Pregiudizio. Alcuni miti da sfatare

Ave Socii

Quante volte avete sentito dire che “per conoscere il diverso non bisogna avere pregiudizi”? Della serie: se hai pregiudizi sarai sempre un ignorante e non conoscerai mai davvero… Perciò apriamo le frontiere, abbattiamo i muri e superiamo i limiti! In realtà, la questione è un po’ più complessa di come viene semplicisticamente insegnata. Siamo esseri umani, pertanto sempre inclini all’errore. Per di più siamo quasi sempre influenzati dalle nostre esperienze passate, nelle scelte attuali e future. Cancellare i pregiudizi non è affar da poco, dunque. Ognuno di noi, chi più chi meno, corre il rischio di essere influenzato da qualche pregiudizio. La differenza, pertanto, non è tra chi ha pregiudizi e chi non li ha. La differenza, semmai, è tra chi ammette di averli e chi vuol far credere di non averli. Chi dice di non avere pregiudizi è un ipocrita. Speriamo perlomeno che non lo sia in mala fede.

Forse parlare di “pregiudizio” non è che l’arma migliore per scatenare sensi di colpa e di inadeguatezza in persone che hanno pensieri scomodi e “politicamente scorretti”, in modo da farle tacere. Un’arma utilizzata per affermare determinate idee e deprecare le idee di chi la pensa diversamente. Il senso di colpa che chi condanna il pregiudizio vorrebbe scatenare, nella nostra società occidentale, scaturisce il più delle volte dalla apparente discordanza fra norma giuridica e morale cristiana. Ma esse hanno campi di applicazione diversi, non dovrebbero essere confuse. Alcuni invece vorrebbero trasformare questo dualismo in un punto debole per la società occidentale. Avranno certamente i loro (loschi) interessi per fare una cosa del genere… Magari favorire determinate culture tradizionalmente ostili a quella occidentale… Culture che magari confondono il culto con la legge e ne fanno, al contrario di noi, un punto di forza… Intenda chi ha orecchie…

Il pregiudizio agisce sempre a doppio senso: c’è chi pre-giudica, ma c’è anche chi si sente pre-giudicato e vorrebbe far sentire agli altri il peso di questo pregiudizio. Per farli sentire in colpa facendosi vedere “vittime”, metterli in difficoltà e cercare di ottenere quanto desiderato. Magari trattamenti “più umani”, invocando un fantomatico “stato di necessità”, pure a costo di violare la legge. Prendete il caso dei rom… Costoro dovrebbero spostarsi periodicamente, in quanto “nomadi”… Tuttavia se hanno la possibilità di avere un alloggio stabile e confortevole, non fanno certo troppi complimenti… Magari occupano abusivamente le case altrui, oppure si allacciano abusivamente ai servizi, o entrambe le cose… Si circondano di donne incinte, così nessuno può cacciarli… Rubano e magari pretendono pure di essere compresi, perché “povere vittime” in “stato di necessità”! Contrastare le leggi con la “presunta umanità”: così fanno le “vittime”, appoggiate spesso da qualche “paladino dei diritti umani”.

Pregiudizio nell’immigrazione. Per fronteggiare il continuo calo di popolarità, ogni tanto i fascio-buonisti ricorrono ad immagini forti e tentano di “scuotere le coscienze”… Adesso tutti si turbano, per quella foto che ritrae padre e figlia morti annegati durante l’attraversamento del fiume… Chissà in quanti saranno morti in quel modo e per quanto tempo, purtroppo, senza che a nessuno sia mai passata per la mente l’idea di parlarne… Perché se ne parla solo in certi momenti? Perché certe immagini vengono esibite solo quando i fascio-buonisti sembrano trovarsi in difficoltà? Ah, questi ipocriti “paladini dell’umanità” a intermittenza! Si attaccano a tutto, pur di screditare l’avversario politico… Anche se i flussi totali sono crollati, dicono che la linea dura non paga perché tanto i migranti arrivano coi “barchini”… Tutti a dire che il problema è l’Italia che non accoglie, invece di dire che il problema vero sta in Africa…

Dovrebbero solo vergognarsi, certi politici millantatori di presunta umanità! Prima consentono che arrivino immigrati a frotte… Poi fanno gli scandalizzati e gridano al pregiudizio e al razzismo, perché il “decreto sicurezza” lascia per strada migliaia di “disperati”. Forse la responsabilità è pure di chi a suo tempo ha ingiustificatamente aperto le porte a tutti questi “disperati”, o no? Le tensioni in Libia ormai fungono quasi da pretesto… Improvvisamente l’Italia sembra essere diventata l’unico porto sicuro del mondo, anche con quel “selvaggio razzista disumano troglodita” di Salvini al Ministero dell’Interno. Trasformare l’Africa in una polveriera forse fa comodo a qualcuno, almeno i migranti saranno sempre giustificati a non mettervi più piede e andare altrove. Sennò non si spiegherebbero il silenzio e l’immobilismo dell’Onu… Con tutti gli “ambasciatori dei diritti umani” che annovera tra le sue fila, qualcuno potrebbe pure preoccuparsi di cosa succede in Libia! O no?

