stagione.

Contessa Miseria puzza, non è bella da vedere e gira con le borse piene di roba raccattata in giro.

Molti la evitano, qualcuno la deride, i più caritatevoli cercano di aiutarla: “Perché fai così? – le dicono – Perché non ti lavi? Perché non ti cambi?”… ma tutti, indistintamente, mormorano che sia ricchissima.

Contessa Miseria non si cura del giudizio degli altri perché ha ben altro a cui pensare.

Nobile e bella, venne rapita da un vascello pirata durante una crocera nei mari del Sud.

Non si seppe più nulla di lei e, dopo vani tentativi, anche i suoi famigliari smisero di cercarla.

Fu maltrattata, patì il freddo e la fame, perse ogni attitudine nobiliare. Poi lentamente, vivendo fianco a fianco con quegli uomini rudi e senza scrupoli, poco avvezzi al galateo ed alla galanteria, iniziò ad adattarsi a quella convivenza.

Copo di mille balene! Tra una virata a dritta, un “Issate le vele!” e una bottiglia di rum, vide i posti più strambi ed incantevoli del mondo.

Finchè un giorno la sua nave affondò, e Contessa Miseria fece naufragio nella vita.

Ma rimase la corsara di sempre e come frutti di un mare pescoso accettava ciò che la strada le dava: una scarpa rotta, un vecchio maglione e una bottiglia di rum.

Non ha smesso il turno di ronda e, come sempre, naviga a vista. Sa che torneranno a prenderla ed è già pronta a partire, con tutto un baule di roba addosso.

Dalle paludi nebbiose spunterà finalmente il vascello fantasma: bandiera nera, teschio ed ossa incrociate.

Contessa Miseria con i denti che le rimangono stapperà l’ultima bottiglia di rum. Scolerà l’ultimo goccio, asciugandosi le labbra con il braccio e, da non si sa dove, tirerà fuori un foglio unto e ingiallito.

Ritapperà la bottiglia e l’affiderà alle acque inquiete del grande fiume.

Con una grossa croce ha indicato dove scavare tra il sudiciume e le mille borsine accatastate ovunque nel suo covo.

Qualche fortunato potrà così trovare il suo tesoro: un forziere ricolmo di monete d’oro sotto a cui si celerà un altro scrigno più piccolo, tempestato di pietre preziose, con all’interno i tanti santini che si faceva regalare dalla gente, un vestito da sposa e una bottiglia di rum.

 
 
 

Passatempi ad alta quota

Post n°52 pubblicato il 12 Settembre 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

E per fortuna che quando si cammina lo zaino è pesante, così non ti passa neanche per la testa di portare tutte quelle cianfrusaglie di cui ci circondiamo e che lentamente si ammucchiano arrivando a formare un muro tra noi e la realtà, tra noi e gli altri e, in definitiva, tra noi e noi stessi.

Camminare per ore a fianco degli amici, fare fatica, magari prendere anche l’acqua o la grandine, ti costringe a lasciare a terra quali inutili zavorre tutte le maschere, gli atteggiamenti di comodo, i "leinonsachissonoio" di cui amiamo quotidianamente adornarci.

Ed è così che spesso, senza accorgertene, impari molte più cose dai piedi che dal cervello!

Ma quando decidi di fermarti, di piantare la tenda o di piazzarti in rifugio, quando i nervi cominciano a distendersi e i muscoli a rilassarsi, quando finalmente ti metti la minestra sul fuoco e ti infili il maglione, ecco che si entra in quella fase REM della giornata in cui ogni stanchezza sembra appianarsi e spontanea, potente, irrefrenabile, irriverente, ti assale un’incontenibile voglia… di sparare asinate!

Dopo la prima fase di ridarola in cui si srotolano come stelle filanti tutti i discorsi possibili e immaginabili, non lasciate cadere il magic moment e sfoderate a sorpresa un buon libro da bivacco.

