Kremuzio

Non chiediamolo a Rostand che tramite la voce di Cyrano ci ha dato la famosa definizione, ma chiediamolo a Tatia Pilieva che lo ha chiesto e spiegato visivamente con un cortissimometraggio intitolato “First kiss”. In pochissimi minuti, la telecamera inquadra 20 coppie di uomini e donne etero e gay che, seppur non si siano mai visti prima di quel momento, vengono invitati a baciarsi.

Secondo la spinta, la motivazione, così come capitava e come si sentivano ispirati. Un po’ contronatura, a pensarci bene, ma non per questo scandaloso. Sappiamo tutti come sia importante questo primo approccio labiale, da attendere con costanza, pazienza ed agitazione, sempre in cerca del momento giusto da sferrare come un pesce che divora la preda o come un lento avvicinarsi dei visi e delle labbra, al rallentatore.

Facciamo per un attimo i guardoni, che spiare due che si baciano non è bello, è rubare un momento intimo altrui che non può dare soddisfazione, in quanto di solito la vista è l’unico senso che non viene utilizzato: ci si bacia ad occhi chiusi.

Già, c’è il tatto, il gusto, l’udito, l’odorato, scambi chimici, enzimatici, liquidi, ci sono giochi muscolari, tensioni, rilassatezze, rapidi movimenti, cresce il battito cardiaco, la pressione, il gioco… tutto tranne la vista. A volte si pensa, a volte no, ma si è immersi in un buio.  E se apri gli occhi e vedi gli altri aperti, ci rimani male… Sai che si perde qualcosa in questo. Forse un pareggio o no, meglio, una sconfitta per tutti e due.

Allora come per riprendersi l’ultimo senso, sappiamo che al cinema i baci hanno fatto la storia dell’espressione filmica. Ricordo da bambini il chiasso che si faceva al cinema parrocchiale quando i protagonisti si baciavano. Le urla le risate, lo scatenarsi perché non eravamo pronti. Un giorno avremmo capito la bellezza di quel gesto, ma non come sulle pellicole, quando quelle labbra strette si accostavano e si schiacciavano con sotto la musica irta di violini.

E neanche come nei film di adesso, con i rumori della labbra bagnate, con i saettamenti della lingua, i primi piani dettagliati della saliva e dei denti lucidi che fanno sembrare la scena del bacio un documentario di igiene orale.

In questa opera della Pilieva si possono vedere i tentennamenti, i sorrisi timidi, la vergogna nel primo sguardo, ma come per magia tutto passa quando finalmente uno dei due prende l’iniziativa e si avvicina, aiutato dalla curiosità, l’attrazione, il desiderio, la voglia e l’eccitazione. E tutto sembra scomparire: la telecamera, l’operatrice, gli occhi indiscreti, e ci si rilassa e ci si abbandona ad un gesto naturale. E capisci che non è un problema di conoscenti o conosciuti, di rapporti sociali o di suggelli. Anzi penso che sarebbe diverso e disagevole lo stesso gesto tra amici. E’ tabù. Ci sono di fronte due esseri umani, che anche se non si conoscono, fanno quel che l’istinto chiede di fare, e lo fanno bene (tranne i gay però, che non sembrano ispirati). Magari dopo se ne pentono. E quando ci si stacca torna la timidezza, la vergogna, il disagio, tutto quello che pochi secondi prima non si provava.

Un giuramento un po’ più d’appresso o un segreto sussurrato in bocca? Un filmato visto da decine e decine di milioni di spettatori: forse qualcosa di più…