L’ultimo ricorso presentato “dai migranti” della nave olandese è stato respinto dalla Corte Europea… Vuol forse dire che anche i giudici hanno dei pregiudizi verso gli immigrati? L’assistenza va garantita, ma perché la nave deve per forza puntare in Italia, quando batte bandiera olandese e l’equipaggio è tedesco? L’Italia che c’entra? La nave forza più volte il blocco perché “i migranti sono allo stremo”… E c’è pure chi applaude, invece di invocarne l’affondamento. Siamo noi quelli disumani? Chi invece viola deliberatamente le leggi per ottenere un po’ di visibilità, mettendo a rischio la vita di decine di persone, è forse meno disumano? E se la prossima volta schierassimo i cannoni? Non lasciamoci intenerire da chi fa finta di stare dalla parte dei più deboli. L’immigrazione non è un diritto. L’accoglienza si fa in ben altro modo. Non confondiamo i principi evangelici con le prese per il c…

Finché in Italia c’erano altri governi andava tutto bene. Nessuno in Europa si preoccupava della questione migranti, tanto c’era l’Italia che pigliava su tutti… Finché accoglievamo porci e cani potevamo pure sperare in un minimo di flessibilità… Ora invece rischiamo perfino la procedura di infrazione per debito eccessivo. L’ipocrisia dell’Europa è stata svelata, è dunque evidente che questo governo vada di traverso a qualcuno. E non solo in Europa… Nel mondo c’è chi pensa che l’immigrazione sia un diritto… Quando forse non è altro che la risposta (spesso patologica) alle carenze di Paesi che non riescono a dare un futuro ai propri abitanti. Mettiamocelo in testa: il problema dell’immigrazione non sta da noi, sta da loro! Ed è “a casa loro” che va risolto, creando condizioni tali affinché queste persone non siano costrette ad emigrare e ad essere trattate come “disperati”.

Pregiudizio di chi si droga verso l’autorità e il resto della società. Chi si droga lo fa in aperto contrasto con l’autorità e con una società percepita come contraddittoria nei messaggi che manda. La società prima mi dice che sono libero, poi però mi giudica se mi comporto in certi modi… L’autorità non mi ama, è buona solo a bacchettarmi e a mettermi in difficoltà… Perciò l’autorità deve sentirsi in colpa e io, pure a costo di rischiare la vita, voglio farla sentire in colpa… Così ragiona chi si droga o, in generale, assume comportamenti rischiosi. L’autorità trova difficile sanzionare tali comportamenti, se di mezzo c’è una relazione che potrebbe naufragare. Perché una relazione che naufraga genera sensi di colpa. E l’autorità si trova in difficoltà, poiché sente tutto il peso del senso di colpa. Peso mitigato dalla sostanza, invece, per chi si droga o assume comportamenti simili.

Tutto il precedente ragionamento è sostenuto, guarda un po’, da un pregiudizio di fondo: il drogato crede che all’origine della sofferenza sia sempre l’autorità, mai la relazione. E se una relazione va male, la colpa è sempre dell’autorità e mai della “vittima”. E’ l’autorità, con le sue regole, che mette a repentaglio la relazione, non la vittima con i suoi comportamenti rischiosi. Perciò è l’autorità che deve piegarsi, eliminando le regole e liberalizzando questi comportamenti. Ma proviamo a cambiare prospettiva: dal lato dell’autorità, se essa è stata coerente nelle sue scelte e nell’applicazione delle regole, non c’è nulla che le possa essere rimproverato. Se l’autorità, nella relazione, ha dato tutto l’amore di cui era capace, ogni suo senso di colpa è ingiustificato. La sofferenza, in tal caso, non può che provenire dal capriccio di una relazione malata. Questa autorità, pertanto, non trova alcuna difficoltà a troncare una relazione del genere.

