J'ai plus de souvenirs que si j'avais mille ans. ( C. Baudelaire)
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William Xerra
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Se penso al calcio, penso alle emozioni e non solo ai numeri, perché sono le emozioni che rimangano impresse più del risultato.
Penso a Garrincha ai suoi dribbling fenomenali con quella gamba più corta dell'altra, a Puskas che in allenamento si divertiva a tirare sul palo per dare coraggio al portiere, a Maradona che era capace di inventare un goal partendo dalla proprio metacampo, a Pelè che a diciotto anni guidava senza paura il Brasile e che vinse tre campionati del mondo, a Matthäus che ebbe paura di tirare un rigore durante la finale di Coppa del mondo, a Platini e le sue punizioni e le sue giocate che sembravano sempre facili, a Van Basten alla sua capacità di disegnare parabole impossibili, a Yashin fino a 25 anni costretto a fare ai portiere di hockey su ghiaccio, all'Olanda di Cruiff che non vinse il mondiale del 1978, ma tutti si ricordano solo di lei, a Sivori con la sua voglia di irridere a tutti i costi l'avversario, a Zamora detto il divino con il suo immancabile cappello, a George Best tanto geniale quando autodistruttivo così che a 25 anni era praticamente un ex-calciatore, a Vierchowood, Di Livio, Maldini, Costacurta, Romario per cui il tempo sembra essersi fermato nel momento in cui scendono su un campo di calcio, a Zidane con il suo tocco felpato, a Passarella, Baresi, Scirea, Beckenbauer grandi testimoni di un ruolo che non esiste più, a Valentino Mazzola e alla drammatica leggenda del grande Torino, a Zoff che a 40 anni era ancora li a vincere una coppa del mondo, a Di Stefano e il suo grande Real Madrid, talmente grandi entrambi da sembrare solo leggende.
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