Creato da woodenship il 23/08/2010

delirio

una spirale

Messaggi di Ottobre 2013

Ottobre

Post n°183 pubblicato il 28 Ottobre 2013 da woodenship

D'acqua piovana i ristagni

 

slarghi di cielo

 

per rigiri viziosi in terra

 

mani affondate nelle tasche

 

formicolii agli arti

 

punture di ricci alle dita

 

ci si gira attorno

 

il cuore stretto in pugno

 

oggi

 

ch'è autunno da un pezzo

 

e ancora gremiti di foglie i rami

 

 
 
 

Accade,può accadere

Post n°182 pubblicato il 22 Ottobre 2013 da woodenship

Tutto può essere quando due occhi
potenza degli occhi
cosa non ci si scorge in quella visione 

predoni dell'immaginario
della fantasia

del tremore degli arti
del calore tra le gambe

vesti sollevate dalle dita febbrili

cosa ci vive tra la biancheria

la curiosità è passione

una scollatura

un ieri che non sarà più lo stesso

sibilante urlare di caffettiera
nell'alba scrive pagine brucianti

desideri non detti morbida attaccatura
espressi di petto nel chiuso di un ufficio

A gambe larghe c'è la verità 

attende il precipitarsi degli eventi
smottano le parallele

corrono binari sognanti
un giorno ch'è lo stesso di ieri
Può accadere

è follia

di certo tra le braccia già ci si vede
linee che s'incrociano
abbracciano l'orizzonte

è comune
è un giorno che deglutisce desiderio

 e più non è lo stesso di ieri.

 
 
 

Scrosci da un raccontare d'incanti (dedicata a Erodoto)

Post n°181 pubblicato il 14 Ottobre 2013 da woodenship

Siedi ch'è tardi

stanche le gambe

che l'aria gela

                                     ad un po' di calore pensi

che ti sovviene l'inferno

il diavolo ne sbuca serio

parlando piano e costante

di Creso e di Ciro ti dice

dice di Colei che scroscia

dice che piove |logica

                             fragile

che Acqua intride |volerla

                                imbrigliata

logica fragile  |quando

                                 di Colei è tempo

nel letto si enfia fiumana |Colei

                                            assassina

tracima esonda...    | Colei

                                       che si fa madre

E' tempo per Colei ch' è Acqua | che le corrisponda saetta

che già squarci il sudario nel buio | atterrendo

sul petto acquattandosi impudica   | illividendo

che della vittima è ultimo il rantolo | illuminando

rilasciando fiele dai seni di torba  | lampi da tregenda

al suo cospetto risalti il pallore | nell'orrore svelando

                                                                             l'inganno

già che gli angeli sono mortali  | sono deperibili

                                                                      gli angeli

E vecchio il diavolo

di Erodoto indossa il chitone

ti si avvicina tutto di bianco

che la notte è fresca ti dice

della testa di Ciro affogata nel sangue  sussurra

dice dell'artigiano imbalsamatore di Luxor

dell'anima ti dice

dice degli angeli poi che presto s'appannano

infine degradano restando ossa

segnando della vita il confine

a tanto dalla culla ancora lì

saranno alla struscia del vento

assoli di fischi e brusii

canzone nel vuoto tra costole

pettinatura d'erbe e fiori di campo.

Della dipartita tutto il cordoglio

della solitudine non allevia l'orgiastica

vicenda umana:è l'enigma       | falso enigma

                                                              è l'anima

riproposto sempre nuovo   | opera del mercante

                                                                           di Tuscia

che pare sentirlo estenuante   | etrusco

                                                           vagabondo solitario

incessante prorompere dal rigore | esule

                                                          per le steppe di Scitia

irrevocabile di morte         | artista

                                                   di atomi e molecole in angeli

se un'anima nel corpo c'era    | plagio

                                                      ha da essere l'anima

dove possa o in che riparo sia | già

                                                    nel riverbero risalta

o se mai dalla carcassa se ne sia | spettro

                                                            dell'astro che fu

distaccata convolando inconscia  | stella riducibile

sull'onda cullata via dalla melodia | luccichio labile

oltre Aldebaran e più lontano | arrivata

                                                              in vena è Colei

oltre l'ultima galassia    | che già muta

                                                         geografia

in comunione arcana di energie | con dita

                                                              di ghiaccio fruga

celesti e misteriose motrici astrali| annacqua 

                              rimuove

dice | dice | dice |

t'inganna che pensi

che credi che ti stia parlando

ma è solo senescenza

malattia che fa latrare alla notte

arringare folle nell'ombra

 
 
 

Relitti galleggianti

Post n°179 pubblicato il 08 Ottobre 2013 da woodenship

 

Ondeggianti

par che la risacca li culli pure.