Ma quale autorità riesce a mostrarsi davvero credibile e coerente, alla luce di una società contraddittoria come la nostra? Quale genitore oggi avrebbe il coraggio di dire a un figlio drogato “io ho fatto tutto il possibile per te, se il tuo desiderio è morire va’ e ammazzati!”, senza sentirsi più o meno in colpa per questo? Molti in questa società dicono che è bene provare qualsiasi esperienza, ma che in caso di difficoltà bisogna intervenire in ogni modo per evitare il peggio… Messaggio che va a nozze con l’atteggiamento del drogato, il quale per definizione prova esperienze al limite così da scatenare sensi di colpa in chi non si mostra capace di aiutarlo fino in fondo. E molte volte l’autorità, per inseguire i capricci del drogato, tollera certi comportamenti financo a liberalizzarli.

La società deve tornare ad essere coerente, se vuol sperare di generare delle autorità credibili. Solo allora si potrà invertire la rotta, in tema di liberalizzazione e simili, relegando ai margini i comportamenti “da drogato”. Tutto il contrario di ciò che accade ora, poiché oggi al margine forse stanno proprio quelli che non si sono mai fatti una canna. Da diversi studi sta emergendo pure che il consumo di cannabis aumenta spaventosamente, proprio qui in Europa ad esempio… E che questo può comportare un aumento del rischio di dipendenza… Bella scoperta, meglio tardi che mai! Allora speriamo che vengano presi conseguenti provvedimenti nelle opportune sedi. Perché drogarsi non è un diritto.

Altri pregiudizi. Bello vedere che nel calcio c’è posto anche per le donne. E’ certamente un segnale di integrazione e di abbattimento di pregiudizi. Alcuni vorrebbero che uomini e donne fossero equamente retribuiti in ogni lavoro… Un sogno, ma davvero un giorno si realizzerà? Certamente lo speriamo tutti. Però ricordiamoci di questo: se le donne sono pagate meno degli uomini, non è perché la società ha dei pregiudizi verso di loro. Ma per una questione ben più pratica: ad un’azienda, a parità di altre condizioni, le donne costano più degli uomini. E questo per motivi tutt’altro che sociali. Che le donne siano predisposte ad attraversare una gravidanza non lo decide la società, ma la natura. Una donna che va in maternità rappresenta un costo per l’azienda. Non sempre una donna gravida è in grado di lavorare e “produrre” tanto quanto una donna non gravida. E’ la natura, non è pregiudizio…

Anche per questo siamo dell’idea che ognuno di noi, che sia uomo o donna, debba essere libero di svolgere lavori domestici, pure in via esclusiva rispetto ad altri lavori. E che il lavoro casalingo debba essere retribuito come un qualsiasi altro mestiere. Sarebbe un toccasana per tutti i nuclei familiari, soprattutto per i figli. Ma ad alcuni questo ricorda troppo la famiglia “tradizionale”, ovvero il “Medioevo”… Così si costringono le donne a stare a casa… Ecco, anche questo è un pregiudizio secondo noi. Chi ha detto che debba essere per forza la donna a stare a casa e badare ai figli e alle faccende domestiche? Anche un padre può farlo, se la madre lavora al di fuori dell’ambito domestico. Nessuno lo vieta.

Madre, padre e figli: questo secondo noi è il modello di famiglia che dovrebbe prevalere, rispetto a famiglie affidatarie e altri tipi di famiglia. Nella nostra cultura, ogni altro tipo di famiglia non può che prendere a modello la famiglia nucleare suddetta. Siamo noi che abbiamo un pregiudizio verso i “genitori” omosessuali e le famiglie “arcobaleno”, o piuttosto altri che hanno pregiudizi verso la famiglia “tradizionale”? Per poterli affidare, i figli bisogna prima farli. E’ la natura, non è pregiudizio…

Condannare il pregiudizio verso i diritti civili, le minoranze, il “diverso”… spesso non è che una trovata dei fascio-buonisti per disgregare la società democratica e indebolirne l’identità culturale. Come se tutto quel che è stato conquistato in passato sia da dare per scontato, oppure da accantonare per far posto al “nuovo”. Intanto l’identità culturale occidentale traballa pericolosamente: scossa dall’avanzata dei “diritti civili”, all’interno, e dall’avanzata di culture ostili e intolleranti, all’esterno. Accogliere tutti per creare un’accozzaglia sociale indistinta, senza radici certe e dunque più influenzabile e controllabile da certi centri di potere… Forse è questo l’obiettivo che alcuni intendono raggiungere, ben consapevoli che il pregiudizio non smetterà mai di esistere e di influenzarci.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Umorismo, il miglior antidoto per sconfiggere il vittimismo

