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Storia di una vacanza - seconda parte

Post n°261 pubblicato il 02 Settembre 2009 da kremuzio
 
Foto di kremuzio

Dove eravamo rimasti? Allora, il nostro eroe, rischiando l’infarto, stava correndo come un pazzo sulle scalee della nave che stava ripartendo, svicolando tra cartacce e borsoni semiabbandonati, e saltando come ad una corsa campestre, sacchi a pelo ripieni di carne umana dormiente.

Ritorno in prima persona col racconto: … Spalanco con una testata la porta della cabina urlando: “TRA 2 MINUTI RIMANIAMO BLOCCATI!!!” ovviamente non preciso alla parola, avendo condita la frase da imprecazioni con sottotitoli in turco. Prendo al volo buste e borse rimanenti oltre alla mia compagna rimasta attonita e corriamo via quasi senza respirare di nuovo nel percorso ad ostacoli precedente, ma stavolta non scommetterei di avere evitato di distribuire calci nelle costole a qualcuno: Penseranno magari ad un incubo…

Ma alla fine ce la facciamo. Do’ una pacca sulle spalle all’inserviente greco per ringraziarlo della cortesia di essersi frapposto sul ponte levatoio come Leonida alla Termopili, o come Orazio Coclite sul ponte Sublicio. Riprendo fiato sputando sul molo dell’amata terra greca l’ultimo pezzo di polmone rimasto funzionante e stramazzo in auto. E’ ancora notte nel porto dell’Egeo. Alcuni gabbiani nottambuli stridono sull’area di parcheggio fresca e vuota. Approfittiamo per finire la colazione e per vedere il traghetto troppo veloce per i nostri gusti che prende il largo. Il silenzio cade plumbeo.

Bene, scampato pericolo… Accesi i fari, si parte verso Salonicco. Con somma sorpresa un cartello avverte che c’è un’autostrada fresca fresca proprio fino alla nostra meta! Una botta di fortuna in quanto dalle pergamene stradali in mio possesso già avevo capito di dover valicare valichi, passare passi ed arrampicarmi su monti brulli e monasteri fatiscenti per raggiungere città esotiche. Evviva la modernità. Un bel pieno ad 1 euro e zerotre centesimi al litro di benzina verde e mi scrollo i problemi alle spalle, finalmente libero nella vecchia patria della prima democrazia. Pian piano sale il sole alto in ciel, mentre dall’autoradio, stereo, provengono melodie piene di parole misteriose, probabilmente narrano storie romantiche di paese, un pop quasi troppo popolare, che magari da noi potrebbero avere autori come Gigione o n’Duccio. Per fortuna non capisco le parole, penso. Snocciolo chilometri come snoccioline alla ricerca di una stazione di servizio giusto per fare una capatina ad un bagno. Inutilmente. Dopo troppi chilometri e troppe ore, ci si costringe ad uscire dall’autostrada per immetterci in una strada tra ulivi e piante misteriose, che riceveranno liquidi organici copiosamente, come se avesse piovuto. Come Zeus volle, rimirando panorami montuosi e colline selvagge, centrali elettriche e l’Olimpo stesso, si arriva in quel caos della città Salonicchese, percorsa dalla via Egnazia, la stessa trasformata in autostrada, dalla quale praticamente non usciremo mai. Un po’ di cose da vedere, una triste torre bianca, chiesette bizantine, archi romani, chiesette e rovine romane, rovine romane e chiesette, trovate per fortuna visto che una caratteristica comune a tutti i cartelli stradali è quella di essere ricoperti da tags e da pecette e scritte che non fanno leggere nulla di quanto indicato. Una tradizione sistematicamente rispettata per tutte le strade delle Grecia. Quando si fanno le cose seriamente… Una volta immessi in strade principali è difficilissimo svoltare se non rispettando invisibili svincoli e rotatorie che ti mandano esattamente nella direzione contraria a quella dove devi andare. Le persone sembrano normali cittadini di una città non troppo moderna, in mezzo a negozi decadenti e polverosi, con vetrine piene di manichini che in Italia c’erano negli anni 60 nei grandi magazzini poveri.

Le solite donne, probabilmente di malaffare, come al solito nei paesi dell’Est bruttine e secchette vestono di vestiti monocromatici dello stesso colore dalla testa ai piedi. Almeno secondo me stavano lavorando. Poi non saprei. Trovato un albergo pulito e moderno dalla pericolosa ruota girevole automatica nella quale rischio di rimanere incastrato, in quanto alcuni misteriosi sensori scattano non appena ti avvicini e se non sei veloce potrebbero tranciarti di netto una mano. Nelle dotazioni di cortesia, un kit da piccola sartina viene subitaneamente preso e messo nella borsa delle cose utili. Aria condizionata ok. Tendaggi pesanti che lasciano passare la luce, ed una zanzara viene prontamente spiaccicata sulla carta da parati.

Siamo al settimo piano. Leggo sulla guida che la città venne distrutta da un terremoto un po’ di anni fa. Andiamo bene, penso io. Di fronte su di un palazzo, una telecamera di quelle che ci sono sui carrarmati si muove velocemente a scrutare il traffico della strada, telecomandata da chissà dove, alla ricerca di chissà cosa. La guardo con uno sguardo di sfida e per pochi secondi rimaniamo così, poi lei abbassa lo zoom e continua a spiare. Dopo una cena a base di souvlaki, ottimi spiedini di carne che dovrebbe esser di pecora, ma che forse era maiale, si va a dormire, svegliati ogni tanto da scosse di terremoto. Due ben percepite, veloci e sgrullanti tanto per svegliarci. Poi avrei controllato in rete e quella notte ce ne furono ben 4 intorno al terzo grado. Il giorno dopo scappiamo.

Fine seconda parte - segue

 
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