Per carità! Lasciate a casa i Promessi Sposi e i Valeri Massimi Manfredi e dedicatevi senza scrupoli a letture leggere e divertenti. E’ anche grazie al “Bar Sport” di Stefano Benni che ricorderò sempre con gioia i due giorni di pioggia passati al Greselin (dolomiti friulane) in compagnia della Luisona, del Cinno e del terrificante bambino con il gelato.

Se poi continua a piovere, avete riletto tre volte il libro, avete già lasciato le vostre memorie sul registro degli ospiti visionando tutti i commenti fino agli anni Venti e con il timbro del rifugio vi siete griffati perfino le mutande, potreste dedicarvi a “Per antonomasia”: passatempo per grandi e piccini che vide la luce durante un caldo pomeriggio sull’appennino reggiano.

Scopo del gioco è trovare quante più possibili definizioni “per antonomasia”  di cose, luoghi e persone. Ad esempio: El pibe del oro? L’aquila di Ligonchio? La tigre di Cremona? La tigre di Mompracem? Il reuccio? Er principe? The Boss? The Voice?

E così via… ma sono bravissima, non cercate di sfidarmi!

La "variante alta" di questo gioco nacque successivamente, durante un bellissimo percorso che dai laghi di Roburent svalicava in Francia per poi spingersi fino al lago dei Nove Colori.

Forse per cretineria o per l'emozione di trovarci in Gallia, ci venne l’idea di elencare tutti i personaggi francesi che ci saltavano in mente. Passammo le ore a scervellarci, iniziando dai banalissimi Brigitte Bardot, Platini e Mitterand (non erano ancora i tempi di Sarkozy) per poi arrivare ai più ostici Louis Pasteur, Truffaut e J. J. Rousseau.

La partita sembrava ormai volgere a mio favore ma, durante la notte, fui risvegliata da un urlo trionfante che, dalla tenda vicina alla mia, risuonò per tutta la vallata: “Pierre Cosso!!!!!!!”. Cavolo! Avevo perso!

Durante l'attraversamento della stupenda Valle delle Meraviglie, invece, ci prese la mania delle foto no-limits tarocche.

Tutto sta nella prospettiva: scegliete una parete rocciosa e arrampicatevi blandamente attaccandovi alla roccia come potete, basterà che il fotografo si sdrai a terra e che cerchi di inquadrare abilmente voi in posa plastica (meglio se con qualche muscolo in evidenza), la vetta e uno scorcio di cielo, con l’accortezza di eliminare la base del monte posta a pochi centimetri dai vostri piedi… effetto Manolo assicurato anche per i più mollaccioni!

Restando in tema di fotografia, i laghi alpini si prestano molto bene per lusingare a dovere il più vanitoso del gruppo. Bisognerà convincerlo a piazzarsi proprio là, su quelle bellissime rocce al centro del laghetto, invitarlo a mettersi in romantica posa alpinistica ottocentesca per poi iniziare a gettare dei pietroni nell’acqua ad effetto doccia assicurato!

Ma la cosa in assoluto che amavo di più era osservare i miei compagni di ventura: gli atteggiamenti, le piccole manie, gli oggetti preferiti (il sacco a pelo “cartavelina” di Nicola, il fornellino “atomico” della Meri o lo zaino “pattume” di Andrea), per non perdere neppure un atomo di quelle giornate.

Perché delle tante ore passate a camminare è chiaro che mi mancano le vette, i sentieri, i ruscelli, i versanti duramente conquistati, il cielo stellato, l’aria pungente o il calore del fuoco, ma per fortuna rimarranno sempre con me quei volti, quei gesti, quei sogni e quelle speranze condivise, quelle risate, quei momenti fatti di cose piccole e semplici, ma talmente potenti da tracciare solchi nel cuore come la goccia d’acqua che scava le montagne!

N.B. Nell'immagine: il lago superiore di Roburent

www.alpicuneesi.it

 
 
 

L'Uomo Tecnologico

Post n°51 pubblicato il 08 Settembre 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

L’Uomo Tecnologico è perfettamente organizzato: computerizzato, cellularizzato, digitalizzato, pianificato. Non teme l’imprevisto e cavalca il suo destino con impavida sicurezza.