Ed invece è perchè sei vivo
 
spettatore

osservi la morte intorno:

molto bella la marina oggi

quasi come la morte

allo stesso tempo è oscena e forte

te lo dice il sole a decoro.
 
Per un solo istante il frangersi dell'onda

azzittisce la piccolezza e l'ipocrisia.

Respiri, non è un singulto

se te lo si chiede

respiri anche per chi non può più.
 
 
 

Un punto nell'infinito

Post n°178 pubblicato il 01 Ottobre 2013 da woodenship

Non avrei dovuto esserci quella sera. Però ci andai lo stesso in palestra. Avevo qualcosa da portarci: la mia vita insieme ad altro. A scuola mi pareche si parlasse della possibilità, per delle rette parallele, di incontrarsi in un punto all'infinito. No. Non sono sicura che ne avessimo parlato a scuola. Da qualche parte di sicuro dovevo averla sentita. Ero troppo occupata coni miei esercizi ed allenamenti, per farci troppo caso. Ma, ad un dato momento,ne fui sicura di essere arrivata a quel punto. E che quindi non ci fosse daproseguire oltre. Con stupore doloroso, nella notte, mi ero guardata in giro:era un campo incolto. Anonimo e insignificante nemmeno i ragazzini ci venivano più a giocare. Perchè alla guerra ci si gioca alla play station ormai. Ma che ci facevo in una simile terra di confine, non lontana dal fiume? Un posto che nemmeno t'immagini che possa avere dignità. Tantomeno che possa finire per diventare la scena per un epilogo tragico. La gente ci passa incurante facendo footing. Mi spiego: non c'erano quegli aspetti ambientali che potessero renderlo così malfamato, da contarci i classici morti ammazzati per rapine o regolamenti di conti. Squallido lo era di suo senz' altro. Ed io ci stavo finendo la mia esibizione in quel luogo nell'infinito. Uno spazio che per me prima non esisteva, che non è mai esistito nemmeno per gli altri. Fino a quando non mi ci hanno ritrovata: riversa e semi mummificata, tra erbacce infestanti bruciate dal gelo dell'inverno. Come ci fossi finita  non importa. Per quanto concitata violenta o truffaldina, l' azione non merita molte parole. Tanta è la banalità del vivere e degli accidenti che possono interromperlo nel suo svolgersi. Ma questa è un'altra storia di saggezza non ancora mia del tutto. Vorrei solo porre l'accento sul motivo per cui non ci fossi stata ritrovata subito, vista la poca distanza dal mio luogo di residenza. Semplicemente: prima che mi ci abbandonassero ferita e tramortita già non esistevo più. Non avrei dovuto esserci quella sera in palestra. Come potevo sapere che andandoci sarei finita in quel luogo, nel punto d'incontro per linee parallele di due destini:quello della vittima, il mio, e quello del carnefice. Resti di un crimine in decomposizione dunque rimasi io. E spirito con molto da recriminare, acquattata tra l'erbaccia alta e fantasmatica nella foschia. Perchè parlarne? Tanta la tristezza che aleggia con la nebbia.Non servirebbe aggiungerne altra ad ispessirne la cappa.Non servirebbe. Ma l'impulso è altro: è di dire, di non sparire del tutto, di soffiare forte ad agitare di sdegno gli steli. Forse che non sia ingiusto e malinconico, spegnere gli ultimi istanti della propria giovane vita in questo modo? Quale ragione o motivo è sufficiente a giustificare tale orrore? Vaneggiamenti tra un rantolo e l'altro, nel silenzio raggelato delle notti, silenzio che ricopre e protegge chi mi ci trascinò qua. In preda ad una libidine malata, delirio di onnipotenza: tanto ero ragazzina, appetibile, perciò da violare e possedere, se non da corteggiare. Avrebbe potuto essere un signor nessuno, chiunque, un parente, una di quelle figure amicali che mi ha vista crescere bella e desiderabile. Dall'ombra una promessa di rinnovata giovinezza, un desiderio inconfessabile nel buio, una follia bella e tragica da coltivare nell'ombra: ed alla fine scaricare qua, tra la campagna aperta, il fiume e la stradina per l' inferno, con la brina ad imbiancare all'alba un mondo in dissolvenza. Il mio corpo in decomposizione, imperlato e sfibrato da affanni e ferite,anzi per il freddo diranno che ho smesso di respirare. Mondo evanescente siamo. Se appena adolescenti si può perdere ogni cosa. Solo perchè una sera non si dovrebbe stare in un posto ed invece ci si è, finendo accoltellati ed irrilevanti. Anche coloro che mi cercarono erano inconsistenti.Del resto come si fa a cercare