Lo Stimolo alla Lettura post-Pandemia by Libreria Aiace Roma Montesacro

San Pietro Basilica

Post-Pandemia

Questo periodo di pandemia può rappresentare un momento di silenzio e di grande produzione letteraria e artistica ?

Nella storia della letteratura, in effetti, è già accaduto: le ondate di pestilenza hanno lasciato traccia di sé in Petrarca, Boccaccio e Manzoni. Come le guerre, le pandemie rappresentano una spaccatura della storia, un punto di rottura che generalmente tira fuori il meglio e il peggio delle persone, che interrompe la linearità delle vite e ne fa iniziare altre, che crea nello stesso tempo le condizioni per il baratro e quelle per la redenzione. E’ una grande narrazione collettiva, che parla di noi a ognuno di noi. ( Dall’Intervista a Luca Scarpetta da MBN )

Leopardi

Ode all’Italia di Giacomo Leopardi

Il canto è stato composto tra l’estate e l’autunno del 1818 e venne stampato a Roma all’inizio del 1819, assieme a quello intitolato Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze.
In una lettera del 31 agosto 1818 a Pietro Giordani vi è l’annuncio di entrambe le canzoni. Giacomo infatti scrive, mentre attende la visita a Recanati dell’amico:“ Fra tanto v’aspetterò io, e con me un opuscolo molto sudato,che sebbene, dovendo uscire alla luce, non vorrebbe aspettar tanto, e anche mi preme a bastanza, a ogni modo non lo voglio nè pur toccare se prima non ne ho sentito il giudizio vostro e consultato con voi se si debba pubblicare o no ”
Nella lettera del 18 ottobre, Leopardi chiede all’amico un aiuto per pubblicare le canzoni, aggiungendo che intende dedicarle a Vincenzo Monti: “ Vorrei che lo faceste stampare costì o dove meglio credete […] perchè la spesa dovendosi fare dal mio privato erario, bisogna che sia molto sottile, avolernela spremere: e vedrete che o grande o piccolo che sia il sesto, il numero delle pagine non può essere altro che uno.Vedrete similmente ch’io dedico il libricciuolo al Monti ”. Le due canzoni saranno invece pubblicate a Roma, come testimoniano le lettere scambiate con il cardinale Francesco Cancellieri tra la fine del 1818 e l’inizio del 1819.

In All’Italia, Leopardi mette in pratica alcune affermazioni presenti nel Discorso di un italiano attorno alla poesia romantica ( 1818 ), nel quale si dichiarava a favore di una poesia che sapesse imitare la natura, come già facevano gli antichi, e che,a differenza della poesia a lui contemporanea, s’ispirasse al patetico autentico: “ quel ridurre pressoché tutta la poesia ch’è imitatrice della natura, al sentimentale, come se la natura non si potesse imitare altrimenti che in maniera patetica; come se tutte le cose rispetto agli animi nostri fossero sempre patetiche; come se il poeta non fosse più spinto a poetare da nessuna cosa, eccetto la sensibilità, o per lo meno senza questa ”

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Libri & Letture

CORONAVIRUS: Vincere la Paura con i Libri

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La paura del Coronavirus

Più ansiosi e depressi, sfiduciati, costretti a veder saltare piani da tempo organizzati. Il coronavirus non è solo un’emergenza sanitaria ma anche un’epidemia di insicurezza che si amplifica con la diffusione incontrollata di notizie non vere. Per arginarla, la Società italiana di Psichiatria ( Sip ) ha messo a punto le regole ‘anti-panico’ e lancia un appello a “non stravolgere le abitudini quotidiane”.

La paura di un’epidemia è antica quanto l’uomo, spiega Enrico Zanalda, presidente della Sip, “e in questo caso è amplificata dalla diffusione velocissima di notizie parziali, quando non addirittura false, che può causare un crollo di fiducia nei rapporti tra le persone e nelle Istituzioni”. A pesare, inoltre, spiega ancora l’esperto, è il fatto che “il virus sta avendo un impatto violento sulla vita quotidiana, modificando le nostre vite e provocando l’annullamento o la posticipazione di centinaia di migliaia di eventi minori, ma importanti nella vita delle persone, dai compleanni ai battesimi”. ( Tratto da La Repubblica )

LibroTeca by Libreria Aiace – Ricerca i libri d’interesse utilizzando la funzione search. Esempio: Dante & Fiabe & Tibet

La Lettura ci aiuta a superare le difficoltà

Il libro di Wim Wenders Una volta, uscito nel 1993 è un volume a metà strada tra un diario, di almeno sessanta viaggi, e un album di famiglia, molto allargata, con più di trecento immagini. L’autore, in prima persona e sempre cominciando con la frase “Una volta”, racconta di quello che ha visto e delle persone che ha incontrato durante i suoi viaggi, spesso mentre era alla ricerca di location per i suoi film. E lo fa senza giri di parole, senza sottintesi, senza date precise, ma usando versi liberi che, uno dopo l’altro, permettono di conoscere le sue impressioni e accompagnano alcuni aneddoti della sua vita.

Le pagine di sinistra contengono le parole, e quelle di destra un’immagine, seguita spesso da altre che mostrano quel ricordo e lo fanno sembrare più vero. Soprattutto quando racconta di episodi come questo:

Una volta
viaggiai su una Mercedes 600
insieme con Akira Kurosawa, la sua traduttrice
e un paio di altre persone
da San Francisco
a Napa Valley;
dove ci aveva invitato Francis Coppola.
(…)
Faceva caldo
e andammo tutti al laghetto a fare un bagno.
Solo Kurosawa non lo fece. [ Tratto da ” Rosy Santella, photo editor di Internazionale ” ]

 

Fiabe africane

Come Ragno lesse i pensieri del dio-del-cielo; L’uccello che faceva il latte; La donna grassa che si sciolse… Un universo fiabesco dai tratti magici e crudeli, “lievitanti del piacere di raccontare, del divertimento a congegnare intrecci ingegnosi, d’un umorismo ammiccante e comunicativo”, grazie al quale il lettore “presto sarà in grado di riconoscere dallo stile i popoli più caratteristici: la fantasia di un disegno animato degli Ascianti, le cadenze bibliche degli Akikuyu, il dettato che spesso pare incoerente ed incomprensibile dei Boscimani, ma che talora si slarga in didascalie esplicative, in discorsi fatti ad indice puntato verso il paesaggio (nelle ultime righe del Figlio del vento c’è già tutto Hemingway cacciatore), e a un tratto dà fuori in un racconto di calcolatissima suspense come Il giovanotto che fu portato via dal leone” ( Italo Calvino ). Le storie acquistano forma e suono in strutture letterarie non prive di ironia e di consapevole artificio narrativo e rimangono impigliate nella fantasia di chi le ascolta: “Questa, la mia storia che ho narrata, sia bella o non sia bella, portatene un po’ altrove, e un po’ lasciate che torni a me”. ( Tratto da Einaudi )

