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delirio

una spirale

 

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...E non sentirli

Post n°216 pubblicato il 12 Maggio 2014 da woodenship

Il posto aveva un'aria assai modesta. Uno di quegli alberghetti che lui conosceva molto bene, a causa del suo lavoro. Però il tizio alla reception era burbero ed altezzoso, anche troppo, dato il luogo. Nonostante il concierge fosse lì a questionare da tempo, non pareva
dare segni di stanchezza o cedimenti. Tanto che lui, cliente, non riuscendo a venire a capo della faccenda, stava per gettare la spugna. Ad un tratto, preso da un impeto di disperazione, il disgraziato, provò a fare un ultimo assalto:
-Ne è proprio sicuro?- Chiese con voce più ferma che gli riuscì.
-Certo- Rispose il portiere con calma olimpica.
-Controlli bene.
-No sbaglio mai.
-La prego.
-Così stan le cose.
-Non è possibile: secondo i miei calcoli non ci sono ancora.
-Invece lei c'è sì: i suoi calcoli sono sbagliati.
- Ricordo bene tutto ciò che ho fatto e i tempi impiegati. Persino le pause ho in mente precise. Potrei elencarle una per una. Dovreste tenerne conto!
-Per nessuna ragione al mondo: nel suo capitolo ci sono molte sottostime e cifre omesse, non si sa  se volontarie o meno. Ma lasciamo perdere.
-Mente! Lei mette in discussione la mia metodicità e precisione!
-Dovrebbe essere più modesto lei.-Scappò detto al portiere con un certo risentimento.
-E lei meno altezzoso.- Ribattè il cliente.
-Come meglio crede.
-Cosa ne pensa di questa tabella allora?
-Irrilevante.
-Non mi rassegno io!
-Deve lasciare la stanza.-Tornò ad incalzarlo il receptionist.
-Non ne sono convinto.
-Si guardi allo specchio - disse il concierge, estraendo uno specchio da sotto il bancone. L'uomo ci si specchiò con aria tra il perplesso e l'infastidito. Gli sembrava ingeneroso. Però dovette convenire che l'incarnito, le rughe, il viso scavato e la visione di se stesso che gli sovvenne in quell'attimo, mentre al mattino si rivestiva, degli arti prosciugati, rinsecchiti e del ventre rilassato, non deponevano di certo in suo favore. Ma lo stesso non si diede per vinto:
-Ecco, vede questi occhi?- Gli venne da dire- guardi come sono vivi e che bagliori mandano...
-Fosse tutto quì! ... Non bastano: deve lasciarci la stanza.
- Nemmeno un giovane li ha così vispi e scintillanti.
-Capisco. E' umano. Non ci si rassegna facilmente. Però, mi creda, fuori di qui è tutta un'altra storia. Non se ne pentirà.
-Ma lei mi sta caricando di una quantità di anni della quale io non riesco proprio a darmi conto. Lei ed il suo specchio maligno siete davvero insopportabili.
Il tale dietro il bancone tamburellò con le dita sul legno massiccio. Stava per spazientirsi sul serio. Però, ancora una volta si trattenne: 
-Deve andarsene, potrebbe succederle di peggio.
L'uomo, rassegnato infine, si avviò per uscire dal locale. Ma, prima di ruotare la maniglia della porta ed aprire, si girò, e per l'ennesima volta: -Non c'è giustizia nel dover lasciare quando il peso degli anni non ce lo si sente per nulla.
-Tutti così dite -rispose il receptionist di rimando, scocciato sul serio, ponendo con sollievo il timbro sulla scheda che metteva fine al soggiorno dell'uomo in quel posto. Facendo spallucce al rimbombo della porta, sbattuta con forza, alle proprie spalle dal malcapitato.
Al mattino, i colpi dei pompieri contro l'uscio, non lo svegliarono nemmeno. Al fracasso di tutta quella gente che gli entrava in stanza, non fece una piega. Il medico dell'ambulanza, vedendolo a letto stecchito, gli abbassò le palpere con un gesto spontaneo di pietà: oscurando quello sguardo che faceva sembrare così vivo il volto dell'uomo, nonostante, a quel che pareva, doveva essere morto da diverse settimane. E mummificato nel suo letto era, di persona anziana e sola. Uno dei tanti che, ogni anno, lasciavano inosservati e in gran silenzio il mondo dei vivi.

 
Rispondi al commento:
swala_simba
swala_simba il 12/05/14 alle 20:20 via WEB
Quanti pensieri sottesi in questo tuo affascinante scritto: ogni parola, ogni frase stimolano riflessioni e fanno volare i pensieri...
E così, mentre ti leggevo, ricordavo una piccola storia.
Tempo fa quando la mattina uscendo aprivo il portone di casa vedevo un anziano che se ne stava lì con un piede sul muro e uno sulla calle.
Di solito aveva la testa china, ma io ogni volta lo salutavo con un sorridente - che il sole ti scaldi -
Dopo qualche giorno mi rispose con un grugnito, dopo qualche giorno ancora con uno sguardo e finalmente dopo un po’ con un - Ciao -
Istintivamente lo invitai a fare colazione al bar con me. - Cappuccio e brusce – chiese.
Poi una mattina mi disse: - oggi la brusce la offro io -
Il giorno dopo non lo vidi più.
Mi è rimasta una mancanza dentro, una voglia di risposte a domande che non avevo posto per un certo pudore o per una forma di innata riservatezza… chissà.
Abbiamo perso, lungo la via, il valore della vecchiaia e riecheggia il bellissimo saluto dei monaci buddhisti : - sorella in vecchiaia, malattia e morte - Mi è sempre sembrato un saluto importante per far diventare parte integrante della quotidianità anche l'essere vecchi perché se della malattia bisogna preoccuparsi quando si è sani, allora forse della vecchiaia e della morte bisogna ragionare quando ci sente lontani da essa e quanto mai vivi.
Invece vecchiaia e morte sono i due tabu del nostro tempo che inneggia all’eterna giovinezza e al procrastinare la vita al di là del lecito anche con un accanimento terapeutico che non ha ragione di essere e gli anziani, in questo turbinio di giovanilismo, hanno perso quel ruolo fondamentale di punti di riferimento per la famiglia e la società.
Io conosco gli anziani dei villaggi maasai: conservano e tramandano la storia di una civiltà e quando si fa cerchio per ascoltarli senti un soffio vitale che passa e si trasmette come il testimone in una staffetta. E la morte è solo un andare un po’ più in là, magari nel cuore di una savana che, mamma benigna, ti accoglie e ti trasforma in quel ciclo naturale che unico dà un senso al nostro passaggio terreno.
 
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