Kremuzio

Ogni tanto ci sono delle notizie che si ripetono. Una delle più folkloristiche è quella dell’avvistamento di fantomatiche pantere nere nelle campagne italiane. Ne hanno viste e fotografate al nord, al centro ed al sud. L’ultima in ordine di tempo è quella di Ariano in provincia di Avellino. Un animale quadrupede nero viene filmato dall’alto e notato da qualche persona. Al solito si smuovono troupe di giornalisti alla ricerca della bufala e naturalmente la trovano, anche se fanno di tutto per portare avanti il mito. Infatti come al solito si teorizza su animali scappati dallo zoo, o dai circhi, poi scoprendo che da questi posti non risulta scappato alcun animale, si gettano sul privato collezionista di serpenti e belve feroci, o come in questi ultimi tempi, sul camorrista.

Al solito non se ne esce fuori in quanto quelle poche tracce che si trovano, come orme o escrementi, si vede che sono messe a bella posta da qualche burlone con l’aiuto dei giornalisti, soliti ignoranti, che spacciano ad esempio orme ungulate di cani per quelle di felini, che come anche i bambini sanno hanno le unghie retrattili.

Questo è un argomento che è molto caro ai centri che studiano le leggende metropolitane, nelle quali questa storia delle pantere ricade pienamente. Infatti è molto difficile trovare fonti primarie degli avvistatori. Non si risale a nessuno che l’abbia visto da vicino, ma solo a qualcuno ai quali è stato riferito di averlo visto. E l’animale sfugge nonostante le battute. Le uniche foto o filmati vengono riprese dall’alto, da lontano, sgranate con pochi dettagli. Ma da questi si capisce agevolmente che si tratta di gatti o cani neri. Basta osservare le code ed i movimenti, e quando ci sono, gli alberi nelle vicinanze. I cani si riconoscono dalla coda ampia e pelosa, i gatti per la leggerezza dei movimenti e dal confronto con gli arbusti nelle vicinanze. A meno che si tratti di cuccioli di pantera abbastanza macilenti. Ma si ritorna dopo un po’ di tempo a fotografarne altri. La prossima volta dovrebbe toccare al nord.

Ma perché questo mito? Un animale nero nelle campagne. Forse perché vorremmo credere a posti incontaminati vicino le città? O al fatto che qualche ricco possa non avere cani pericolosi ma addirittura belve sanguinarie? Perché dopotutto siamo cacciatori nel nostro atavico senso della natura. O perché la figura di un camorrista che non vuole si giri nelle sue zone controllate da belve feroci fa parte di un immaginario popolare. O la belva nera raffigura una potenza di carattere sessuale? E’ l’incontro del selvaggio con il cittadino, passando per la campagna. Spesso si trovano pecore sgozzate, e subito si incolpa l’animale misterioso, dimenticandoci spesso dell’esistenza ben più sostanziosa e nascosta di volpi lupi ed orsi. Ad un certo punto spariscono le segnalazioni. Si dice che la pantera sia morta di fame o di freddo, ma non si trova MAI il suo corpo. Qualcuno ogni tanto si vanta di averla uccisa, senza prove ovviamente, e riceve un po’ di pubblicità gratuita. Strano poi che non ci siano più quei cacciatori “buoni” di una volta, quelli per intenderci che hanno salvato Biancaneve o Cappuccetto rosso, che potrebbero essere proprio coloro con l’obbligo morale di salvarci dalla belva. Forse si è capito che i cacciatori non sono buoni, e basta, o forse abituati a sparare coraggiosamente ad uccellini ed animaletti timidi ed indifesi, hanno solo paura…