Sul lavoro è motivato, incentivato, fidelizzato e fervido credente nella mission dell’azienda.

La sua carriera è in progress, esercita funzioni di leadership, di empowerment, di coaching. È sicuramente l’uomo giusto al posto giusto.

Con gli amici parla di Hi-Tech: palmari, computer, hardware e software, browser, user, password, e-mail, e-bay, e-commerce, e-ccetera.

I suoi acquisti sono sempre ponderati sotto ogni punto di vista. Con mesi di anticipo attiva processi di estenuante comparazione di modelli, prestazioni, accessori, prezzi e rivenditori, interfacciando dati, costruendo algoritmi, stilando report impeccabili attraverso cui verranno vagliate le principali riviste del settore.

Le sue vacanze passano sotto i suoi occhi attraverso l’obiettivo della reflex digitale, mentre ogni attimo è ripreso e reso immortale dalla videocamera ultimotipo ultimomodello.

Naturalmente non ricorderà niente del posto in cui è stato…  ma che foto ragazzi e che filmati! Cumuli e cumuli di cd e dvd che non verranno mai più rivisti…

Un giorno, tuttavia, sua moglie gli disse: “Penso di essere incinta!”

- SILENZIO


L’Uomo Tecnologico, forse per la prima volta nella sua vita, ebbe un attimo di smarrimento… ma poi si riprese subito.

“Benissimo, cara!” fu la sua risposta. E si mise all’opera!

Seguì la gravidanza della moglie passo dopo passo, stilando tabelle e grafici su:

- presunto peso del feto mese per mese in correlazione con la parallela crescita ponderale della madre;

- presunta data del lieto evento in base ad accurati studi astronomici ed astrologici;

- presunti caratteri dominanti del nascituro (colore occhi, capelli, carnagione e tratti somatici) in base ad accurate ricerche sui parenti e sugli avi dell’albero genealogico di famiglia.

Lesse i principali saggi in materia e si iscrisse alle newsletters di miriadi di siti specializzati in pedagogia e puericultura.

Acquistò preventivamente tutto ciò che avrebbe potuto servire alla futura mamma e al loro bambino: bilancia elettronica, monitor controlla bebè con ricetrasmittente, scaldabiberon, sterilizzatore, vaporizzatore, culla, passeggino, seggiolone, seggiolino auto e scaldasonno (quello, in effetti, fu un errore… però il commerciante fu comprensivo e gli fece un buono).

Finchè un giorno la moglie gli disse: “Ci siamo!”

“Benissimo, cara!” fu la sua risposta.

Ma nella sua mente cominciò a scorrere uno screensaver luminoso:

- …DANGER!... DANGER!... DANGER!... DANGER!... DANGER!... DANGER!... -


Entrò in macchina e, con l’aiuto del fido TomTom in un’ora riuscì a raggiungere l’ospedale in taxi (effettivamente era andato un po’ in confusione dopo aver compiuto per la quarta volta il giro dell’isolato).

E qui tra fatica, sudore, grida e spingi spingi, finalmente venne alla luce il suo primogenito.

L’Uomo Tecnologico era confuso, stordito, inebetito e, nello stesso tempo, felice e felice e felice e felice… e rideva e piangeva e piangeva e rideva...

Quando gli misero suo figlio tra le braccia lo screensaver scomparve e nella sua mente si delineò nitidamente un’altra scritta:

- FORMAT C:

Allora il bimbo, per un istante, lo guardò e telepaticamente gli disse: “Welcome to the real world!”

Con il ditino si avvicinò al cuore frastornato del papà e senza nessuna esitazione premette: INVIO.



Dedicato con infinito affetto all’Uomo Tecnologico, alla mitica Moglie 1.0 e al piccolo Giga.