 

Tibet

La storia propriamente conosciuta e documentabile del Tibet inizia nel 617 d.C; dopo secoli di autonomia arrivò a espandersi comprendendo parti dell’attuale Cina; dal XIII secolo divenne uno stato vassallo dell’Impero mongolo ( che comprendeva anche la Cina ), poi – dal 1368 al 1644 – della dinastia cinese Ming e, per ultima, della dinastia cinese Qing dal 1644 al 1911 quando, con la fine dell’Impero Cinese e la nascita della Repubblica di Cina, si autoproclamò indipendente. Nel 1949, al termine della guerra civile – in seguito alla quale il governo della Repubblica di Cina dovette ritirarsi nell’isola di Taiwan insieme a milioni di profughi – venne proclamata la Repubblica Popolare Cinese che procedette alla rioccupazione del Tibet nel 1949-1950. La quasi totalità del territorio tibetano è ora parte della Repubblica Popolare Cinese mentre una piccola parte sud-occidentale, il Ladakh, è una regione indiana. ( Tratto da Wikipedia )

 

Saggi Danteschi

Di Dante, come di tanti altri scrittori, Borges si è dimostrato capace di dirci ciò che altrove non troveremmo, ma soprattutto di dircelo a partire da presupposti e angolature a lui solo accessibili. Orientata – come accenna il Prologo – da una sorta di «innocenza», la sua lettura della Commedia («il miglior libro scritto dagli uomini») muove infatti da dettagli, suggestioni, spunti immaginativi per proporre, attraverso molteplici riferimenti letterari, congetture spesso eccentriche e punti di vista esclusivi e personali. In queste pagine, degne dei migliori saggi di Altre inquisizioni, Borges intravede nell’ultimo viaggio di Ulisse «un occulto e intricato suicidio» simile a quello del capitano Ahab di Moby Dick; scopre nella Historia ecclesiastica gentis Anglorum di Beda il Venerabile visioni anticipatrici della Commedia, e nell’Aquila splendente del diciottesimo canto del Paradiso affinità col Simurg persiano; riflette sulla contraddittoria compassione di Dante per Francesca, e la spiega evocando il Raskol’nikov di Delitto e castigo e il grande e sfortunato amore per Beatrice, motivo nel quale riconosce la vera genesi dell’opera: «Morta Beatrice, perduta per sempre Beatrice, Dante giocò con la finzione di ritrovarla, per mitigare la tristezza; io personalmente penso che abbia edificato la triplice architettura del suo poema per introdurvi quell’incontro». ( Fonte: Adelphi )

 

I DEMONI DELLA NOTTE

Nodier incarna le ambivalenze di un’epoca ancora classica nel gusto ma già romantica nel temperamento: i suoi contes fantastiques, di cui questa raccolta propone i più noti, pubblicati tra il 1821 e il 1837, innestano sul tronco del romanzo noir elementi fiabeschi, onirici, surreali. Il bestiario notturno che vi si incontra – demoni, spiriti, fantasmi, vampiri – appartiene al repertorio del visionario e del macabro ed è il riflesso delle paure e dei traumi di un mondo che è stato travolto dalla rivoluzione: dietro le figure mostruose degli incubi che affollano questi racconti affiora la memoria del sangue versato negli anni del Terrore. Ma agli occhi di Nodier, influenzato dai romantici tedeschi ( Jean-Paul, Novalis, Hoffmann ), il sogno è anche un misterioso ispiratore dalle sorprendenti potenzialità conoscitive perché sconvolgendo le leggi ordinarie della logica fa deflagrare la scintilla della creazione. «Se il nuovo è possibile, bisogna cercarlo nell’assurdo» sentenzia lo scrittore, in polemica con i miti positivisti: un monito che faranno proprio il “discepolo” Nerval, il patafisico Jarry, il surrealista Breton. ( Garzanti )

Alì dagli Occhi Azzurri

Alì ha gli occhi azzurri è un film del 2012 diretto da Claudio Giovannesi. Si ispira alla poetica di Pier Paolo Pasolini, e racconta la dura vita di due adolescenti, Stefano e Nader, in una borgata romana. Nader è un sedicenne italiano nato in una famiglia di origine egiziana e conformata ai principi dell’Islam, precetti e valori tradizionali che non condivide e ai quali si ribella, dando vita ad uno scontro generazionale coi genitori. I rapporti con la madre sono molto tesi e si aggravano quando Nader inizia ad intrattenere una relazione con una ragazza e salta la preghiera. Così una notte, tornato per l’ennesima volta a casa dopo la mezzanotte, Nader si ritrova per punizione chiuso fuori dalla porta di casa, con la minaccia di non potervi fare ritorno, se non dopo aver lasciato la fidanzata….. ( Wikipedia )

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LIBRO: Un Esercito all’Alba di Rick Atkinson

Guerra Nordafrica

La Guerra Nordafricana ( 1940-1943 )

La campagna del Nordafrica, conosciuta anche come guerra nel deserto, fu combattuta in un teatro di guerra situato nel Nordafrica, in Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco, in cui si confrontarono italiani e tedeschi da una parte, e gli Alleati dall’altra, durante la seconda guerra mondiale tra il 1940 e il 1943.

Il Regio Esercito italiano, in Libia comandato dal maresciallo Rodolfo Graziani, forte numericamente ma insufficientemente equipaggiato, diede inizio alla campagna nell’estate 1940 entrando in Egitto ma nel dicembre seguente le forze britanniche del generale Archibald Wavell, modernamente armate e molto mobili, passarono alla controffensiva, sbaragliarono l’esercito italiano e occuparono l’intera Cirenaica. Benito Mussolini fu costretto a chiedere aiuto ad Adolf Hitler che, nel marzo 1941 inviò in Nordafrica il cosiddetto Afrikakorps guidato dall’abile generale Erwin Rommel. Da quel momento le Panzer-Division dell’Afrikakorps svolsero un ruolo decisivo nella campagna per le forze dell’Asse; nella primavera 1941 il generale Rommel passò all’attacco e riconquistò la Cirenaica tranne Tobruk; dopo altri successi, le forze italo-tedesche furono però sconfitte nell’inverno dello stesso anno dalla nuova offensiva britannica, operazione Crusader, e ripiegarono nuovamente fino al confine della Tripolitania.

