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Oscurità e luce dell'anima

Post n°117 pubblicato il 22 Giugno 2007 da il_presidente77
 

Se l’uomo, microcosmo di follia,
usa pensarsi come un tutto - io sono
parte di quella parte che in principio era tutto,
della tenebra che partorì la luce,
la luce superba che adesso a madre Notte
contende lo spazio e il rango antico.
(Faust - Johann Wolfgang Goethe)

Più leggo Kurt Vonnegut, più capisco che non avergli dato il Nobel per la letteratura sia stato non una colpa nei confronti dell'autore americano, ma una nei confronti del premio stesso che non si potrà mai fregiare del suo nome.
Ci sono molti modi per raccontare la seconda guerra mondiale, i suoi orrori e gli influssi sull'animo umano. Per esempio c'è quello di Primo Levi in Se questo è un uomo, oppure quello di Art Spiegelman in Maus, oppure quello di Fred Ulman in L'amico ritrovato. Vonnegut, che in Mattatoio n.5 ha raccontato il bombardamento di Dresda vissuto in prima persona, in Madre notte crea e presenta una situazione umana molto particolare, che serve a scavare in profondità tra le pieghe dell'animo umano.
Immaginate di avere un cittadino americano, che si è trasferito da bambino in Germania alla fine della prima guerra mondiale, e che dopo più di dieci anni dalla conclusione della seconda guerra mondiale si trova in Israele per essere processato per crimini contro l'umanità per il suo comportamento durante l'ultimo scontro bellico. Immaginate questo cittadino americano come un discreto scrittore e che grazie a queste sue abilità sia riuscito ad emergere nelle gerarchie tedesche fino a diventare il portavoce ufficiale della propaganda nazista verso l'occidente. Immaginate anche che ci sai la possibilità che, nonostante tutto il fervore che lo ha portato a scalare le gerarchie naziste, lui sia stato in verità una spia americana. Provate a immaginare questo uomo e poi provate anche a giudicarlo.
Vonnegut ha immaginato tutto questo per noi e lo ha narrato in Madre notte. Ha creato Howard W. Campbell e gli ha fatto scrivere le sue memorie. Gli ha fatto descrivere i momenti cruciale della sua vita: gli ultimi giorni di reclusione in una cella in Israele, gli anni della guerra, ma soprattutto la sua vita a New York, dove, rimpatriato dopo la fine della guerra, i neonazisti lo vedo come un idolo vivente e la maggior parte della popolazione lo giudica uno schifoso criminale.
La riflessione che Vonnegut propone è forte e senza una risposta scontata e preconfezionata.  È una riflessione che viene proposta attraverso gli occhi di un uomo che potrebbe essere un criminale nazista o un autentico eroe nazionale. È una riflessione aperta a cui ogni lettore deve trovare la propria risposta e confrontarla poi con quella di Campbell e con quella di Vonnegut. Il tutto in un romanzo delizioso in cui Vonnegut crea personaggi (es. il Furher dei negri) e situazioni quasi surreali, ma piene di un'ironia amara, che si accompagnano perfettamente con l'amara e malinconica confessione del protagonista.

 
 
 
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