J'ai plus de souvenirs que si j'avais mille ans. ( C. Baudelaire)
COME IERI
William Xerra
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Gli uomini sono molto fortunati, ma ne sono all’oscuro. Imperfetti, ma con doni di cui ignorano l’importanza. Me ne accorsi subito, ma li consideravo solamente strani e non provavo invidia.
Da bambino passeggiavo con mio padre nei cimiteri e loro sembravano correre. Noi lenti leggevamo le lapidi per scegliere un nome adatto a mia sorella, loro indaffarati non si fermavano. Mi sembravano così veloci e strani. Sempre in movimento e non un attimo per parlare con le anime ferme a tenere compagnia ai corpi sepolti. Pensavo fossero ciechi, invece sono solamente disturbati dalla luce del Sole. Infatti, hanno occhi ancora in grado di percepirla. Credevo che ciò fosse un difetto enorme, ma ero giovane e affrettato nei giudizi.
Mi sembrava impossibile non poter guardare il proprio mondo e credevo che il loro continuo correre dipendesse da questo problema. Ero giovane, stupido e avventato Non avevo, infatti, capito in cosa consistesse quella diversità che ci separa, che ci mantiene ancorati al medesimo mondo. Loro incapaci di vedere, noi di sognare. I loro occhi, infatti, risultano essere molto più acuti dei nostri, anche se meno efficienti. Non possono vedere le anime, tutti i gradi di nero che ci circondano e i loro stessi volti, ma in compenso gli permettono di visitare tutti i mondi che desiderano, anche se li costringono sempre a ritornare su questo mondo.
Ho capito poi anche il loro correre. Solo un modo per ingannarsi tra una partenza e l’altra. Supremo inganno che però si autoinfliggono è chiamare questo loro vedere immaginazione. Come se fosse possibile immaginare qualcosa oltre all’esistente. C’è già tutto.
Sono strani, stupidi, ma da invidiare per questa loro presunzione di essere dei, di poter creare. Però forse non ci riesco, perché mi ricordo sempre che non sanno ancora amare i cimiteri.
Questo post partecipa alla "sfida" del blog Tuttiscrittori di raccontare il proprio mondo invisibile in meno di 300 parole.
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