Il generale Rommel, dopo aver rafforzato la sua armata italo-tedesca, riprese presto l’iniziativa, respinse nuovamente i britannici nel gennaio e nel maggio del 1942 combatté e vinse la grande battaglia di Ain el-Gazala; i britannici dovettero ripiegare in profondità in Egitto; Tobruk fu conquistata ed i panzer tedeschi arrivarono fino a El Alamein dove il fronte si stabilizzò nell’agosto 1942. La campagna del Nordafrica ebbe una svolta decisiva nell’autunno successivo; i britannici del generale Bernard Montgomery vinsero la seconda battaglia di El Alamein costringendo i resti delle forze italo-tedesche del generale Rommel ad evacuare definitivamente tutta la Libia; Tripoli cadde il 23 gennaio 1943. Contemporaneamente un grande corpo di spedizione anglo-americano, al comando del generale Dwight Eisenhower, sbarcò in Marocco e Algeria a partire dall’8 novembre 1942, l’operazione Torch.

Dopo l’afflusso di altre truppe italo-tedesche in Tunisia che permise di fermare temporaneamente l’avanzata alleata da sud e da ovest, la situazione delle forze dell’Asse precipitò nella primavera 1943. Privi di adeguati rifornimenti ed in schiacciante inferiorità numerica e materiale, le residue forze italo-tedesche, passate al comando dei generali Giovanni Messe e Hans-Jürgen von Arnim, si arresero entro il 13 maggio 1943, mettendo fine alla campagna del Nordafrica.

Anno 1942

Il 21 giugno 1942 Winston Churchill si trovava a Washington per importanti colloqui con il presidente Franklin Roosevelt e i suoi collaboratori riguardo alla complessa pianificazione strategica in corso di studio tra le due potenze anglosassoni; la disastrosa notizia della caduta di Tobruk gli giunse, a suo dire, del tutto inaspettata e gli causò profonda emozione e grande preoccupazione. Il presidente statunitense propose subito di far intervenire in Egitto le nuove divisioni corazzate americane in corso di addestramento negli Stati Uniti d’America e il generale George Marshall discusse con il generale George Patton le possibilità pratiche di un intervento diretto dell’esercito statunitense; di fronte alle difficoltà tecniche e all’urgenza di un sostegno ai resti dell’esercito britannico in Egitto, i dirigenti dei due paesi decisero per il momento di rinforzare l’8ª Armata con l’invio di 300 carri armati americani ultimo modello M4 Sherman e 100 cannoni semoventi. Nel frattempo la situazione dell’esercito britannico appariva veramente critica; il generale Ritchie stava ripiegando rapidamente rinunciando a difendere la linea di confine; durante un incontro con il generale Auchinleck, giunto sul posto per valutare la situazione, era stato concordato di ritirare le truppe fino a Marsa Matruh dove sarebbero affluiti i rinforzi della divisione neozelandese richiamata precipitosamente dalla Palestina e i nuovi carri armati per le brigate corazzate. Il comandante in capo del Medio Oriente predispose anche una seconda posizione di ripiegamento più arretrata ad El Alamein dove furono subito avviati reparti sudafricani; era atteso entro alcune settimane l’arrivo di una divisione australiana dalla Siria e di una divisione britannica da Cipro. Il 25 giugno 1942 il generale Ritchie schierò le sue forze sulla posizione di Marsa Matruh; egli disponeva dei reparti del generale Gott e del generale William Holmes, con 159 carri armati della 1ª Divisione corazzata; già alla fine della giornata le linee britanniche furono raggiunte dall’Afrikakorps del feldmaresciallo Rommel. …… ( Wikipedia )

 

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LIBRO: Porte d’Italia di Edmondo De Amicis

 

De Amicis Edmondo

EDMONDO DE AMICIS, ALLE PORTE D’ITALIA, TREVES, 1892

Il classico di Edmondo De Amicis “Alle porte d’Italia”, fu pubblicato la prima volta nel 1884.

Il legame tra De Amicis e il pinerolese si consolidò nel corso degli anni: trascorse alcune villeggiature estive prima a Piscina presso Cumiana ( 1879 e 1880 ) e poi a Pinerolo dal 1882 al 1884 nella villa Accusani ( denominata “La Graziosa” ) che si trova sulla collina di San Maurizio, in Viale Gabotto, «un punto particolarmente felice per la sua posizione panoramica ma anche per il ricco patrimonio di memorie storiche che il sito racconta».

De Amicis aveva pensato di intitolare il volume “La città dei Principi d’Acaia”, «un evidente segnale di quanto fosse sensibile al ruolo di Pinerolo nella storia della casa sabauda e dei suoi antichi fasti; fu l’editore a suggerire quello che diventò il titolo del libro, una sorta di definizione geografico-politica, di certo più accattivante e sicuramente più consona al momento».

EMANUELE FILIBERTO A PINEROLO

Il signor Giovanni Battista Lombriasco, notaro di Pinerolo, buon cristianaccio, scarso di clienti e di fortuna, ma assestato nei suoi affari, onesto fino alla dabbenaggine, patriotta di cuore, infarinato di latino, e ancora forte e florido benchè scendesse già dalla parte peggiore della sessantina, era tutto glorioso quando si poteva mostrare sul terrazzino del suo piccolo quartiere di piazza San Donato in compagnia di Don Enrique de Benavides, nobile catalano, suo cliente.

E non gli passava nemmeno per il capo che i maligni potessero attribuirgli il matto proposito di convertire il cliente in genero. — “Tanto non lo accecaua la uanità di padre che a tale sposalitio potesse riuolgere sue speranze.„ — Così dice ( e io ci credo ) uno scartafaccio giallognolo, pieno di raspatura di
gallina, col quale un nipote del buon notaro intese di mandare alla posterità un “caso molto mirabile„ seguìto nella sua famiglia; scartafaccio che dormì per più di tre secoli, sotto molte altre carte
mal decifrabili, in mezzo agli atti consolari della città di Pinerolo.

