Ponte di San Ruffillo, allarmi inascoltati 


Un collage sullo stato del ponte, preoccupante è un eufemismo

Bologna

Non ci voleva il morto per capire che il ponte sul Savena, in via Toscana a San Ruffillo, intitolato a Chiara Lubich, non è sicuro. Infatti solo dopo il mortale incidente del 17 dicembre scorso che ha portato alla morte Edera Russo è stata attivata una raccolta di firme per la messa in sicurezza del ponte. Se poi è possibile visto che il parapetto, debole per conto suo, sfondato da un’auto in fase di sorpasso per poi finire sul grato del Savena. La debolezza delle barriere, integrate da griglie decine di anni fa (un tempo c’erano solo le sbarre), è sotto gli occhi di tutti con parapetti degradati, protezioni metalliche e armature rugginose, muretti staccati dalla base con mattoni scoppiati. E chissà com’è sotto. Tanto che il 9 marzo 2018 nelle lettere al direttore del Carlino, un Tiziano Dalla Riva, ne segnalava lo stato di degrado per evitare «a chi lo attraversa di trovarsi col sedere nell’acqua fredda».

Quello della sicurezza del ponte, anche strutturale, è una questione che chi scrive ha sollevato più volte con articoli a suo tempo pubblicati anche sul Carlino e sul quotidiano L’Informazione. Qui sotto un estratto di un mio articolo pubblicato nel luglio 1991, trent’anni fa, sul numero 51 del periodico pianorese Il Punto.

Dalla sommità dell’Appennino, scendendo verso Bologna per la statale della Futa, l’unico ponte che scavalca il Savena è quello di San Ruffillo e l’unico che permette di raggiungere la città. Su quell’ultimo ponte transita “tutto” il traffico fra la Valle del Savena e Bologna. Al tempo delle biciclette, dei birocci, delle carrozze e di rare auto era sufficiente e nella valle l’attività prevalente era l’agricoltura. Dal boom economico a oggi la situazione del traffico si aggrava con colonne di veicoli nelle ore di punta. Giganteschi autocarri colmi di ghiaia, pesanti alcune tonnellate, transitano su quest’unico ponte che non era stato progettato per sostenerne né il peso, né la massa d’urto che provoca oscillazioni e forti vibrazioni.

A detta di alcuni tecnici il ponte non sarà in grado di sopportare a lungo un carico del genere. Ipotizziamo che si creino lesioni tali che rendano necessari lavori di consolidamento, come verrà raggiunta la valle del Savena, o viceversa la città? Dove passeranno gli autobus, le corriere e i grandi autocarri? Le auto potranno forse arrampicarsi su Monte Calvo, Monte Donato, Paderno; non certo i mezzi pesanti! Già un sacco di soldi dei contribuenti sono stati spesi per progetti rimasti sulla carta, prospezioni, studi geologici e di impatto ambientale. Sono state fatte inutili discussioni per anni ed anni. E’ necessario che le forze politiche e sindacali, gli industriali, gli artigiani, i commercianti e i lavoratori promuovano azioni per risolvere questo problema.

E fu infatti nei primi anni ’90 del secolo scorso che si giunse alla costituzione del Comitato Fondovalle Savena guidato dal comunista Alberto Monti e dal democristiano Paolo Bagnoli. Avversari politici ma uniti nel sostenere la necessità della variante alla Ss 65 della Futa per eliminare il Nodo di Rastignano e il passaggio sul vecchio ponte.

Giancarlo Fabbri

Ponte di San Ruffillo, allarmi inascoltati ultima modifica: 2022-01-02T11:32:03+01:00da fabbri.giancarlo