Canzone,io credo che saranno radi
color che tua ragione intendan bene,
tanto la parli faticosa e forte.
Onde,se per ventura elli addivene
che tu dinanzi da persone vade
che non ti paian d'essa bene accorte,
allor ti priego che ti riconforte,
dicendo lor,diletta mia novella:
"Ponete mente almen com'io son bella!"
Dante,Convivio.
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Post n°181 pubblicato il 14 Ottobre 2013 da woodenship
Siedi ch'è tardi stanche le gambe che l'aria gela ad un po' di calore pensi che ti sovviene l'inferno il diavolo ne sbuca serio parlando piano e costante di Creso e di Ciro ti dice dice di Colei che scroscia dice che piove |logica fragile che Acqua intride |volerla imbrigliata logica fragile |quando di Colei è tempo nel letto si enfia fiumana |Colei assassina tracima esonda... | Colei che si fa madre E' tempo per Colei ch' è Acqua | che le corrisponda saetta che già squarci il sudario nel buio | atterrendo sul petto acquattandosi impudica | illividendo che della vittima è ultimo il rantolo | illuminando rilasciando fiele dai seni di torba | lampi da tregenda al suo cospetto risalti il pallore | nell'orrore svelando l'inganno già che gli angeli sono mortali | sono deperibili gli angeli E vecchio il diavolo di Erodoto indossa il chitone ti si avvicina tutto di bianco che la notte è fresca ti dice della testa di Ciro affogata nel sangue sussurra dice dell'artigiano imbalsamatore di Luxor dell'anima ti dice dice degli angeli poi che presto s'appannano infine degradano restando ossa segnando della vita il confine a tanto dalla culla ancora lì saranno alla struscia del vento assoli di fischi e brusii canzone nel vuoto tra costole pettinatura d'erbe e fiori di campo. Della dipartita tutto il cordoglio della solitudine non allevia l'orgiastica vicenda umana:è l'enigma | falso enigma è l'anima riproposto sempre nuovo | opera del mercante di Tuscia che pare sentirlo estenuante | etrusco vagabondo solitario incessante prorompere dal rigore | esule per le steppe di Scitia irrevocabile di morte | artista di atomi e molecole in angeli se un'anima nel corpo c'era | plagio ha da essere l'anima dove possa o in che riparo sia | già nel riverbero risalta o se mai dalla carcassa se ne sia | spettro dell'astro che fu distaccata convolando inconscia | stella riducibile sull'onda cullata via dalla melodia | luccichio labile oltre Aldebaran e più lontano | arrivata in vena è Colei oltre l'ultima galassia | che già muta geografia in comunione arcana di energie | con dita di ghiaccio fruga celesti e misteriose motrici astrali| annacqua rimuove dice | dice | dice | t'inganna che pensi che credi che ti stia parlando ma è solo senescenza malattia che fa latrare alla notte arringare folle nell'ombra |
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S c c c a c c c e c e e c d t s a c
Ho provato ad isolare le lettere che hai scritto in maiuscolo.
C’è una forte preminenza di “c”.
Mi piaceva da bambina immaginare colore e forma delle vocali e dei numeri. Poi ho scoperto “Vocali” di Rimbaud e mi sono sentita defraudata di un gioco.
Ora provo a giocare con te, perché non le ritengo casuali..
Parto dunque da quella C che domina.
La lettera C l’ho sempre immersa nel mondo, a lui aperta. Accogliente e materna come un bianco grembo in cui rifugiarsi. Una sedia di bambu ammorbidita da un cuscino di E - l’altra lettera che ritorna –
Perdonami, non voglio sminuire questa splendida poesia: è che mi ha colpito oltre le parole e le immagini e palco col gioco la commozione :)
Mi ha restituito una magica sensazione che avevo vissuto qualche tempo fa quando, immergendomi in un freddo torrente di montagna, sono tornata alla vita.
vedi che ti fanno gli occhi umidi? ^_*
ma hai fatto volare la mia fantasia e questo dono è proprio dei poeti, mio caro wood ^_*
Te la dono perchè a volte, senza volerlo, un’ immagine, un quadro, una lettura mi fanno volare i pensieri e arrivano le storie
Correva il VI secolo a.C. e Pitagora soggiornava a Metaponto.
