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... chiamale se vuoi emozioni...

Post n°96 pubblicato il 26 Marzo 2007 da il_presidente77
 
Tag: Altro

Se penso al calcio, penso alle emozioni e non solo ai numeri, perché sono le emozioni che rimangano impresse più del risultato.
Penso a Garrincha ai suoi dribbling fenomenali con quella gamba più corta dell'altra, a Puskas che in allenamento si divertiva a tirare sul palo per dare coraggio al portiere, a Maradona che era capace di inventare un goal partendo dalla proprio metacampo, a Pelè che a diciotto anni guidava senza paura il Brasile e che vinse tre campionati del mondo, a Matthäus che ebbe paura di tirare un rigore durante la finale di Coppa del mondo, a Platini e le sue punizioni e le sue giocate che sembravano sempre facili, a Van Basten alla sua capacità di disegnare parabole impossibili, a Yashin fino a 25 anni costretto a fare ai portiere di hockey su ghiaccio, all'Olanda di Cruiff che non vinse il mondiale del 1978, ma tutti si ricordano solo di lei, a Sivori con la sua voglia di irridere a tutti i costi l'avversario, a Zamora detto il divino con il suo immancabile cappello, a George Best tanto geniale quando autodistruttivo così che a 25 anni era praticamente un ex-calciatore, a Vierchowood, Di Livio, Maldini, Costacurta, Romario per cui il tempo sembra essersi fermato nel momento in cui scendono su un campo di calcio, a Zidane con il suo tocco felpato, a Passarella, Baresi, Scirea, Beckenbauer grandi testimoni di un ruolo che non esiste più, a Valentino Mazzola e alla drammatica leggenda del grande Torino, a Zoff che a 40 anni era ancora li a vincere una coppa del mondo, a Di Stefano e il suo grande Real Madrid, talmente grandi entrambi da sembrare solo leggende.

 
Rispondi al commento:
Xeinar
Xeinar il 27/03/07 alle 00:18 via WEB
E ce ne sarebbero tanti altri da citare... Sarà che soffro di nostalgia cronica, ma per me gli ultimi sprazzi di romanticismo nel calcio si sono esauriti col Torino delle finali di coppa Uefa contro l'Ajax.
 
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