Kremuzio

Poche cose mi innervosiscono come le ore passate negli ospedali per problemi burocratici più che clinici. Io devo andarci almeno una volta al mese per il ritiro di un farmaco biologico che mi cura l’artrite, e già questo vuol dire che, entro l’orario mio d’ufficio, devo prendermi un permesso dal mio monte ore, e ci rimetto da un’ora ad un’ora e mezza. Praticamente tutte le ore di permesso che mi posso sparare.  E qui comincia lo scontro con firme, facce antipatiche, orari nazisti, dimenticanze, appuntamenti da rinnovare e le chiacchiere di quelli che attendono in fila.

Ma quel che c’è di peggio è che ogni 3-4 mesi, si deve rinnovare il piano terapeutico. Si comincia da un appuntamento dato 4 mesi prima. E vi pare che io me lo ricordi? Per niente, che neanche mi ricordo quando devo fare il ritiro. Allora comincia il giro di telefonate per rimandare, prenotare, appuntare, e la professoressa non c’è, e la farmacia è chiusa, e quella è in cinta e l’altra è in riunione. Allora visto che le procedure cambiano ogni volta, o almeno mi sembra, dato che una volta vogliono l’impegnativa, l’altra non me la chiedono, ed una volta ti chiedono le analisi, ed un'altra basta che mi vedono in faccia bellezza ed energia e capiscono che sto bene, cerco di essere puntuale con le date, con le analisi e tutto il resto, chiudo gli occhi e mi butto.

Venerdì scorso ci provo, vado per il piano senza il quale non mi danno il farmaco. Aspetto dalle 8:30 la dottoressa che c’è di sicuro ma nessuno ha visto. Attendo davanti la porta come un trovatello abbandonato in una scatola di scarpe davanti un convento, e aspetto. Chiedo in giro, parlo con infermiere e dottoresse e dottori e portantini e primari. Aspetto. Alle 10:30 mi dicono che probabilmente non arriverà. Allora fai la fila in farmacia per dire che non buttassero le mie medicine che devo tornare il lunedì successivo.

E mi stresso. Due ore di permesso buttate.

Ci torno oggi: alle 8:30 mi ritrovo a grattare come un gatto affamato la porta della professoressa. Non c’è! Porc. Aspetto e nel frattempo preparo i risultati delle analisi. Porc e straporc li ho dimenticati nella fretta stamattina. Tiro fuori il tablet e cerco di scaricarli dalla posta. Non c’è campo! Vago per i corridoi alla ricerca di un punto in cui poter avere una valida connessione. Mi sono accorto che muovendo un braccio ed oscillando con la testa come un ebreo al muro del pianto, la posta si scarica. Potenza del 3G!

Sono pronto adesso. Arriva la prof che mi si scrolla di dosso perché dovevo prenotare. Le dico che posso anche rimanere in piedi, basta che mi firma il piano. Vengo abbandonato nelle mani di un’altra dottoressa nervosa. Cerco di essere umile e fantozziano, che in certi casi serve per soffrire meno. Aspetto ancora davanti una porta chiusa. Vengo ricevuto e mostro il tablet. Mi dice subito che 'ma lei non lo sa che deve telefonare prima e poi prendere appuntamento e fare le analisi delle urine (propongo di farla lì ma fa finta di non sentire) e quattro mesi prima prenotare ancora e ritelefonare e bla bla bla..', con la scusa del codice fiscale mi cattura il tablet e se lo porta di là.

Aspetto e penso cosa potrebbe pensare di me se leggesse il blog e vedesse le foto che ci sono sopra? Quando torna scorgo uno strano sorrisino e noto il tablet aperto su pagine strane. Non ho ancora il coraggio di vedere se nella galleria di immagini mi possa ritrovare degli autoscatti della dottoressa, che dopotutto non era male… Mi abbia lasciato un “souvenir d’Italie” per dirla alla “amici miei”?

Per finirla con lo sfogo, dopo sole altre due file esco con il farmaco ed altri 2-3 appuntamenti da qui a 4 mesi, torno stremato dopo aver sofferto una specie di magone burocratico estenuante, appena in tempo prima che cominciasse il diluvio.

Meno male che non mi sono bagnato, se non altro.