Il nobile Enrique de Benavides, venuto qui da Gerona per la questione intricata d’una eredità lasciatagli da un parente di sua madre, colonnello francese, non si capisce se Mortier o Mornier, del presidio di Pinerolo, aveva affidato l’affare proprio al notaro Lombriasco per la riputazione d’uomo integerrimo di cui
godeva; ma avrebbe potuto attestare alla città intera che un mese e più dopo il primo abboccamento, e quando già s’era stabilita fra loro una certa dimestichezza, il delicato notaro non gli aveva ancora fatto parola della sua famiglia. La relazione era nata per puro accidente.

Un giorno che il Benavides stava ad aspettare nello studio notarile, la señorita Evelina, certa di trovarci suo padre solo, era entrata festosamente, d’un salto, tenendo spiegata davanti a sè una stampa che rappresentava la battaglia di San Quintino, e che le era arrivata allora per le poste, desiderata da
lungo tempo. Visto appena quel signore, aveva fatto l’atto di ritirarsi, vergognandosi e chiedendo scusa; ma era rimasta come inchiodata là dalla maraviglia e dalla gioia quando il signore catalano, letto di sfuggita il titolo vistoso della stampa, aveva detto in tuono di gentile rispetto, e con molta semplicità: — Si occupa della battaglia di San Quintino, señorita ? Io ci sono stato …….

Edmondo De Amicis

Edmondo De Amicis nacque in piazza Vittorio Emanuele I, ora intitolata a suo nome, ad Oneglia, prima che fosse accorpata a Porto Maurizio e ad altri 9 comuni nell’unica città di Imperia nel 1923. All’età di due anni, però, la sua famiglia si trasferì in Piemonte, dapprima a Cuneo, dove il piccolo Edmondo studiò alle scuole primarie, quindi a Torino, dove frequentò il collegio Candellero.

Era di famiglia benestante: il padre Francesco (1791-1863), d’origine genovese, copriva mansioni di regio banchiere di sali e tabacchi. La madre, Teresa Busseti, faceva parte dell’alta borghesia. Sia la sua casa ligure (poi diventata sede della Guardia di Finanza) che quella di Cuneo (poi diventata caserma militare “Carlo Emanuele”, ai bastioni di Stura, con vista sul Monviso) furono ampie ed eleganti.

Dal 1877 circa De Amicis si stabilì in Piemonte, viaggiando tra la casa di Torino e quella di Pinerolo (a circa 40 km da Torino), soprattutto durante i mesi estivi, presso l’elegante villa D’Aquiland, chiamata successivamente villa Accusani e quindi denominata La Graziosa (sul viale Gabotto, in quartiere San Maurizio). Qui scrisse Alle porte d’Italia, dedicato alla città e ai territori valligiani circostanti (un esempio per tutti, il capitolo de Le termopili valdesi, ambientato in zona Gheisa ‘dla tana di Angrogna). Nel 1884 la città di Pinerolo gli conferì la cittadinanza onoraria, con tanto di diploma datato 4 aprile.

De Amicis è conosciuto per essere l’autore del romanzo Cuore, uno dei testi più popolari della letteratura mondiale per ragazzi. ( Wikipedia )

Negozio Online by Libreria Aiace su eBAY: De Amicis & Italia

 

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LIBRO: Scolpire il Tempo di Andrej Tarkovskij

Tarkovskij

Andrej Tarkovskij: il Grande Regista Russo

Tarkovskij nacque il 4 aprile del 1932 a Zavraž’e, nella oblast’ di Ivanovo, un piccolo villaggio sulle rive del Volga, figlio di Arsenij Aleksandrovič Tarkovskij (il padre di Arsenij fu principe regnante del Daghestan), poeta, e di Marija Ivanovna Višnjakova Tarkovskaja (1907-1979), donna dal carattere forte e dalla profonda religiosità, a lungo impiegata presso una tipografia.

Enorme per Tarkovskij fu l’importanza del rapporto con i genitori, fatto di amore viscerale per la madre, e di lontananze e incomprensioni col padre, il quale abbandonò la famiglia nel 1935, quando Andrej aveva tre anni, per ritornarvi nel 1945, dopo la guerra. In questa occasione il padre tentò di portare Andrej via con sé, ma la madre glielo impedì.

Nel 1952 Andrej si iscrive all’Istituto di Studi Orientali dell’Accademia delle Scienze di Mosca ( Moskovskij Institut Vostokovedenija ) e inizia a studiare arabo. Influenzato dalla religiosità della madre, si trova molto a disagio nell’ambiente accademico ateista dei più duri anni dello stalinismo. Nel 1954 abbandonò gli studi e, seguendo il consiglio della madre, andò a lavorare come geologo raccoglitore nella taiga siberiana. Il contatto con la natura durante le lunghe escursioni lo aiutò a ritrovare stimoli e a riconquistare una spiritualità che gli studi avevano minato. Il periodo della taiga siberiana fu oggetto di una sceneggiatura del 1958 che, però, non fu mai trasformata in pellicola: Concentrato ( koncentrat ). Il titolo si riferiva al capo di una spedizione geologica, che aspetta la barca che riporta i “concentrati” dei minerali raccolti dalla spedizione.

Nel 1956 Andrej Tarkovskij ritornò a Mosca e si iscrisse al VGIK ( Scuola Superiore di Cinematografia ), la più prestigiosa scuola di cinema dell’Unione Sovietica. Vi seguì i corsi di Michail Romm, quotato regista del periodo, esponente di quel realismo socialista che andava per la maggiore in quegli anni. Romm, al di là delle sue personali scelte estetiche, si dimostrò un uomo di larghe vedute e, sotto la sua ala, Tarkovskij poté sviluppare le proprie idee, cosa di cui fu riconoscente al maestro, verso il quale ebbe sempre parole di grande stima.

Scolpire il Tempo

” In Scolpire il tempo Tarkovskij raccoglie una riflessione quasi ventennale sulla sua attività cinematografica.

Un cinema di poesia nel senso di poièsis ( creazione, produzione di conoscenza ) in cui l’elemento “Tempo” rappresenta l’essenza, il perno sul quale si fondano le concezioni estetiche a lungo maturate dall’autore e magistralmente concretizzate in tre indiscussi capolavori: Andrej Rublev, Solaris e Stalker.

