Kremuzio

Battere le mani è diventato molto facile. Basta seguire il tempo e le pause. A volte mi diverto a prendere una bacchetta, e mentre ascolto un talk show, la alzo quando ritengo che, secondo le indicazioni della regia, potrebbe essere il momento buono per farlo. E ci prendo sempre. Anche qualche zanzara se ha l’ardire di passare nelle vicinanze dell’applauso.

Uno dice: “è facile, quando il discorso mette in ballo alcune parole che chiudono un periodo che esaurisce un significato, allora la gente applaude”. Ma perché? A me sembra che ad ogni periodo concluso scatti il battimani a prescindere dalla cosa detta. Questione solo di ritmo, come quando uno annuisce di fronte ad un altro che parla. Gli intervistatori lo fanno sempre quando incontrano lo sguardo dell’intervistato. Dicono di sì. Anche se viene detta una cosa che va palesemente oltre la logica o è estremamente negativa. Sarebbe più opportuno dire di no, nettamente, o fermare lo sproloquio con un “ma che cacchio stai dicendo?”

Ed invece si continua. Ma l’oscenità dell’applauso basato sul ritmo sincopato dell’oratore pubblico davanti le telecamere, ricorda un duetto tra merli indiani. Finisce uno e comincia l’altro, senza sovrapporsi perché il loro orecchio finissimo capisce prima di noi quando è il momento di fischiare o ascoltare.

Poi ci sono i politici che chiamano l’ovazione specie quando dicono che è ora di finirla, adesso basta, con un escalation tonale che raggiunge l’apice proprio dove te l’aspetti, e sai che il punto è quello molto prima di arrivarci. Troppa esperienza nell’ascoltare, troppa nelle frasi fatte e nelle richieste di consenso.

Ci sono inoltre quelli che chiedono, con domande, l’ululato del pubblico, con domande retoriche e aizzamenti da capopopolo. Tipo “volete pagare meno tasse?”, “volete un calcio sugli zebedei”, “ora vi racconto una barzelletta” o altre frasi piene di nefandezze. E la gente applaude non perché si accende il cartello “applausi” ma perché il ritmo riconoscibile che porta al conato applaudifero fa ormai parte della risposta della massa, come respirare di nuovo dopo un momento carico di pathos durante un film.

Sarà la potenza dell’assemblea che sincronizza esigenze e risposte come le mestruazioni in un collegio femminile, o sarà che si vuole esaudire la richiesta e l’amor proprio dell’oratore, specie se dice una cosa stupida, oscena o puramente ridicola. Questo se in pubblico, meglio se osannante.

In privato l’applauso non va bene. Si preferisce ridere sguaiatamente, magari dopo una bestemmia o una battuta infelice, per dimostrare il proprio essere inferiore. E più ridi o applaudi e più ti metti in mostra e fai vedere come chi ti fa scaturire queste risposte esagerate sia bravo. Come anche per i fischi, ma questa è un’altra storia.

…e come diceva Santi Bailor, alias Nando Mericoni: “a spring entra l’applauso”. E come vorrei fare lo stesso quando sento quelli che si atteggiano a ducetti… 

http://www.youtube.com/watch?v=bxJBgLKO1ZE