L'uomo illustrato

Sono vere perché alternative? E a cosa?

(il riferimento è al famosissimo Esericizi di stile, la foto è del matematico francese) I fatti sono veri, insindacabilmente veri, quello che cambia sono le molteplici interpretazioni dei fatti (visioni nel senso di punti vista); il punto cruciale è il purtroppo non so se inconsciamente il purtroppo ha una valenza negativa o positiva. Chiedevi di alternative? Alternative al mio primo pensiero, interpretazione.

Ho letto degli "Esercizi di stile", ma erano quelli di Queneau... quindi di tutt'altro genere.
Un fatto è sempre dato per vero, oggettivamente parlando. Ma nel momento in cui quel fatto è considerato da una persona non diviene automaticamente (e sempre) interpretazione? E l'uomo ha la capacità di oggetivizzare al punto da trovare la verità pura dell'atto? Non è sempre e comunque portato a dare di un atto la sua "versione"?

Un fatto è un fatto, ma la sua interezza non è solo nelle azioni che lo compongono.
Non credo si possa arrivare all'oggettivazione pura di un fatto; la versione unica è qualcosa di irraggiungibile e forse di inumano, è un po' come il pensiero unico non lascia alcuno spazio ad alcuna discussione.

Riconoscere l'entità unica di un fatto senza poterla individuare in maniera oggettiva. Non è frustrante?

non mi pare; nella vita di tutti i giorni ci sono molti fatti che possono essere oscuri o semplicemente interpretati male, ma non mi sembra che la gente si tolga il sorriso solo per questo.

Sì, questo è vero. Ma riflettendo in maniera specifica sul problema, penso sia filosoficamente e umanamente frustrante non riuscire a raggiungere tale oggettività. Ci si "accontenta" si sapere che c'è.

E' come la verità puoi negare che esista, ma poi sul piano esistenziale bisogna assumersene la responsabbilità. Socrate negava la raggiungibilità della verità (non l'esistenza), ma non per questo la vita perdeva un senso, anzì.

molte delle visioni alternatibve della nostra vita, dei suoi eventi, sono vere nelal misura in cui sono veri i modi in cui veniamo interpretati dagli altri. c'è spesso una scollatura, impercettibile o profonda, tra come percepiamo noi stessi e come veniamo interpretati dagli altri.

Non esiste una vera oggettivazione di un evento della vita, quello che ci rimane è sempre una visione soggettiva dello stesso, filtrata dalle nostre emozioni, intenzioni, desideri.
Rimani il fatto che la scollatura più grave è tra quello che siamo e quello che percepiamo di essere, possiamo passare in secondo piano come ci percepiscono gli altri (a seconda dell'importaza che questi altri hanno per noi), ma sicuramente non possiamo sottacere sul rapporto con noi stessi.

Interessanti anche i commenti.

molte volte non so difendere le mie idee, ma il fatto ci disuctere comunque non mi dispiace