Ave Socii

Di fronte ai prepotenti, ridi. Di fronte a chi crede di capire tutto, ridi. Di fronte a chi fa finta di indignarsi, ridi. Di fronte a chi fa la vittima, ridi. Perché l’umorismo è la risposta migliore contro il vittimismo che attanaglia la nostra società odierna. Pure quando tu stesso vorresti fare la vittima, prova a ridere di te stesso. Perfino il Vangelo lo dice: quando soffri fatti comunque vedere gioioso, di modo che nessuno possa sospettare nulla del tuo stato di sofferenza. Raccomandazione più che rivoluzionaria, alla luce della reale natura umana.

C’è gente che non vede l’ora di vederti soffrire, per farsi vedere buona con te. Ma quando stai un po’ meglio ti volta le spalle e magari è pure invidiosa del fatto che stai bene. Spesso si tratta di persone che non stanno bene dentro, che vorrebbero far star male anche chi sta loro intorno, perché non sopportano l’idea di essere le sole al mondo a star male. Hanno bisogno di condividere il loro malessere, o certe volte perfino di appiopparlo interamente ad altre persone, magari proprio a quelle che stanno meglio. E’ pur sempre un atteggiamento umano, va compreso. Certamente non va assecondato, piuttosto va cambiato. Ci sono alcuni che preferiscono non cambiare… Peccato per loro, perché una risata li seppellirà.

Piuttosto che ridere della vita e degli altri, spesso preferiamo farci vedere bisognosi d’amore. Oggi la società invoglia tutti noi a farci vedere vittime, nell’attesa dei salvatori e dei paladini della giustizia. Ma le speranze si rivelano il più delle volte vane… Se la società non ci ascolta e non ci dà amore, perché stare tanto a soffrire? Meglio farsi una canna, no? Meglio drogarsi, così la società si sentirà in colpa e verrà per davvero a soccorrerci… Meglio legalizzare la cannabis piuttosto che ridere dei falsi salvatori, no? Forse ci crediamo ancora, alle favole e ai cavalieri senza macchia… Forse mantenere in auge certi miti fa comodo a qualcuno… Forse invece fare dell’umorismo nei loro confronti è scorretto… Forse deridere chi si fa le canne e persevera nel vittimismo lo è ancor di più… Sembriamo cattivi forse? Meglio veri cattivi che finti vittimoni! Che una fragorosa risata li seppellisca!

C’è gente che rizza le antenne non appena ha modo di attaccare quelli verso cui prova invidia. Succede anche nella politica. Prendete la questione dei cosiddetti “minibot”… Alcuni non vedevano l’ora di parlare di “strappo” nella Lega, invidiosi come sono del suo attuale consenso presso l’elettorato. Alcuni godono perfino nel vedere il nostro Paese isolato o andare a picco, pur di criticare il governo in carica. Ma questo succede praticamente con tutti i governi, non solo con l’attuale. Ritornando ai fatti più recenti… Dovremmo essere tutti fieri per aver ottenuto la sede dei giochi invernali del 2026… invece qualcuno continua a mostrarsi in disaccordo, perché sotto sotto rosica. Se in corso d’opera qualcosa andasse storto, quel qualcuno improvvisamente si sentirebbe come risollevato… Siamo pronti a metterci la mano sul fuoco!

Cosa c’è di meglio contro questi ipocriti, se non una buona dose di umorismo? Cosa c’è di meglio contro certi fascio-buonisti paladini del diritto all’immigrazione, se non l’umorismo? Quale migliore arma contro chi ama schierarsi dalla parte degli ultimi, semplicemente per puro tornaconto personale? Quale migliore arma contro chi si ispira alle beatitudini di evangelica memoria, soltanto per acquisire notorietà e creare incidenti politici? Cosa abbiamo di meglio dell’umorismo, contro chi strumentalizza i sofferenti solo per vendere più droga? Contro chi strumentalizza gli immigrati solo per fare affari col business dell’accoglienza… Contro chi parla di diritti “universali”, ma poi si indigna quando l’Italia osa chiedere che l’accoglienza sia praticata da tutti gli Stati… L’umorismo genera molti nemici… Molti nemici, molto onore. Che una fragorosa risata vi seppellisca tutti, fascio-buonisti e vittime mascherate!

Vostro affezionatissimo PennaNera

Gender: libertà di scelta o dittatura del relativismo?

