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Intrappolato in un cimitero

Post n°304 pubblicato il 02 Novembre 2009 da kremuzio
 

Siete mai rimasti chiusi in un cimitero, di notte? Io sì. E me lo ricordo, in questa giornata triste, da alcuni punti di vista, ma anche meno triste secondo altri modi di visione della vita, sempre che la vediamo diversamente. Ma mi piace cominciare con quella barzelletta, che credo sia romana, in quanto è molto simile al modo di pensare a proposito dei defunti che noialtri ci portiamo dentro, forse per sdrammatizzare, per elaborare i lutti.

E’ un gioco di parole… Uno dice “oggi ricorrono i morti… speriamo che vinca mio nonno.”

La visita agli “alberi pizzuti” come chiamiamo i cipressi che da sempre circondano i luoghi di sepoltura, per creare una cortina, per ripararli dagli sguardi e dal vento, è una tradizione consolidata ed immancabile.

I visitatori portano fiori da mettere nei vasi, sulle lapidi, sulle nicchie, in quelle cellette numerose, ordinate nella posizione ma così diverse nello stile, nell’allestimento, nelle luci, a volte nelle forme e nei colori.

Le stanze in cui si suddividono i grandi edifici di tre piani sembrano essere disposte per farti perdere se non conosci le coordinate dei tuoi parenti che stai andando a trovare. L’odore è sempre lo stesso, di umidità, di fiori secchi, di sporco, ma anche di fiori freschi, che non sai quanto dureranno. Vengono lavati, tagliati a misura del vaso, ma dopo aver buttato quelli vecchi, o meglio quel che resta, zeppi contorti e secchissimi, buttati con un sol movimento nei grandi secchioni.  Primaporta è enorme, potrebbe essere una città come estensione. Non è come il Verano, il cimitero monumentale, dove ormai non fanno seppellire più nessuno che non abbia il posto riservato. All’interno del cimiero posto fuori il raccordo ci sono gli autobus che girano e trasportano le vecchiette che cambiano i fiori ai mariti che non sono più. Puliscono i marmi, tolgono le ragnatele, tantissime anche se non vedi ragni o mosche. Le puoi trovare che parlano e raccontano le novità alle foto antiche, a colori, in bianco e nero, ritratti professionali smaltati a forma di ellisse, o vecchie foto a colori che li bloccano in pose naturali, magari durante una scampagnata.

E ci si può perdere quando non ricordi in quale palazzina, quale piano, stanza, fila è sepolto chi stai andando a trovare. E’ accaduto. La sera era arrivata troppo presto, e l’oscurità era piombata a tradimento. Troppo tempo perso a cercare, a leggere i nomi sulle lapidi, a cercare di ricordare qualche nome che ti dia la certezza di essere almeno nel padiglione giusto. Ma sembrano tutti uguali i cognomi. Per ogni lapide che incontri fai un rapido, inutile calcolo, automaticamente senza volerlo, e il numero che tiri fuori è quello degli anni che queste persone hanno vissuto. Chi bene, chi male, chi così così, chi ha perso tempo, che se lo è goduto fino in fondo. Tutti uguali adesso, come diceva Totò, nonostante le lapidi sporche o pulite, nonostante le rose o le piante grasse, nonostante le lucine accese o quelle spente per morosità. Non ci sono molte luci accese per indicarti la strada, oltre l’orario di visita. Alcune finte fiammelle oscillano tremule e proiettano ombre che ballano sulle mura piene di fiori e macchie e foto. E pensi che a quell’ora sei solo, in un posto in cui poco tempo prima c’era un sacco di gente, rumorosa, indaffarata. Ora sono tanti ma soli lì dentro che riposano in silenzio. Immagino quelle bare rinchiuse dietro quelle lapidi, quei diaframmi di cemento, ma scaccio il pensiero, non mi piace.

In lontananza sento una strana musica, una melodia ripetitiva, discreta ma noiosa, sgraziata senza accordi, note singole che si susseguono. Cerco la fonte. Arrivo in un’altra stanza, giro per le stanze finché capisco la provenienza. Un giocattolo, una cornicetta suona una lambada. La foto al suo interno è quella di una bambina. Non leggo quanti anni avesse, non faccio calcoli stavolta, e me ne vado. Trovo ciò che cercavo, spolvero un po’ il ripiano con uno straccetto preso in prestito dalla tomba vicina. Spero non se la prenda a male, in cambio do’ una spolverata anche al vicino.  Butto le piante secche, metto il mazzolino nuovo. Una preghierina come se fossi un bambino, e me ne vado lentamente. Voglio godermi quel posto ora che non c’è più nessuno, nella luce fioca. Non ho paura, anzi mi piace quel silenzio irreale lontano dalla musichetta della lambada. Raggiungo lentamente i cancelli chiusi girando con la moto a fari spenti lungo gli enormi vialoni. Sono solo ed aspetto un guardiano che apra per farmi uscire. Dopo neanche mezz’ora di attesa sdraiato sul sellino esco e lascio un pensiero a tutte le persone che furono e che rimangono lì dentro.

E ieri è morta una grande poetessa. Ciao Alda.