Immancabili i riferimenti alla poesia giapponese haiku – che costituisce una delle sue principali fonti d’ispirazione – per il modo in cui questa riesce a rendere “l’irripetibilità dell’istante afferrato e fermato che cade dall’eternità”.

L’arte è, nella propria essenza, qualcosa di quasi religioso: una sacra coscienza di un elevato dovere spirituale. L’arte priva di spiritualità reca in se stessa la propria tragedia. Persino la constatazione della mancanza di spiritualità del tempo in cui vive richiede all’artista la più alta e determinata elevatezza spirituale.

L’artista autentico è sempre al servizio dell’immortalità, si sforza di rendere immortale il mondo e l’uomo in questo mondo. L’artista che non tenta di scoprire la verità assoluta, che trascura le finalità globali per quelle particolari, è soltanto una prostituta. “

Cinematografia

Andrej Tarkovskij nel 1979 gira “Stalker”, tratto da un romanzo di fantascienza, questa volta dei fratelli Strugackij. Nel film si immagina che un misterioso esperimento abbia prodotto la Zona, un’area contaminata, dove le leggi della natura possono essere sovvertite e qualunque desiderio può essere esaudito. Uno scienziato e uno scrittore intraprendono un viaggio guidati da uno “stalker”, un individuo che riesce a muoversi fra i pericoli invisibili della Zona.

Nel 1979 Andrej Tarkovskij si reca in Italia per una co-produzione Rai, ma la sua famiglia viene trattenuta in ostaggio a Mosca. Insieme a Tonino Guerra comincia il progetto per il film “Nostalghia”. Dopo il 1980 il regista non ritorna più in URSS, ma comincia una vita da esule trascorsa fra la Francia e l’Italia. Il comune di Firenze in particolare gli dona un appartamento. Nel 1983 esce “Nostalghia”, prodotto dalla Rai fra molte difficoltà e presentato con successo a Cannes.

Nel 1985 comincia a girare “Sacrificio” ( 1986 ) in Svezia, insieme ai collaboratori abituali dell’amico Ingmar Bergman. È la storia di un uomo, Alexander che vive su un isola con la sua famiglia. Allo scoppio della guerra nucleare l’uomo prega Dio di salvarlo, in cambio darà via tutto quello che ha. Il tempo sembra tornare indietro e Alexander in cambio dà fuoco alla propria casa distruggendo tutto.

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Libri & Letture

Aggiornato al 16 Settembre 2022

 

 

LIBRO: Le Navi di Nemi di Guido Uccelli

Navi di Nemi

Le Navi di Nemi

Il lago di Nemi, di origine vulcanica, si trova a circa 30 chilometri a sud di Roma, sui Colli Albani. La zona era abitata fin dalla preistoria e in epoca romana qui sorgeva il Tempio di Diana Aricina, centro religioso e politico importante e frequentato.

La leggenda dell’esistenza di due grandi navi sommerse sul fondo del lago, forse custodi di favolosi tesori, veniva tramandata dagli abitanti del luogo ed era supportata dai recuperi casuali effettuati dai pescatori. A partire dal Rinascimento si prova a riportare alla luce le imbarcazioni: tentativi che hanno conseguenze drammatiche sugli scafi, che ne devastano le strutture, asportando reperti e legname. Di fatto le navi sono troppo grandi e pesanti per essere ripescate, ma di questo ci si renderà conto solo alla fine dell’Ottocento.

Il primo tentativo conosciuto risale al 1446, quando il cardinale Prospero Colonna, signore di Nemi, incarica del recupero l’architetto Leon Battista Alberti. Il resoconto dell’impresa è narrato da Flavio Biondo nella sua Italia illustrata: grazie ad alcuni esperti nuotatori genovesi, si esplora la nave più vicina a riva, determinandone distanza e profondità; poi se ne tenta il recupero mediante una piattaforma galleggiante munita di corde e uncini.

Nel 1535, il bolognese Francesco De Marchi compie una serie di immersioni, di cui dà conto nella sua opera Della Architettura Militare. Utilizzando una speciale campana di legno munita di oblò in vetro, che protegge la parte superiore del corpo lasciando libere gambe e braccia e permettendo la respirazione, De Marchi determina le dimensioni dello scafo più vicino a riva e il suo stato di conservazione.

……

Nel 1926 viene istituita una nuova commissione incaricata dello studio del recupero: ne fanno parte periti, archeologi e ingegneri, sotto la guida dell’archeologo e senatore Corrado Ricci. I risultati della commissione confermano l’opera di Malfatti e indicano la via da seguire: svuotamento parziale del lago fino a 22 metri di profondità per mezzo dell’emissario; indagini archeologiche sulle navi emerse; esplorazione del fondo del lago alla ricerca di reperti; sollevamento degli scafi e loro ricovero in un museo da realizzarsi appositamente. Il 9 aprile 1927, in un discorso alla Reale Società Romana di Storia Patria, il Capo del Governo Benito Mussolini annuncia la decisione di recuperare le navi sommerse.

Grazie ad alcune scritte è possibile datare gli scafi all’epoca dell’imperatore Caligola (37-41 d.C.): la grandiosità delle imbarcazioni, la ricercatezza delle decorazioni e degli arredi, le stesse vicende personali dell’imperatore hanno fatto ritenere a lungo che le navi fossero luoghi di piacere. Oggi l’ipotesi più accreditata è che si trattasse invece di navi cerimoniali, destinate alla celebrazione di feste religiose, in linea con il carattere sacro del luogo. Nonostante le spoliazioni, le navi mantengono intatta la loro imponenza: essendosi conservata la cosiddetta opera viva (la parte immersa dello scafo) è possibile apprezzarne i dettagli costruttivi e gli elementi strutturali ed il ritrovamento rivoluziona le conoscenze della tecnica navale romana. Le navi impiegano legno di pino, di abete e di quercia. La parte esterna della carena è rivestita da un tessuto in lana imbevuto di sostanze impermeabili, a sua volta ricoperto da fogli in piombo tenuti in sede da una fitta chiodatura.