 
 
 

Miramare, Miramonti, Belvedere

Post n°50 pubblicato il 03 Settembre 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

Quand’ero piccola l’estate iniziava e finiva con il mare. Quindici giorni con i nonni e quindici giorni con mamma e papà (baby sharing) mi fruttavano un mese di divertimento assicurato.

In più avevo il vantaggio di aver stretto un’amicizia fraterna e virile con il figlio del bagnino, privilegio che mi consentiva di accedere agli intrattenimenti più cool dell’epoca.

Infinite battaglie a soldatini che, in realtà, si esaurivano ben presto, ma che richiedevano piani d’attacco studiati fin nei minimi particolari e meticolose procedure di schieramento. Innumerevoli i dispersi sul campo, la maggior parte dei quali veniva poi puntualmente ritrovata solo il giorno seguente, alle prime luci dell’alba, in mezzo alle cicche di sigaretta e agli stecchini dei gelati, durante le procedure di setacciamento del fronte balneare operate dal bagnino-padre.

Faraoniche piste per le biglie il cui piano regolatore veniva stabilito dalle chiappe del primo malcapitato che si lasciava trascinare sulla sabbia (rovente) dal geometra di turno. Successivamente, a suon di secchielli di acqua marina, ne veniva delineata la struttura funzionale: rettilinei, bordo pista, curve paraboliche, incroci, passaggi e sottopassaggi.

Sanguinose guerre a palle di sabbia bagnata che vedevano fronteggiarsi due avverse fazioni di bambini urlanti e trincerati dietro ai canotti incautamente lasciati vicino alle cabine dagli ignari proprietari.

Tornei di bocce e di ping pong, sfide a qualsiasi gioco di carte (da “Rubamazzo” fino all’estenuante “Machiavelli”), lunghissimi bagni con o senza pattino, con o senza canotto, con o senza materassino, indimenticabili ore di scavi e sbancalamenti arenari condotti in riva al mare e, soprattutto, i pomeriggi passati insieme al mio amico a guardare “Carletto il principe dei mostri” mentre sua nonna puliva telline e preparava profumatissime zuppe di pesce.

Al ritorno da quelle vacanze tornavo nera come il carbone, con le tasche piene di Puffi (estorti soprattutto durante i primi quindici giorni di villeggiatura) e completamente toscanizzata nel linguaggio (e non vi dico la soddisfazione nello sfoggiare termini quali “ganzo” e “grullo” di fronte ai vari reduci di Pinarella presenti in classe).

Durante le elementari l’amore per il mare (per quel mare!) era smodato, assoluto e passionale.

E devo solo ringraziare i miei genitori se (del tutto involontariamente), all’affacciarsi dei primi tremori adolescenziali, decisero un bel dì di dedicarsi totalmente alla montagna!

Lunghe camminate tra la Val Gardena e la Val Badia mi hanno permesso di svalicare tutto sommato in scioltezza l’ansia per la prova costume, l’incubo del chilo di troppo, il mito della pancia piatta e della coscia scolpita nel marmo, lo stress del se-mi-guarda-vuol-dire-che-gli-interesso e tutti gli altri turbamenti estivi associati.

L’unico inconveniente era l’abbronzatura ed il doversi ripresentare a scuola, oltre che con la famosa “maglia del muratore”, anche con il “calzino dell’alpinista”!

Così il mare ha conservato per me il fascino intatto dei primi anni dell’infanzia e di recente, con grande gioia, sono tornata a trovarlo.

Attraverso gli occhi dei miei figli ho potuto riassaporare la felicità che provavo allora e posso vantarmi, oggi come vent’anni fa, di aver saltellato tra le onde, raccolto le conchiglie nel secchiello e costruito castelli di sabbia mentre la calda luce del tramonto teneramente abbracciava quell’immensa e meravigliosa distesa di ricordi.

 
 
 

Ringo People

Post n°49 pubblicato il 27 Agosto 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

-          Ah! Finalmente al mar... Fermati! Dove vai?!! Aspetta almento che appoggi la roba!!!

-          No, il gelato lo prendiamo più tardi!

