Seconda casa

In questa mia seconda casa pochi si affacciano.

Ma forse è meglio così.

L’ho creata affinché fosse una sorta di diario intimo

dove dialogare con me stessa

sviscerare i pensieri più nascosti

scomodi, a volte,

poco accetti anche da me.

I pomeriggi estivi mi creano un disagio notevole.

Poche cose attirano la mia attenzione.

Di uscire non se ne parla.

In più si aggiunge il nervosismo che sempre precede la partenza.

Tra pochi giorni raggiungerò mio figlio

ma so già che troverò una situazione non rosea.

Il piacere dell’incontro potrebbe essere disturbato

da certe contingenze nate di recente.

Non è colpa di nessuno. E’ la vita che ci mette a dura prova.

Sento questa ansia in ogni fibra del mio essere.

Penso, scrivo qui e impasto la pizza per domani.

 

 

 

(niente immagini stavolta)

Incontro

Ieri ho rivisto, dopo anni, un’amica che si trovava a passare dalle mie parti,
in vacanza al mare.
Era in compagnia di suo marito e con cagnolino a seguito.
E’ stato piacevole anche perchè entrambe non abbiamo memoria del motivo per il quale,
anni fa, qualcosa ci aveva allontanate.
I nostri rapporti erano nati nel virtuale.
Poi ci incontrammo in gruppo, ci ritrovammo su facebook, poi niente per diversi anni.

E’ la persona gradevole e brillante che ricordavo, una signora ancora piacente,
con una carica pubblica nel suo paesino nella bergamasca, benché in pensione da tempo.

Il tempo di 4 chiacchiere, un aperitivo in riva al mare e tante coccole alla sua deliziosa cagnolina.

Al solito, tra me e me, facevo le mie riflessioni.

Chissà come sarebbe vivere vicine, “a portata di amicizia”.

In questi rari momenti sento forte la mancanza di un’amica ‘vera’ da frequentare
e con la quale condividere le piccole grandi cose lungo il percorso della vita.

 

 

 

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Un anno

Più o meno un anno fa

cominciava il mio calvario

La vita dopo il lockdown

non contenta

mi riservava un’altra sorpresa.

Ricordo ancora le giornata infinite,

il sole fino a tardi,

il via vai sotto casa dei vacanzieri verso la spiaggia.

E io con la felpa addosso, nonostante il caldo,

cercavo di vincere il dolore nella mia testa.

Le notti insonni, il sudore.

Il mio corpo così pesante.

Ho fatto amicizia con le 4 mura,

il giaciglio sempre diverso

(non sopportavo il mio solito letto).

La musica in cuffia contro il dolore,

l’albero della seta di fronte a casa

che osservavo dal terrazzo, e col quale dialogavo.

Anche mangiare era una tortura,

quel cibo per me da sempre consolatorio.

E’ passato quasi un anno.

Sta tornando la ‘normalità’.

Di nuovo.

La vita va avanti

Le cicatrici aumentano.

Le paure anche.

Non c’è una frase ad effetto
con cui chiudere questa riflessione.

Semplicemente questo.

 

 

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I wonder

Mi sono auto convinta di essere poco socievole

Per la verità, se mi trovo in compagnia
qualche  parola di circostanza la tiro fuori

Ma quanto a cercarla è un’altra storia.

Mi capita invece talvolta
di osservare  le persone 
che incrocio lungo la strada,
mentre cammino o pedalo

e chiedermi chi sono, cosa pensano, qual è il loro vissuto

al di là delle facciate sociali

del ‘più e del meno’ al quale non possiamo sottrarci.

Il lato vero. Quello più nascosto.

Mi scopro a chiedermelo soprattutto degli anziani

quelli che ogni giorno fanno la loro passeggiata

per lo più solitaria

o portando a spasso un vecchio cane.

Mi capita di immaginare di fermare uno di loro

e chiedere …

“Ma tu cosa pensi davvero?”

 

 

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Osservando voli di rondini

Penso…

Sono magnifiche!

Ed io mi sento grata.

Ascolto il loro garrire festoso

ammiro il loro sfrecciare.

Le osservo descrivere linee invisibili

nel cielo

senza mai scontrarsi.

Con abili colpi d’ala

riescono a virare in tempo

in perfetto equilibrio.

Non hanno niente da imparare, loro.

Sono grata.

Con loro posso essere ovunque.

E sorridere.

 

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