Il primo scafo misura 71 metri in lunghezza e 20 in larghezza; il secondo 75 metri in lunghezza e 29 in larghezza ed è caratterizzato dalla presenza di lunghi bagli posti a distanze regolari, forse destinati a portare fuori bordo le scalmiere. Degne di nota anche le due grandi ancore ritrovate: la prima in legno con ceppo in piombo della lunghezza di 5 m rappresenta l’unico esemplare di questo tipo completo, conosciuto all’epoca. La seconda, del tipo detto ammiragliato, fino a quel momento si credeva ideata dal capitano inglese Rodger nel 1851.

Nella notte fra il 31 maggio e il 1º giugno 1944, un violento incendio devastò il museo, distruggendo le navi: si è salvato solo quanto era stato portato in precedenza a Roma. ( Wikipedia )

 

 

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Libri & Letture

 

LIBRO: Scritti & Discorsi di Fernando Tambroni

 

Reparto_Celere

Fernando Tambroni

Il 26 marzo 1960 Fernando Tambroni, che si era messo in luce al VII congresso della DC del 1959 con un discorso “aperturista” nei confronti del centrosinistra, ricevette l’incarico di formare un governo per sostituire quello dimissionario guidato da Antonio Segni. L’obbiettivo politico era quello di superare l’emergenza, attraverso un “governo provvisorio”, in grado di consentire lo svolgimento della XVII Olimpiade a Roma indetta in agosto e di approvare il bilancio dello Stato entro il 31 ottobre 1960, come previsto dalle leggi in materia di contabilità di Stato vigenti all’epoca. L’8 aprile, il governo monocolore democristiano formato da Tambroni ottenne la fiducia della Camera, con una maggioranza di soli tre voti (300 sì e 297 no) e con il determinante appoggio dei deputati missini. La circostanza causò le dimissioni irrevocabili e immediate dei tre ministri appartenenti alla sinistra della DC: Bo, Pastore e Sullo. L’11 aprile, dietro esplicito invito del proprio partito, il governo rassegnò le dimissioni e il presidente Giovanni Gronchi assegnò l’incarico ad Amintore Fanfani. Questi, tuttavia, dovette rinunciare, e Gronchi, anziché cercare una soluzione diversa, invitò Tambroni a presentarsi al Senato per completare la procedura del voto di fiducia. Il 29 aprile, sempre con l’appoggio dei missini e con pochi voti di scarto (128 sì e 110 no), il governo Tambroni ottenne la fiducia del Senato.

La decisione presa nel maggio 1960 dal Movimento Sociale Italiano di convocare il suo sesto congresso a Genova, città decorata con la Medaglia d’oro della Resistenza da cui era partita l’insurrezione del 25 aprile, fornì l’occasione ai partiti di sinistra di scendere in piazza al fine di mettere in difficoltà il Governo Tambroni. La protesta si fece sentire sempre più forte. Tambroni scelse la linea dura, originando i noti fatti di Genova del 30 giugno 1960, che si estesero rapidamente al resto del paese. Il 7 luglio a Reggio Emilia furono uccisi cinque manifestanti. Alla fine non ci fu altra scelta che impedire il congresso del MSI. I missini votarono conseguentemente contro la legge di bilancio del governo. Tambroni temporeggiò fino al 19 luglio dichiarando di essere in attesa di un accordo tra i partiti ma alla fine dovette dimettersi: gli successe Amintore Fanfani. ( Wikipedia )

 

Libri colorati

 

 

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L’Emozione che solo i Libri Rari sanno dare by Libreria Aiace

Mosca.2

ZDROJEWSKA – KRYLOV RACCOLTA DI FAVOLE, 1957

Ivan Krylov nacque a Mosca, ma trascorse l’infanzia e la giovinezza a Orenburg e a Tver’. Suo padre, ufficiale dell’esercito russo, morì nel 1779 lasciando la famiglia in precarie condizioni economiche. Alcuni anni più tardi Krylov e sua madre si trasferirono a San Pietroburgo nella speranza di ottenere una pensione statale. A San Pietroburgo Krylov ottenne un posto di impiegato statale, ma vi rinunciò dopo la morte della madre (1788). La sua carriera letteraria cominciò nel 1783, quando riuscì a vendere a un editore una sua commedia (L’indovina dai fondi di caffè, pubblicata postuma nel 1868). Utilizzò il compenso per acquistare testi di autori francesi, in particolare di Molière, Racine e Boileau.

Il nome di Krylov è tuttavia legato soprattutto alle favole, a cui si dedicò completamente per il resto della vita a partire dal 1808. Nel 1809 venne pubblicata una prima raccolta di 23 favole, che ottenne un successo straordinario e venne seguita da altre otto raccolte simili nel periodo di tempo fra il 1810 e il 1820. Le sue favole con animali prendono di mira direttamente i vizi umani, in particolare l’incompetenza, l’arroganza e la stoltezza, con riferimenti alla vita russa contemporanea. Ispirandosi a Esopo e a La Fontaine, Krylov manifesta un atteggiamento piccolo-borghese tipicamente russo, basato sul buon senso ma anche a un certo conformismo. Nonostante fosse un conservatore e un classicista (la struttura narrativa è arcaica e tipicamente settecentesca), egli usò per le sue favole la lingua viva e corrente del popolo russo, riuscendo a conferire per la prima volta dignità d’arte a locuzioni idiomatiche che da allora in poi sono diventate parte integrante del patrimonio letterario della lingua russa. ( Wikipedia )

Commento

Nelle sue favole, scritte in modo vivace, incisivo e con il linguaggio del popolo, si mescolavano folclore e saggezza contadina e venivano presi di mira la presunzione e la stupidità dell’uomo. Non solo, la satira di Krylov colpiva, attraverso atteggiamenti e parole degli animali umanizzati, la politica russa dell’epoca, in particolare gli aspetti repressivi dell’autocrazia, ed è per questo che le favole più audaci furono divulgate soltanto molti anni dopo la morte dell’Autore.

FRANCESCO GABRIELLI, GIOCHI GINNASTICI, HOEPLI, 1895

IL GIUOCO DEL CALCIO

(Ingl. Football. — Ted. Fussball. — Fr. La barette)

Il Calcio è un giuoco pubblico di due schiere di giovani a piedi e senz’arme, che gareggiano piacevolmente di far passare di posta oltre allo opposto termine un mediocre pallone a vento a fine d’onore.