Ave Socii

L’uomo è una tabula rasa, sulla quale si può scrivere di tutto. Non ci sono limiti, ognuno è libero di autocompilarsi come meglio ritiene. Anche decidendo di cambiare i connotati che la natura gli ha donato. Questa sembra essere la premessa da cui partono i teorici del “gender”. Sesso e genere sono due caratteri distinti: il primo è frutto della natura, il secondo della psiche e della propria immagine in rapporto al mondo. Ma talvolta questa immagine può stridere con il corpo che la natura ci ha fornito. E allora, in nome della libertà e dell’integrità psicofisica del soggetto, il nostro corpo può cambiare.

Il corpo non è dato per sempre, se non mi sta bene io posso cambiarlo quando e come voglio. La natura non è padrona, io sono padrone di me. Io sono un essere libero, indipendente da una natura che sovente è matrigna con me. Io posso essere diverso da come gli altri mi vedono. Questo vorrebbero insinuare i teorici gender ad ognuno di noi. Ma in cosa consiste la “libertà” da loro professata? L’emancipazione dall’oppressione del corpo? La vittoria della mia immagine su quello che gli altri pensano di me? O piuttosto, una trovata come tante per attirare l’attenzione?

Da parte nostra, crediamo che il gender sia uno dei tanti frutti prodotti dal relativismo in cui ci troviamo immersi. E i frutti del relativismo, molto spesso, sono avvelenati. Visto che tutto è relativo, allora anche il mio corpo lo è. E se questo corpo non mi va bene, se gli altri mi giudicano, io lo cambio. Il “fenomeno gender”, dunque, sembra più una risposta al pregiudizio sociale che una vera e genuina manifestazione di libertà. Eppure molti sostenitori cavalcano una tale dottrina.

L’idea che ci siamo fatti è che questo sia l’ennesimo lavaggio del cervello proposto alle persone più deboli ed influenzabili. A quelle persone che, piuttosto che accettarsi per come sono, si piegano ai pregiudizi altrui. A quelle persone che si vedono sbagliate e proiettano le loro insicurezze sul mondo, sulla natura, sul proprio corpo. La mia bassa autostima dipende dal corpo nel quale sono imprigionato… Incentivando il ricorso alle “fisse mentali”, i gender contribuiscono a costruire una società di complessati.

Siamo forse dei complottisti? Può darsi, ma nessuno ci distoglierà dalla convinzione che tutto ciò sia architettato per una ben precisa finalità: mettere in discussione la nostra identità. In quanto persone, in quanto società, in quanto popolo dotato di cultura e tradizioni… Spesso le teorie gender vanno a braccetto con il concetto di “famiglie arcobaleno”. Tanto il relativismo non è mai troppo… Se ognuno è libero di modificare il proprio corpo, perché non affermare pure che ognuno è libero di andare con chi gli pare e piace? La libertà non ha prezzo… la maternità surrogata però sì!

Fare in modo che al mondo ci siano più coppie “di fatto”, non necessariamente in formato “coppia tradizionale uomo-donna”, le autorizza a pretendere dei diritti. Avere un figlio, secondo certi fascio-buonisti, sarebbe una di queste pretese da soddisfare. Anche per le coppie dello stesso sesso. In barba all'”interesse superiore del bambino” e alla “famiglia naturale” costituzionalmente tutelata. Finché si parla di immagine di sé e vita privata, ognuno può pensarla come gli pare e comportarsi di conseguenza. Ma quando c’è di mezzo anche la vita familiare o la vita di un bambino, si dovrebbero evitare determinati comportamenti irrispettosi pure della Costituzione.

Avere un figlio non è come comprare la pasta al supermercato. Eppure alcuni vorrebbero trasformare la genitorialità in un diritto per il “consumatore”, alienandolo dal concetto originario di “diritto del nascituro”. E’ il bambino ad avere diritto a una famiglia, non la famiglia ad avere diritto al possesso di un bambino. E che famiglie poi! Con tutto il rispetto… chiamereste “famiglia” una coppia di omosessuali? Una delle qualità che dovrebbe caratterizzare una famiglia è la “generatività”, ovvero la capacità di generare… Spiegateci cosa sono in grado di generare “famiglie” di omosessuali!

