Creato da Vasilissaskunk il 16/06/2008

ALIVE IN THE NIGHT

(foto di viaggioMIE)

 

 

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La lepre la luna e la cernia _open_UNDER_water_UP-ground

Post n°323 pubblicato il 27 Gennaio 2021 da Vasilissaskunk
Foto di Vasilissaskunk

 

Scriverò di due cose che apparentemente non centrano molto una con l'altra ...ma entrambe colgono l'essenza dell' importanza di cogliere i dettagli minimali in primo piano ... cogliere la meraviglia di un dettaglio ... sono i dettagli quelli che contano ... sono i dettagli a riempire i vuoti e a delineare visioni ...

Il primo terrestre è che già due sere  grazie a Google maps passo per una via di campagna della bassa padana... asfaltata certo ma strettissima, dove qualora incontrassi un'altra macchina,  mi metterei a piangere in quanto facendo la retro sicuramente potrei cadere negli alti fossi che la circondano sia da un lato che dall'altro .... Non a caso si chiama via degli argini... battuta pero' questa paura e con occhio sempre attento alla strada ... beh è gia due volte che in gran campo arato nell'oscurità vedo una lepre ... non so dirvi se sia la stessa o meno ma è come se il mio sguardo ( e questo l'ho gia detto in un precedente post, mi richiami a voltarmi )   sopra di lei la luna e il buio ( avete mai guidato fuori dalla città dove non c'è inquinamento di luce?  ) ... è un attimo soltanto perché poi lei scappa e io devo proseguire nel percorso ...ma i miei occhi grandi grandi si illuminano di incanto ed è un dettaglio ...un attimo e si è oltre .... La lepre e la luna ...

 

Altro ambiente quello marino, in gioventù circa metà degli anni che fui,  sperimentai l'esperienza di essere sub e fare immersioni ... io non so se avete mai provato ma anche qui un emozione grandiosa scendere nel mare che badaben badaben è diverso dal nuotarci in galleggiamento ... li ti rendi conto che sei ospite di un latro mondo  ...si respira con un qualcosa che non è del tuo corpo e quest'ultimo subisce delle trasformazioni di cui devi  tenere ben considerazione se vuoi sopravvivere ... un esempio ? quando risali mai fare apnea ma respirare costantemente,  perché i polmoni si rimpiccioliscono in profondità e se ci lasci dentro l'aria che hai respirato  a trenta metri quando arrivi a 10  questa si dilata e ti fora il polmone ... alla toscana : così fo' pe' dire ... dunque pero' sono un po' naufragata nel discorrere ... volevo invece raccontare di quando feci l'immersione vicino alle Bocche di Bonifacio a Lavezzi ... due particolari ...a parte lo scenario da favola: le stesse rocce lisce che caratterizzano la Sardegna fuori le ritrovi sotto in balzi di balconate che si affacciano su acqua che tende dallo smeraldo al profondo blu ... corrente pesissima tant'è che per scendere bisognava tenersi ad una corda ... giunsi con il gruppo sul fondo e li arrivarono le cernie giganti  (  dire il vero vi erano piu' sub che cernie ) ...una in particolare si mise in mezzo al cerchio degli umani bolleggianti e si girò proprio verso di me ... il nostro sguardo si incrocio' e in lei colsi l'espressione della faccia di Aldo Fabrizzi ...  sai quando bofonchiava "AH Commissa'" ... poi di scatto svolto' via avendo perso in me l'interesse ...e andò altrove ...ed io mi ripromisi di non mangiare più pesce ... fu  solo pero'  qualche decennio  fa che decisi che io gli animali non li avrei mai piu' mangiati ...

 

 

 
 
 
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Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare  ...

 

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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)

Signor, e’ non passò mai peregrino,
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.

 

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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA

(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.

 

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