G. De’ Bardi. — (an. 1580).1.

I. INTRODUZIONE.

Per le ricerche fatte da molti studiosi delle opere di Marziale, Polluce, Galeno, Ateneo, Eustazio e del Mercuriali2, s’è riconosciuto che i giuochi antichi dei Greci e dei Romani, detti Episciro, Fennida e Arpasto avevano molta somiglianza col giuoco italiano del Calcio, e [p. 30 modifica]si crede che questo abbia avuto origine da quelli. Parecchi pensano che i Romani nelle terre dove estesero il loro dominio, lasciassero, con le altre usanze, anche quelle dei loro giuochi, e che l’Arpasto derivasse il Calcio. In tal modo si spiega perchè questo giuoco potesse essere praticato in Inghilterra fino dall’anno 13493, e in Francia fino del 13874.

In Italia questo giuoco fu in gran voga specialmente al tempo dei Medici, come divertimento annuale e carnevalesco della città di Firenze, dalla quale prese l’appellativo di fiorentino (Florentinum Hàrpastum) e spettacolo solenne della nobiltà toscana nelle ricorrenze di feste principesche.

Dal discorso citato del Bardi si può apprendere, meglio che dallo Scaino5, come si faceva a quei tempi il Calcio, e quanta sia la differenza che passa fra il giuoco d’allora e quello moderno che gli corrisponde. Allora gli elementi principali del Calcio erano la corsa, la lotta e le pugna; ora gli è esclusivamente un giuoco di corsa: allora era un esercizio sopratutto spettacoloso, ora è un esercizio eminentemente igienico.

In principio del secolo XVIII esso scomparve dalle abitudini popolari italiane, ed ora ritorna in uso modificato razionalmente dagli Inglesi. Anche in Inghilterra da qualche secolo il Calcio (Football) non era più praticato, e solamente una trentina d’anni fa ricomparve fra gli studenti; i quali, per adattarlo alla scuola, gli apportarono via via delle modificazioni, alcune però secondo [p. 31 modifica]un certo punto di vista, altre secondo un altro, di modo che ne risultarono due forme di giuoco differenti.

Una, dal nome della città sede della scuola in cui venne regolato, si chiamò Football Rugby, e l’altra, dalla società costituitasi per diffonderlo, Football Association.

Il Football Rugby ha più somiglianza col Calcio antico, il Football Association è molto diverso. Nel primo si manda avanti la palla (ovale) coi piedi e si può portarla anche con le mani dentro la porta nemica; nel secondo la palla (rotonda) non viene mai toccata con le mani. In quello l’azione del portare la palla è impedita dagli avversari, ed è cagione di mischie e di zuffe, spesso funeste ai giocatori; in questo è proibito di toccare gli avversari.

Perciò il Rugby non viene compreso in questa raccolta: si accoglie invece il Calcio secondo il metodo dell’Association, dandogli il posto d’onore fra i giuochi scolastici, perchè, per i suoi effetti igienici e per il grande numero di giocatori che vi possono partecipare, è senza dubbio il più importante di tutti, e merita davvero le migliori cure da parte dei preposti all’educazione fisica della gioventù.

Calcio

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Libri & Letture

Aggiornato al 17 Settembre 2022

LIBRI RARI: un Investimento che dura nel Tempo by Libreria Aiace

Apollinaire

BODINI: I POETI SURREALISTI SPAGNOLI, PRIMA EDIZIONE – EINAUDI 1963

Il termine “generazione” per indicare questo gruppo di poeti spagnoli è stato usato per la prima volta nel 1948 da Dámaso Alonso, uno dei giovani intellettuali che nel 1927 si riunirono a Siviglia per commemorare il poeta Luis de Góngora nel trecentesimo anniversario della sua morte. La definizione “generazione del 27” che compare nell’edizione del 1957 della Historia de la literatura española di Ángel Valbuena Prat, secondo l’opinione dello studioso di letteratura spagnola Andrew A. Anderson sarebbe già stata utilizzata nel 1944 da uno dei membri del gruppo, il poeta e critico letterario Juan Chabás, nella sua Nueva historia. Manual de la literatura española, pubblicata in esilio a Cuba. Nel 1974 lo scrittore e critico letterario Juan Manuel Rozas contribuisce a rafforzare questa definizione, chiarendone i riferimenti: il 1927 è l’anno del terzo centenario della morte di Gongora e quello in cui vengono pubblicate le principali riviste del gruppo e alcuni dei testi più significativi della nuova estetica letteraria.

Nella seconda metà del Novecento il concetto di generazione è stato messo in discussione perché non ritenuto applicabile al gruppo di intellettuali cui veniva attribuito, o perché – in generale – giudicato inadatto a definire un gruppo letterario, in quanto eccessivamente limitante. Nel corso del tempo sono state proposte altre declinazioni, ad esempio Generación Guillén-Lorca (nomi del più anziano e del più giovane dei suoi autori), Generación de la amistad, Generación de la Revista de Occidente, tuttavia Generazione del ’27 rimane la definizione più riconosciuta e consolidata. ( Wikipedia )

GUILLAUME APOLLINAIRE – POESIE – PRIMA EDIZIONE 1959

Guillaume Apollinaire nacque a Roma il 26 agosto del 1880, figlio naturale di Francesco Flugi d’Aspermont, un ufficiale svizzero originario del Cantone dei Grigioni, che non lo riconobbe mai, e di Angelika de Wąż-Kostrowicki, una nobildonna polacca. Si trasferì con la madre in Francia giovanissimo. Apollinaire ebbe un’adolescenza instabile e disordinata, trascorsa tra vaste letture e numerosi viaggi, ma con studi non regolari. Conobbe e frequentò artisti d’avanguardia a Parigi, tra i quali anche i poeti Giuseppe Ungaretti e Max Jacob e il pittore Pablo Picasso. Partecipò alle discussioni sul cubismo in gestazione e, nel 1913, scrisse un saggio su questa scuola artistica. Allo scoppio della prima guerra mondiale, scelse di arruolarsi come volontario, definendo la guerra “un grand spectacle”, ma nel 1916 venne ferito a una tempia e subì un complesso intervento chirurgico. L’interesse per il moderno lo portò a sostenere anche il futurismo di Filippo Tommaso Marinetti e la pittura metafisica di Giorgio de Chirico. ( Wikipedia )

Nel 1913 il Mercure de France pubblicò la prima grande opera dello scrittore intitolata Alcools: si trattava della raccolta delle migliori poesie scritte in 15 anni di lavoro, tra 1898 e il 1912. Dopo l’esperienza della guerra e della delicata operazione al cranio, nel 1918 apparve la seconda grande raccolta di poesie di Apollinaire dal titolo Calligrammi, poemi della guerra e della pace. Le due raccolte poetiche riuscirono a rinnovare la letteratura francese, influenzando in maniera determinante anche la poesia italiana del Novecento, tanto da essere considerate dei veri e propri capolavori dell’epoca.

