Kremuzio

Come ad ogni cambio di stagione, sbucano dalla stampa notizie sullo yeti. Stavolta tocca alla Russia. O meglio alla Siberia del sud-ovest, nella zona di Kemerovo, i cui membri del governo, probabilmente per rinvigorire il turismo, hanno annunciato di aver trovato prove certe della presenza dell’abominevole uomo delle nevi. Cosa poi abbia di abominevole non ci è dato saperlo. Per cui continuiamo a chiamarlo Yeti, che secondo la lingua degli Sherpa significa “quella cosa là”. E quella cosa là, cominciata a vedere nel medioevo, ogni tanto si fa rivedere nei posti freddi e poco vissuti, abitati e visitati solo da montanari e scalatori. Che cosa sia e se esista davvero, non ci è dato saperlo. Oltre a prove tipo fotografie e calchi di orme, ed una specie di scalpo che somiglia più ad una noce di cocco. Non mi pare siano stati fatti esami del DNA, almeno per capire se si tratta di un omuncolo, uno scimmione o un orso, o un incrocio di queste tre bestie insieme.

Fatto sta che non se ne sa un granché, e si dà fiato solo a supposizioni che non fanno altro che alimentare la curiosità. Che però col tempo scema, e va ravvivata di tanto in tanto come col mostro di Loch Ness.

Dalle spedizioni dell’800 fino ad oggi, i vari esploratori hanno incontrato in più riprese questi grandi umanoidi. A volte dicono siano maschi, a volte femmine, ma tutti indistintamente puzzano terribilmente, e se sei sotto vento sei rovinato.

Mettendo il caso che le foto siano vere, dalle sagome di questi esseri-non esseri, sembra si tratti di scimmioni e non di orsi, viste le braccia lunghe. Però non così lunghe come quelle dei gorilla o degli oranghi. E ad osservare bene, la morfologia somiglia più ad un uomo ricoperto di pelliccia, un po’ curvo, che trascina le braccia oscillandole, e le gambe troppo, fin troppo umane.

L’ultimo grande guizzo mediatico avvenne un po’ di anni fa quando Messner affermò di averne incontrato uno, puzzolentissimo, che con grandi fischi cercava di comunicare o di spaventare il noto alpinista.

Ma se continuiamo a chiamarlo Yeti, allora dobbiamo pensare che si sia spostato dal suo habitat originario che per tradizione è quello dell’Himalaya o della Mongolia o del Tibet. O magari si inventeranno che si tratta di un ceppo famigliare che si è spostato chissà quando. Un immigrato, insomma. Come quelli nordamericani che sono stati rinominati Sasquatch o Bigfoot. Ma sempre degli stessi abominevoli animaloni si tratta. Che ora saranno l’attrazione delle montagne Shoria, in cui si trova questa caverna di Azasskaya con le tracce indiscutibili dello Yeti. Lo spostamento dei ricercatori occidentali per andare a studiare queste tracce, smuoverà una nuova ondata di pellegrinaggio turistico per andare a visitare le impronte, il suo letto e quei misteriosi segnali di demarcazione del territorio. Forse tracce di fetida urina come per i felini? Immagino la puzza…

In attesa degli obbligatori esami del DNA, passeremo il tempo ad ascoltare i resoconti di coloro che sono stati faccia a muso con essi, e gli immancabili filmati sfocati, distanti, senza particolari, di bestiole irsute, individui pelosi che in tanti anni non si capisce come facciano a sopravvivere o a riprodursi, visto che sono sempre così pochi e ben nascosti. O ben finti come quello famoso nel filmato sotto... Se osservate bene, oltre al fatto che si vede bene che la testa è una maschera, anche i piedi sono simili a suole di scarpa...

Sarà proprio a causa del loro fetore?