Era giunto con la voglia di aprire ancora una volta una scuola, sapeva che qui avrebbe chiuso i suoi giorni e voleva lasciare memoria di sé.
Presto attorno a lui si raccolsero molti giovani metapontini a cui raccontava la sua sapienza. E le idee si intrecciavano, si arricchivano della scienza del maestro e dell’intuizione degli allievi.
Quando finiva il giorno raccontava un po’ di sé.
Sono nato a Samo, figlio di un ricco commerciante di anelli e di una donna di nome Parthenis. La Pizia di Delfi aveva predetto ai miei genitori: - Avrete un figlio che sarà utile agli uomini di tutti i tempi -
Amavo molto viaggiare e mi spinsi nel lontano oriente dove appresi le antiche dottrine.
Un giorno, sono dovuto anche scappare dalla mia patria per sfuggire alla tirannide di Policrate e giunsi a Crotone dove fondai una scuola.
Trasmettevo la dottrina segreta e la tramandavo a voce agli iniziati che, soli, potevano conoscerne i precetti. Per accedere alla scuola bisognava seguire rigide regole, tra cui il divieto di mangiare le fave, legume che non sopporto e a cui forse sono allergico.
I Crotonesi si ribellarono e mi cacciarono e mi sono rifugiato a Metaponto.
I discepoli ascoltavano e si immergevano nella magia dei numeri, l’origine di tutte le cose.
Tra tutti un discepolo a cui era molto affezionato. E con lui, la sera al crepuscolo, amava salire sulla collina per ammirare il tempio di Hera.
C’era una grande armonia in quel tempio e, quando si stagliava nel tramonto, si sentiva gorgogliare la sacra sorgente presso cui sorgeva.
Là, sull’ultima ondulazione degli antichi cordoni litoranei, si captava la vita dell’antico villaggio neolitico e i pensieri fluivano e si articolavano in teorie matematiche, affermazioni filosofiche, intuizioni musicali.
Ascolta – diceva – la musica delle sfere celesti è un’armonia difficile da sentire, ma è continua, costante.
E, osservando il sole che declinava, pensava alla sua morte senza paura.
Sapeva che l’anima immortale era condannata da una colpa originaria a trasferirsi da una sostanza corporea all'altra in un ciclo di reincarnazioni che non si sarebbe interrotto finché non si fosse purificata.
Ma il vecchio filosofo conosceva le regole da seguire per interrompere il ciclo della metempsicosi: erano particolari rituali che si fondavano sui principi dell'armonia e della proporzione matematica. Ed erano questi i riti che egli confidava al suo discepolo prediletto sul far della sera, lasciandosi scaldare dagli ultimi aranciati raggi del sole..
E lo sguardo andava lontano…
Di questo tempio un giorno resterà parte del colonnato esterno e lo chiameranno le Tavole Palatine forse per ricordare lotte di valorosi cavalieri, guidati da un re mite e coraggioso, ma il mio nome resterà qui a memoria d’uomo…
Così sorrideva il vecchio filosofo scendendo la collina e appoggiandosi al braccio del devoto discepolo…
che il sonno scenda lieve...
l'ho studiata e poi ho amato Le Variazioni Goldberg di Bach
E cosa resta da fare se non scavare sempre più in fondo sempre più giù, fino a trovare un nulla che ci racconta qualcosa, o ci raccontiamo di un niente che sa di una piccola storia, di un trampolino sul mare di luce.
Saltiamo. E quando si è in volo tutto si spegne e il mare è un cemento di freddo.
E poi sprofondare in quel grigio dolore. Le mani nervose invocano l'aria, l'ossigeno, una bolla di speranza. Nulla.
Che cosa? E poi, perché? E ancora, e di più, quando?
Ma i perché e i percome si sprecano, ruzzolando giù sulle strade.
Complimenti, W...sempre Unico, quale maestro di penna e di pensiero.Con affetto amicale...
Un abbraccio infinito, amico d'immenso.
virgola