Immagine

IL PRIMO LIBRO DELLE FAVOLE – C. E. GADDA – GARZANTI 1976

“Codeste favole ciò è piccole fave o vero minutissime favuzze o faville d’un foco sopr’a duo rocchietti stento e d’una manata di stipa, codeste nugae ove non è Francia né Spagna, né coturno tragico né penziere eccelso di filosafo, sonsi accestite come le foglie pazze d’un cavolo d’attorno il grumolino qual principiomi germogliar del capo a Panettopoli e fu in luogo d’altra melior escrescenza, o corona, di che non potette unquanco venirmene ‘l capo indurato, o coronato, donna non avendo tolta a’ miei anni.
E fu nell’anno de la Salute Nostra milnovecento trentanove: e di poi vi stetti insino a presso mezzo giugno il quaranta..

Durava il passo tuttavia de’ Lanzi [ Lanzichenecchi ]: e l’accorto colono si divisò di rendere invisiva [ invisibile ] la vacca, che aveva molto più cara della moglie: onninamente invisiva a quelle soldatesche pestifere. Ma nessun luogo gli pareva proprio. Nel mezzo d’una brughiera scavò fossa, un poco più fonda di quanto non andasse alta dallo strame la testa della vacca, e le corna pure computò. E trattavi la cornuta in sull’orlo, per un tavolino a sdrucciolo ch’avea ben bene saponato ve la fe’ sdrucciolare del sedere: avendovi ogni diligenza, acciò la non si frangesse l’ossa delle gambe. Quando indi i Lanzi messono a sacco il paese, scrutarono a lungo la desolazione della brughiera, con cigli aggrottati e schermando anco il solecchio, della man destra. Ma nulla vi scorsero.

Giuseppe Verdi compose una Messa da Requiem che in Paradiso, appena la udirono, gli pareva d’essere tutti in palco. Alla Scala.

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Libri & Letture

Aggiornato al 17 Settembre 2022

 

Demenza senile, la lettura e la scrittura ne riducono l’incidenza

Neurone

Leggere e scrivere mantengono il cervello sano

Uno studio condotto da Jennifer Manly, della Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons a New York ( Stati Uniti ), pubblicato sulla rivista Neurology, organo ufficiale della American Academy of Neurology, ha mostrato che leggere e scrivere proteggono la salute del cervello.

Le persone che non leggono e non scrivono presentano un rischio quasi triplo di sviluppare demenza.

Lo studio ha coinvolto quasi 1000 persone di età media 77 anni, tra cui 237 analfabeti.

All’inizio dello studio il 35% degli analfabeti è risultato presentare già demenza contro il 18% di coloro che sapevano leggere e scrivere.

Dopo circa 4 anni si è passati al 48% degli analfabeti con demenza contro il 27% di coloro che sapevano leggere e scrivere.

Secondo gli sperimentatori gli analfabeti hanno un rischio di demenza quasi triplo rispetto agli altri, a parità di condizioni quali età, sesso, stato socioeconomico e salute cardiovascolare.

Essere in grado di leggere e scrivere consente alle persone di intraprendere un maggior numero di attività che coinvolgono le risorse mentali, come leggere il giornale o aiutare i nipoti coi compiti a casa.

Precedenti studi hanno dimostrato che tali attività si associano a un rischio ridotto di demenza.

 

People who cannot read may be three times

as likely to develop dementia

 

New research has found that people who are illiterate, meaning they never learned to read or write, may have nearly three times greater risk of developing dementia than people who can read and write.

The study is published in the Neurology, the medical journal of the American Academy of Neurology.

According to the United States Department of Education, approximately 32 million adults in the country are illiterate.

According to Jennifer J. Manly of Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons in New York ( U.S.A ), being able to read and write allows people to engage in more activities that use the brain, like reading newspapers and helping children and grandchildren with homework.

Previous research has shown such activities may reduce the risk of dementia.

New study provides more evidence that reading and writing may be important factors in helping maintain a healthy brain.

The study looked at people with low levels of education who lived in northern Manhattan. Many were born and raised in rural areas in the Dominican Republic where access to education was limited.

The study involved 983 people with an average age of 77.

Each person went to school for four years or less. Researchers asked each person, ” Did you ever learn to read or write ? “

Researchers then divided people into two groups; 237 people were illiterate and 746 people were literate.

Participants had medical exams and took memory and thinking tests at the beginning of the study and at follow-up appointments that occurred every 18 months to two years.

Testing included recalling unrelated words and producing as many words as possible when given a category like fruit or clothing.

Researchers found of the people who were illiterate, 83 of 237 people, or 35%, had dementia at the start of the study.

Of the people who were literate, 134 of 746 people, or 18%, had dementia.

After adjusting for age, socioeconomic status and cardiovascular disease, people who could not read and write had nearly a three times greater chance of having dementia at the start of the study.

Among participants without dementia at the start of the study, during follow-up an average of four years later, 114 of 237 people who were illiterate, or 48%, had dementia.

Of the people who were literate, 201 of 746 people, or 27%, had dementia.

After adjusting for age, socioeconomic status and cardiovascular disease, researchers found that people who could not read and write were twice as likely to develop dementia during the study.

When researchers evaluated language, speed, spatial, and reasoning skills, they found that adults who were illiterate had lower scores at the start of the study. But their test scores did not decline at a more rapid rate as the study progressed.

The study also found that literacy was linked to higher scores on memory and thinking tests overall, not just reading and language scores. These results suggest that reading may help strengthen the brain in many ways that may help prevent or delay the onset of dementia.

Even only for few years of education, people who learn to read and write may have lifelong advantages over people who never learn these skills.

Manly said future studies should find out if putting more resources into programs that teach people to read and write help reduce the risk of dementia.

A limitation of the study was that researchers did not ask how or when literate study participants learned to read and write.

The study was supported by the National Institutes of Health and National Institute on Aging.

Source: American Academy of Neurology, 2019

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Aggiornato al 3 Febbraio 2024

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