Kremuzio

Ieri, un funerale. Una mia parente stretta, un’amica, e per la prima volta nella mia vita, più giovane di me. Ci ho pensato solo oggi. Non avevo mai partecipato alla morte di un parente più giovane. Due mesi all’ospedale, due giorni ultimi di crollo dopo la terza chemioterapia. Inutile ora ragionare sul fatto che si sarebbe potuta salvare con cure migliori. Non serve pensarlo. Probabilmente sono stati fatti degli errori. Basta entrare in un ospedale per capire che si può sbagliare. Basta vedere la fatiscenza, i pavimenti lucidi e puliti con mura macchiate di umidità, con le zanzare spiaccicate, con i bagni brutti e le porte che non si chiudono perché sono rotte. Con l’aria condizionata che non funziona mentre fuori continua ad essere un agosto torrido. Con la professionalità ed umanità degli infermieri che non possono far nulla contro la decadenza delle strutture, che debbono fare straordinari su straordinari mal pagati per mancanza di soldi. Però stanno ristrutturando, in altri padiglioni, sempre in altri che un giorno, forse, saranno aperti con nuovi fantascientifici macchinari, mentre oggi c’è solo un elettrocardiografo che funziona male. Domani sarà meglio, sarà un altro giorno.

E quale efficienza quella dei portantini, quando all’una di notte siamo andati a svuotare il comodino, a togliere tutto dall’armadietto, solo mezz’ora dopo il decesso, e subito venivamo informati che i loro prezzi per le esequie erano quelli del comune e che il listino variava dai 1700 ai 5000 euro tutto compreso. Quando si dice la professionalità fino in fondo. Anche quando allungano la mano per la mancia, lo fanno con gesti naturali ed allo stesso tempo studiati, con sorriso di circostanza e frasi di cordoglio.

La stessa professionalità di chi portava il pranzo e lo metteva sul tavolo, e poi lo veniva a ritirare dato che la paziente non poteva mangiare se non c’era un parente a sforzarsi di imboccarla. Se non altro non fanno più storie quando arrivi fuori degli orari delle visite. Hanno capito che possono lavorare di meno se lasciano fare ai parenti incombenze che lo stato dovrebbe offrirti. Ma non fa niente. Già è tanto che non ci fanno comprare le “costosissime” cure, le flebo, le pillole, la morfina, da qualche agenzia. Ma ecco che un altro calvario inizia, quello del districarsi tra le telefonate delle altre spettabili ditte che hanno i numeri telefonici simmetrici, che sono venute a sapere tramite il solito tamtam, e che con le condoglianze offrono servizi con gli stessi prezzi del comune che non sono mai uguali ai prezzi del comune fatti dagli altri e neanche a quelli del comune stesso, che si vede bene dal dire quali siano. Chissà perché.

Allora andiamoci agli uffici del comune anche se è domenica. Loro, gentilissimi, dicono che sarà difficile fare qualcosa per sistemare la bara in un fornetto vicino a quello dei parenti, dei genitori, ma faranno di tutto, combattendo contro la burocrazia. Che bravi. E come fanno finta, con professionalità, di non accettare la busta con i 50 euro di mancia, una volta accontentati i cittadini.

Loro dicono che a Roma muoiono una 40ina di persone. Non so se sia vero, ma penso al vorticare di buste giornaliero. Ora tocca a tutta la pletora di lavoratori che fanno da cornice alla macchina comunale. Dobbiamo solo pensare a trovare un certo numero di banconote da 10 euro. Ai bancomat è difficile, che ormai danno solo pezzi da 20 e da 50. Ci si riesce con difficoltà. Sembra la scenetta di Fantozzi all’ospedale quando andava a cercare qualcuno per far abortire la figlia Mariangela. È un vorticare di banconote. Addetti, muratori, trasportatori, autisti, quelli che portano i fiori, quelli che sollevano la cassa fino al secondo piano. Quelli che vengono solo per controllare che sia tutto a posto. Ma alla fine la giornata finisce. Con una tristezza infinita, e non ce la fai neanche a mischiarla alla rabbia. E capisci, scherzandoci sopra per sdrammatizzare che dopo l’estrema Unzione, ti tocca anche ungere i meccanismi della estrema mungitura del cittadino, fino alla fine.