-          E non alzare tutta quella sabbia! Attento alla signora!

-          Al parco giochi?!! Ma siamo appena arrivati! Non puoi stare un attimo sotto all’ombrellone?!!

-          Ma no!!! Il secchiello lo devi rovesciare in terra, non sul lettino!!!

-          Vabbè, dai! Andiamo alle altalene così ti metti tranquillo!

[…]

-          Te l’avevo detto di chiamarmi per scendere! Guarda qui! Avrai mangiato un chilo di sabbia quando sei caduto! Vieni in braccio che andiamo a lavarci…

-          No! Il gelato lo prendiamo più tardi! Prima andiamo a fare il bagno!

[…]

-          Dai! E’ ora di uscire, hai tutte le labbra viola! Ma non strillare! E’ un’ora che sei nell’acqua! Stai tranquillo, torneremo più tardi…

-          Ossignor!!! Ancora ‘sto gelato?!! Adesso ti vieni ad asciugare poi lo compriamo!

-          Ecco, mettiti sulla sdraio che ti scaldi un po’.

-          Uff! Finalmente mi posso seder… Cribbio! Il gelato!

[…]

-          La prossima volta gli faccio direttamente un assegno in bianco a quel cavolo di bar! Due euro per uno schifosissimo gelat… Ma no!!! Ma ti è già caduto nella sabbia!!! Ommisericordia!!! Vieni che ne compriamo un altro!

[…]

-          Bene! Adesso stai lì buono buono a giocare con le formine!

-          Ah! Finalmente un po’ di pa… La pipì?!!! Ma te l’ho chiesto tre secondi fa mentre eravamo al bar se dovevi fare la pipì!!! Andiamo, rompiscatole!!!

-          No, eh?!! I gelati sono finiti, il freezer è rotto e il vigile ha detto a quel-signore-del-bar che non si possono vendere due gelati allo stesso bambino perché fanno malissimo!

-          Mamma mia! E pensare che ieri, a quest’ora, me ne stavo così tranquilla in ufficio!!!


Questa è la dura vita di noi genitori da spiaggia!

Dietro super abbronzati e bruciati dal sole per la continua esposizione ai figli, davanti candide mozzarelle per l’assoluta mancanza di relax e all’interno… un cuore di panna!

 

 
 
 

Non abbandoniamoli!

Post n°48 pubblicato il 08 Agosto 2008 da Azzurro_Blu
 
Foto di Azzurro_Blu

-          Mamma!!! Guarda cosa ho trovato al parco! Posso tenerlo?!!! Dai, ti prego!!!

-          Ma sei matta?!!! Riportalo subito indietro!!!

-          Ma mamma!!! Non vedi che occhi tristi che ha? Sono giorni che lo vedo girovagare da solo, secondo me sono partiti per le vacanze e si sono scordati di lui!

-          Ma non abbiamo già abbastanza problemi?!!! Vecchio com’è non potrà che crearci dei fastidi! E poi dove lo mettiamo?!!

-          Uffa, mamma, sei sempre la solita egoista!

-          Insomma, le dica qualcosa anche lei! Non penserà sul serio di venire a vivere qui, eh?!!

-          Ma guardi, un po’ ci speravo! Sua figlia è stata così carina e gentile da farmi credere che in fondo la gente abbia ancora il coraggio di credere alle favole!


N.B.: immagine tratta da
http://umarells.splinder.com/

 
 
 
 
 
 
 
 
 

ISTRUZIONI PER L'USO

Azzurroblu è un progetto fatto in casa come le buone torte di una volta.

A volte serio, molto spesso ironico e allegro,

si propone di allietare con semplicità le tue giornate.

Ciò che trovi scritto è frutto dei due neuroni

che rimbalzano nel mio cervello.

Se ti piace passalo agli amici

come i giornaletti di quando eravamo piccoli.

Se hai voglia di contribuire aggiungi pure le tue creazioni.


Ti ringrazio per l’attenzione.

Buona lettura.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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