Quanto può essere “naturale” avere un figlio cresciuto nel grembo di un’altra donna? Oppure un bimbo “in provetta”? Va bene aiutare chi è sterile, ma che c’entrano gli omosessuali? La genitorialità surrogata, a questo punto, è forse più etica dello sfruttamento della prostituzione? Chi espande il concetto costituzionale di “famiglia naturale” ad unioni diverse da “uomo-donna”, implicitamente, sta legittimando il ricorso alla genitorialità surrogata. In altri termini, una moderna ed occulta forma di schiavitù. Dimentichi dell'”interesse superiore del bambino” e concentrati a soddisfare l’interesse di qualche adulto, trasformeremo l’essere genitore in mera azione di godimento di un bene.

Va bene che l’economia e i mercati debbono funzionare, ma trasformare la genitorialità in un mercimonio ci sembra un po’ troppo. E la teoria gender non farà che incentivare comportamenti di questo tipo, invitando sempre più persone ad incrementare le fila degli omosessuali o dei transessuali o di chi più ne ha… Presto forse l’annientamento dell’individuo sarà materia di studio anche nelle scuole, come per ogni dittatura che si rispetti… E poi, per un continente in piena crisi demografica come il nostro, la dottrina gender può integrarsi perfettamente con le politiche di accoglienza dei migranti. Magari saranno loro i futuri genitori surrogati… E noi ci troveremo tra le braccia sempre più figli di origine africana e sempre meno figli di origine europea… Se le inventano tutte, i fascio-buonisti, per cercare di indebolire la nostra identità e manipolarci meglio.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Trap music… ci mancava solo questa!

Ave Socii

In campagna elettorale, e anche prima, il ministro Salvini ha promesso che avrebbe affrontato il tema della diffusione delle droghe, fenomeno dilagante e assolutamente da non sottovalutare. Vedremo se la variazione dei rapporti di forza nella maggioranza di governo, sancita dalle ultime elezioni europee, darà finalmente una spinta all’attuazione dei relativi provvedimenti.

Per il momento, possiamo solo constatare che il consumo di stupefacenti non accenna a diminuire. Anzi è in costante aumento. Soprattutto tra gli adolescenti. I fascio-buonisti dicono che non è un problema. Secondo loro la liberalizzazione fa bene ovunque. Secondo loro, che forse non sanno nemmeno cosa significa “liberalizzazione”. Ma “liberalizzazione” non vuol dire “libertà”? Allora viva la libertà, liberalizzazione a gogò! Sono gli stessi, i fascio-buonisti, che fingevano di non vedere il problema della mafia nigeriana. Quelli che dicevano che l’accoglienza è un dovere, sempre e comunque. Coincidenze!

Riti tribali, iniziazioni, torture, sfruttamenti… Questo è la mafia nigeriana, il nuovo fascismo che sta letteralmente rovinando la nostra società. Dove sono i fascio-buonisti, che parlano di Medioevo quando qualcuno ha idee contrastanti con le loro? Ne abbiamo già abbastanza di mafiosi, qui in Italia. Non ce ne servono altri dall’estero. E forse, non ci serve nemmeno qualcuno che istighi i nostri adolescenti a drogarsi. Tipo gli esponenti della musica trap.

Siamo e sempre saremo per la libertà di espressione. Guai se a qualcuno fosse impedito di esercitare liberamente un diritto costituzionalmente garantito. Però lasciateci almeno fare questa considerazione: che la musica trap stia dilagando fra giovani e giovanissimi è, a nostro avviso, un segnale molto preoccupante. Ma cosa hanno, questi trapper, di tanto magnetico da attirare così tanti adolescenti?

Musica lugubre ma orecchiabile, rime niente male, ritmo coinvolgente, vita da strada… Tutto sommato la musica trap non è da buttar via. Anzi, forse è proprio a queste caratteristiche che deve la sua grande diffusione. Per non parlare delle tematiche affrontate. Difficoltà di relazione, droga e festini, aspirazione al successo (magari dopo una vita di sofferenze), disprezzo per l’autorità… Temi che ciascun adolescente, chi più chi meno, sente tutti propri. Chi, da adolescente, non ha mai affrontato di questi problemi?

Operando una vera e propria “circonvenzione di incapace”, la musica trap lava il cervello dell’adolescente facendogli credere di essere un incompreso. Che fare uso di sostanze è lecito, perché anche i “colletti bianchi” lo fanno. Che nella vita il successo si ottiene solo facendo cose che contrastano con ciò che dice l’autorità. Perché l’autorità è la principale fonte di sofferenza, dunque bisogna liberarsene. Perché l’autorità può dettare le regole, ma ha un punto debole: la relazione. Quando autorità e relazione si fondono, la forza della relazione può minare la resistenza dell’autorità. Come può sentirsi un genitore di fronte a un figlio che usa sostanze?