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Commenti al Post:
anonimo.sabino
anonimo.sabino il 02/11/09 alle 11:03 via WEB
Sarà un gioco di parole anche dire li mortacci o cerchiamo di far pagare almeno post mortem ai padri il fatto che loro l'abbiamo fatta sempre pagare ai figli?
(Rispondi)
 
kremuzio
kremuzio il 02/11/09 alle 11:23 via WEB
Beh, no, si tratta di un larvato riferimento al fatto che, purtroppo, qualcuno degli avi, ahimé scomparsi, si sia riprodotto in maniera sessuata e di generazione in generazione il risultato sia un individuo deprecabile. Sì, Shakespeare l'avrebbe detto meglio... Ma è bonario come "limorté" o "taccitua". C'è pure quella canzoncina "Limorté e Taccitù eran due fratelli indù: Limorté ciaveva sonno Taccitù e de tu nonno..." con musichetta orientale.
(Rispondi)
principessa.62
principessa.62 il 02/11/09 alle 13:00 via WEB
Trovo molto interessante girare per i cimiteri e leggere le didascalie sulle tombe di chi non ho mai conosciuto, mi piace leggere quelle poche righe dove è racchiusa la storia di una vita finita tragicamente in un incidente o stroncata da una malattia o peggio ancora quelle vita di giovani e bambini che sorridono "alla vita" che non hanno più. Mi sembra di leggere piccoli racconti di vita vissuta. Ed ogni storia è diversa dall'altra e da quelle poche righe ne traggo un insegnamento, la bontà d'animo di alcuni da tenere come riferimento, lo spirito di sacrificio di altri da tenere come esempio, la felicità e la gioia di vivere nei bambini. Non si finisce mai d'imparare!!
(Rispondi)
 
kremuzio
kremuzio il 02/11/09 alle 14:22 via WEB
Sì, esistono miliardi di storie complicate, che sarebbero potute essere differenti se... Se solo ci fosse stata una deviazione? chissà, o forse il destino alla fine non vede i bivii.
(Rispondi)
kaka2705
kaka2705 il 02/11/09 alle 13:07 via WEB
...spero tanto vinca il mio..ahahah....uno dei due....almeno.....;-))....ciao...bacius..k.
(Rispondi)
 
kremuzio
kremuzio il 02/11/09 alle 14:23 via WEB
Facciamo così, mio nonno vince quest'anno ed il tuo l'anno prossimo. Ma non lo dire in giro sennò mi mettono dentro per il nonno-scommesse! Bacione!
(Rispondi)
terra.8
terra.8 il 02/11/09 alle 13:12 via WEB
Adoro passeggiare per i cimiteri.Io vivo a Ferrara,vicinissima ad una magnifica Certosa.Non si contano le volte che ci sono ,appositamente, rimasta rinchiusa anche di notte. Mi piace leggere le lapidi e mi scappa anche da ridere alla lettura di nomi incredibili.Uno per tutti, una signora morta nel 1935:Nome Vascadella Cognome Fontana. Bhe se questa da grande uccideva i genitori aveva buoni motivi! Comunque quando cammino per i vialetti mi viene spontaneo raddrizzare un vaso, togliere lo sporco da una lapide dimenticata,lasciare ( mentalmente) un canto.Mi unisco a te nel saluto ad Alda, grande , grandissima.
(Rispondi)
 
kremuzio
kremuzio il 02/11/09 alle 14:29 via WEB
Beh, mi sembrava strano, per cui ho fatto una ricerca su google alla ricerca di una santa Vascadella ma ho trovato un articolo del corriere della sera che tra l'altro scriveva: "...mentre un idraulico di cognome Fontana per i due figli ha scelto Vascadella e Zampillodi". Ora dovrai vedere anche l'altra tomba, ma attenta a non bagnarti i piedi...
(Rispondi)
blu_dada
blu_dada il 02/11/09 alle 15:51 via WEB
Sai una cosa Krem? Ultimamente sono stata ad un funerale di un uomo amabile, che ha vissuto una vita molto lunga in un paesino vicino al mare. È stata la prima volta che un cimitero non mi ha trasmesso tristezza. Era piccolo e in collina, e non c’erano i palazzoni a più piani. I viali erano antichi con l’erba che cresceva fra le grandi pietre grigie. Erano come sentieri in un piccolo bosco. Si vedeva il mare da molti punti, e si poteva sentire il suo profumo. Era un posto calmo, che induceva al raccoglimento. Nelle grandi città i cimiteri sono troppo grandi...questo non mi piace. Capita che ti perdi, quando già sei perso.
Ciao Krem, sono un po’ triste... ma è normale in questo giorno esserlo. Un sorriso, però, te lo lascio lo stesso.
^----^
(Rispondi)
 
kremuzio
kremuzio il 02/11/09 alle 17:23 via WEB
Dadà, i cimiterini li conosco, quando ci passo vicino ed ho un po' di tempo mi fermo ad osservarli, entro e leggo sempre gli stessi cognomi. Non faccio calcoli sull'età, ma calcoli sulle famiglie numerose ed i vari intrecci. A volte capita che qualcuna di queste tombe, per smottamenti o terremoti, si apra, e curioso mi affaccio per vedere il contenuto. Ed ogni tanto vedo un cranio che occhieggia fuori come a cercare la luce. Quando passi da queste parti, fai un salto al cimitero "degli inglesi" dietro la Piramide. Ci sono vari e famosi non credenti, dove fra tutti spiccano Gadda, Gramsci, Keats e Shelley. Ma attenta ai gatti: sono un po' forastici da quelle parti.
(Rispondi)
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