in un posto che non esiste una persona che non è già più? Li sentivo ansare e parlottare d'ìintorno del più e del meno. Fantasmi anch'essi, ma di altra natura, mi hanno sfiorata senza vedermi: cadavere urlante non più esistente. Di loro non vorrei dire, perchè altrettanto incolpevoli: file e schiere di uomini con cani, elicotteri, ogni cespuglio frugato, zolle rivoltate, il tutto per arrivare a qualcosa di più grande di me, molto più grande: ci provai a farmi sentire, poi rinunciai. Sarebbe stato inutile ed avrei disturbato lo sforzo per la rappresentazione estetica di come dovrebbe essere una ricerca in grande stile. Io così sottile ed insignificante ero. no, non vorrei dire di costoro: mi cercarono in lungo e in largo, tra rogge,sterpaglie e robinie, in cantieri e discariche. Sforzo comunque ammirabile e rispettabile. Io che riversa non avevo più  forze, prima ancora dello schiarirsi dell'orizzonte della prima notte. Non pregavo più che qualcuno potesse  ascoltarmi, vedermi o annusare il mio odore: l'odore del sangue, del mio sangue ormai raggrumato. Perchè alle volte l'aria è così densa da non lasciare filtrare rumore o messaggio altro? Sarebbe stato necessario che fosse qualcuno che non avesse nessuno interesse  a rinvenirmi, a far sì che potessi tornare a galla tra gli sterpi, almeno come cadavere. E così fu: tra un volo e l'altro di un aeromodellino mi notò. Allora fui infastidita dal chiacchiericcio. Considerai di non meritare tutti quei curiosi in giro, a cancellare le pur minime tracce, vecchie di mesi, di chi si fece responsabile della strame. Ma già fu qualcosa pensare che a bagnarmi sarebbero state le lacrime dei miei cari. Vorrei dire di quanto dovrebbe elevarci una spanna sopra le nebbie della coltre della dimenticanza. Però sono vissuta troppo poco per capire. Per comprendere come sia possibile che in certe occasioni l'amore non basti, come ogni legame si attenui fino a lasciare muti nell'incomunicabilità. Perchè quella comunicazione che c'è, invisibile, ma c'è tra gli individui alle volte non funziona? Una barriera cala impietosa ed
inattesa. E si rimane isolati in una non-vita, prima di dileguarsi lasciando solo delle spoglie che, interrogate, potranno dire di tutto, tranne i motivi per cui, quando necessitava, non c'è stata quella sensibilità, quella capacità di presentire, di cogliere la premonizione, quella che arriva a dire nella mente, nel cuore, che non si è poi così lontani, che si è molto vicini persino alla salvezza del proprio bene, della persona cara. Questo mancò. Sono sicura che non ci fu. Però non c'è nessuno che si possa rimproverare di ciò: siamo esseri comuni, la casualità ha la meglio. Sarebbe bastata una fitta in petto, appena sottile. Un intuito, insignificante deviazione mentale dalla strada tracciata di ogni giorno. Come quando si pensa, all'alba, che il mondo ci ama. Ed alla sera si giunge coronate di rose e ristorate dalle coccole più dolci ed affettuose. Invece: niente. Quella maledetta sera il nulla: non arrivavo a casa. Nessuno presentì.
Solo un muro disarticolante di speranze rintuzzò persino il dolore. La rabbia non lo scalfì. La follia non spinse a farci incontrare in quel luogo tanto improbabile. La violenza non colpì con onde cerebrali indirizzando a me. In solitudine restai ferita, umiliata e non ancora morta. Sola con la coscienza di chi mi ci volle abbandonare lì, in quel punto, all'infinito incontro per destini paralleli che non dovrebbero mai venire a contatto. Un delitto per cui mai nessuno pagherà: la giustizia dell' uomo nulla può contro l'efferatezza di certi accadimenti, quella che trasforma in assassini spietati pure gli insospettabili, per delitti resi perfetti dall'insipienza investigatrice dei primi momenti. Ma vallo a pensare  alle volte, come possa essere banale e crudele la realtà. So che non c'è più tempo per le spiegazioni. I chiarimenti sono ben lungi dall'essere esauriti,  ma non ho più strumenti per interpretarli. Posso solo sciogliermi con i miei interrogativi, misera cosa. Pure nella memoria di chi mi elevò ad oggetto di conquista e poi a corpo fastidioso da rimuovere. E' molto avanzato il processo di rimozione, di cancellazione di me, relitto, dalla  coscienza profonda, anche come lontanissimo senso di colpa.

 
 
 

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