Forzare una relazione per minare l’autorità: è questo l’atteggiamento che gli autori di trap intendono sviluppare negli adolescenti in formazione. Insegnano che non bisogna provare sensi di colpa nell’avere comportamenti a rischio, che chi ti dice che “non si fa” è un frustrato incapace di vivere e di godere… Che sia un adulto qualunque, un amico o perfino un genitore: perché affidarsi a loro, quando i trapper sono gli unici che vi capiscono davvero? Gli unici insieme, ovviamente, agli spacciatori che loro stessi pubblicizzano. Così quegli adolescenti, crescendo, diverranno adulti insicuri e sempre bisognosi di qualcosa che li aiuti a sentirsi “adeguati”. Cosa di preciso? Beh, di solito si incomincia con la cannabis, poi chissà…

La quasi totalità dei tossicodipendenti è transitata per la cannabis. Liberalizzare le droghe “leggere” non farà che peggiorare le cose. Nel frattempo, ci stanno già pensando la musica trap e i suoi interpreti. I trapper. Alleati degli spacciatori nostrani. Alleati pure di quelli che vengono dall’Africa per ingrossare le fila della mafia nigeriana. Di quelli che spacciano e sfruttano la prostituzione, magari anche all’interno dei centri di accoglienza. Di quelli che magari stuprano e fanno a pezzi le nostre ragazze… I trapper, consapevolmente o meno, sono alleati di tutta questa brava gente.

Voler intervenire contro gli spacciatori è scontato. Voler intervenire contro chi fa loro pubblicità è complesso, senza intaccare in quache modo la libertà d’espressione. Ma perché nessuno vuole intervenire sui consumatori? Vi sembra una cosa così strana? Come tutti i mercati, anche quello delle sostanze ha una domanda e un’offerta. Perché intervenire solo sull’offerta e non anche sulla domanda? Perché spacciare anche una modica quantità è reato, mentre consumarla no? E’ una bestemmia dire che il consumo va punito? Che va ribadito con forza il potere dell’autorità? Oppure facciamo arrabbiare le associazioni dei consumatori? Chissà se introdurre deterrenti contro il consumo di sostanze avrà effetti pure sugli introiti di chi suona musica trap…

Speriamo che il Legislatore intervenga al più presto, anche pesantemente, sia contro chi domanda sia contro chi offre droga. Tuttavia siamo piuttosto scettici che ciò accada. Ormai i fascio-buonisti hanno inculcato l’idea che drogarsi sia un diritto universale. Che sia finalmente ora di liberalizzare. E i trapper, loro profeti, si danno evidentemente molto da fare in questa direzione. Eliminare il concetto di “modica quantità” potrebbe essere una soluzione. Tuttavia se si procedesse bisognerebbe “arrestare mezza Milano”, come affermano alcuni. Beh, si potrebbe pure mandare i detenuti stranieri a scontare la pena nei loro Paesi. Oppure evitare la carcerazione preventiva a chi è in attesa di giudizio… Vedrete che in questo modo, nelle carceri, il posto per mezza Milano si trova. E forse anche di più.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Immigrazione e dis-integrazione

Ave Socii

Ci ha fatto molto piacere che il contestato sindaco di Riace sia stato invitato, alcuni giorni fa, all’Università “La Sapienza” di Roma. Oggetto del suo intervento, il modello di accoglienza diffusa che ha avuto proprio in Riace il suo più fulgido esempio. Il diritto di parola ed espressione, anche se ha ad oggetto idee e opinioni controverse, deve essere concesso. Sempre e comunque. Per quanto differente e indigesta possa apparire l’opinione che l’altro sostiene. Impedire che qualcuno possa esprimere il proprio pensiero non giova a un Paese democratico.

Per questo l’invito concesso al sindaco Lucano rappresenta un chiaro segnale di libertà e democrazia. E proprio per questo non ci capacitiamo ancora del fatto che, d’altra parte, a Torino si sia impedito ad alcuni editori di partecipare alla Fiera del Libro. Impedimento avallato, ricordiamolo, anche da rappresentanti istituzionali quali Comune e Regione. Le Istituzioni dovrebbero sempre garantire a tutti la piena libertà di espressione. Ogni penna ha diritto di scrivere. Ogni bocca ha diritto di parlare, in uno Stato democratico. Persino ex brigatisti e terroristi hanno diritto di parola in molte università…

Ma torniamo al tema scottante e controverso dell’accoglienza. Negli ultimi tempi il fenomeno migratorio ha assunto proporzioni notevoli, specialmente verso l’Europa. L’intervento in Libia da parte delle potenze occidentali, in nome delle fantomatiche “primavere arabe”, ha fatto perdere l’equilibrio ad una situazione già delicata ma fino ad allora relativamente stabile. E oggi ci ritroviamo a dover ospitare e integrare. E contro i nostri confini premono sia da fuori che da dentro. Da quanto tempo ospitiamo i rom? Hanno forse dato segnali positivi di integrazione? La cultura rom in taluni casi percepisce non proprio positivamente lo “stanziale”, il “diverso dal rom”… Quando si dice “pregiudizio”…

E noi ci preoccupiamo di fornire case e accoglienza a rom e migranti, facendoli perfino passare avanti agli italiani in base a non meglio precisati requisiti. Secondo il Vangelo saremmo buoni, avremmo “porto l’altra guancia” o “accolto lo straniero”. Però la legge è legge, a Cesare quel che è di Cesare. Assegnare le abitazioni in base a requisiti etnici viola l’articolo 3 della nostra Carta: nessuno può essere discriminato in ragione della sua “razza”. Discriminando positivamente qualcuno, si discriminano negativamente tutti gli altri. E poi i rom non erano nomadi? Da quando sono diventati stanziali al punto da pretendere una casa? Forse almeno loro si integreranno. E quelli che continuano a vivere nei campi? Più comodo stare fissi in un posto e spesso senza manco pagare i servizi, no?

Nonostante il loro plateale fallimento, i fascio-buonisti ancora parlano di immigrazione e integrazione come fossero diritti divini. Le loro politiche basate sui buoni sentimenti, oggettivamente, si sono rivelate un disastro. Se davvero l’immigrazione è un fenomeno epocale, se davvero l’accoglienza è un dovere etico universale, perché l’Europa si è girata dall’altra parte? E l’Onu che fine ha fatto? Se davvero gli immigrati pagano le nostre pensioni, perché gli Stati non fanno a gara per ospitarne quanti più possibile? Perché il modello progressista è entrato in crisi? Perché, d’altro canto, i populisti acquistano consensi pure nelle storiche roccaforti del progressismo?

Forse non hanno poi così torto quelli che sostengono che persone di un’altra cultura, sradicate dal loro contesto e costrette ad “integrarsi” presso altre culture con altre regole e tradizioni, siano portate ad emarginarsi, a coalizzarsi fra loro e talvolta perfino a delinquere. Il principio di base è semplicissimo: “il simile conosce il simile”. E spesso odia il dissimile. Razzismo e pregiudizio non viaggiano mai a senso unico: può esserci chi pre-giudica, così come può esserci chi si sente pre-giudicato comportandosi di conseguenza. La cura in grado di trasformare l’immigrazione da “problema” a “risorsa” in realtà esiste: è il lavoro il più importante ed efficiente strumento di integrazione. Peccato che al momento scarseggi. Ma tutti debbono vivere, immigrati compresi. Il pregiudizio non è che un meccanismo di difesa, sia di chi ospita che di chi è ospitato.

Se pure esistessero dei pregiudizi nei confronti degli immigrati, forse non sarebbero nemmeno troppo infondati. Se gli immigrati fossero l’8% della popolazione totale e la tendenza a commettere reati si distribuisse omogeneamente nella popolazione, nelle carceri dovremmo avere una percentuale di immigrati reclusi vicina all’8%. Se tale percentuale sale “inspiegabilmente” al 40%, forse qualche problemino c’è. Aiutarli “a casa loro” era una bestemmia fino a non molti anni fa. Ora sembra che da più parti si faccia largo questa istanza. Aiutarli “a casa loro” ci farebbe risparmiare sia in termini economici che sociali.

L’accoglienza non dovrebbe essere la normalità, ognuno dovrebbe vivere tranquillo nel proprio Paese. L’accoglienza è un principio evangelico che può funzionare bene tra i singoli, non certo tra gli Stati. I fatti più o meno recenti lo dimostrano. L’immigrazione non dovrebbe essere un diritto, ma un fenomeno patologico causato da Paesi che non sono in grado di proteggere e tutelare i propri cittadini costretti a emigrare. Un fenomeno da evitare, dunque. Paesi del genere non andrebbero sfruttati ma aiutati, possibilmente nel loro stesso territorio. Non si chiama colonizzazione, si chiama buon senso.

Vostro affezionatissimo PennaNera