Kremuzio

Una strana e diversa serata ieri. Niente di particolare se non fosse un lavoro atipico, almeno secondo i miei standard. Allora, lavoro in un’università, e mi occupo di cose tecniche, tipo sistemi di videoconferenza, impianti audio e video, e tutto quello che tratti la diffusione di voci e filmati o presentazioni. Si tratta di un lavoro che ho fatto da tantissimo tempo, in altre organizzazioni, e mi sono sempre trovato a mio agio in mezzo a macchinari strapieni di pulsanti e lucette e cavi volanti. Probabilmente in simili piccoli ambienti, mi sento un po’ come un vecchio astronauta come lo immaginavo quando ero bambino. Fatto sta, che ci sto proprio bene. E mi viene automatico collegare cavi e cavetti nel migliore dei modi, spesso in maniere che bypassano strumentazioni più complicate. Forse perché sono sempre stato abituato ad arrangiarmi da solo in mezzo alle sorprese dell’ultimo momento.
Allora ieri c’era in ballo una specie di festa natalizia, in cui si trattava di installare un piccolo impianto di mixer più amplificazione, un enorme plasma e vari pc. La cosa particolare era che si dovevano mettere in un cortile del 600, coperto da cupole in vetro. Un migliaio di metri quadrati di marmi e colonne. Un quadrato di quasi 40 metri di lato. Appena facevi un “OH!” il suono rimbombava tra echi e rimbalzi e riverberi. Una tragedia. Ma le prove hanno dato una buona risposta. 250 watt per diffondere musica classica da camera, scelta dal rettore in persona, da tenere come sottofondo mi hanno fatto venire in mente dei dubbi. Con solo poche persone, ad alto volume, non sembravano esserci problemi, e l’alta fedeltà era assicurata nonostante gli echi.
Ma veniamo al momento clou. L’ambiente si riempie alla spicciolata. Il mio posto riservato era ricavato in fondo alla sala, in mezzo alle colonne in una specie di stanza virtuale formata con cespuglioni di piante di plastica. Ero abbastanza coperto dagli sguardi curiosi degli invitati. Tutti capuffici e professoroni vocianti. Man mano che vengono più persone, alzo il volume. E loro alzano il volume del parlato. Il riverbero aumenta, il vocio pure. Non ne uscirò vivo, penso. La musica ha alti e bassi. Quando sono bassi aumento, quando sono alti diminuisco. Che fare? Quando alzo mi fanno segno di abbassare, quando abbasso, altri mi fanno segno di alzare. Io spio la bella vita della festa con i cortigiani e le damigelle, che confabulano e si salutano parlando del destini della cultura mondiale. Pezzi grossi, si vede da come vestono e gesticolano, ma sembrano tutti bravi cristi, simpatici perlopiù. Qualcuno più giovane mi sembra invece un po’ meno alla mano, ma si farà col tempo. Chissene, io mi allungo sulla sedia della mia postazione, ben nascosto agli sguardi, mentre alzo e abbasso il volume, divertendomi a fare il contrario di quel che mi dicono di fare. Ma ecco il buffet. Le tavolate con camerieri che versano vini rossi e bianchi si riempiono di panini, tramezzini rustici, cosette buone e sfiziose ai vari sapori di gamberetti e salmone e caviale, eccetera. Io come un ragno, velocissimo ed astuto, esco dal mio nascondiglio e facendo lo gnorri prendo un piattino e lo riempio a casaccio di cose buone, mentre i professori ingoiano come pillole uno dopo l’altro i panini mignon, ma uno per volta. Per farla breve, il mio senso di ragno mi ha fatto uscire una mezza dozzina di volte, mentre mani lontane mi facevano segno di alzare o abbassare. Io mangio. Io bevo. Chi meglio di me? Senza dover fare per forza conversazione con qualche noioso portaborse di prof. Ogni tanto mi vengono a trovare colleghi che stupiti del mio nascondiglio da aracnide, cercano di fregarmi le provviste posizionate in bell’ordine sul tavolinetto antico. Il vociare è indescrivibile. Vado due minuti in bagno per lasciarmi sbollentare le orecchie che fischiano. Troppo rimbombo.
La faccio breve. Che poi viene il meglio. Due ore di alzare ed abbassare, e poi se ne vanno tutti. Aspetto che escano e mi lascino solo, con la scusa di togliere le apparecchiature. Domani puliranno tutto ed ora è tardi. Si raccomandano di chiudere bene il portone massiccio del 600. Sì, lo farò dopo. Ma ora sono solo. Solo nel palazzo del 600 pieno di stucchi e colonne e legni e cose antiche. Il solo respiro ed il battito del cuore sembrano provocare flebili echi, ma forse è solamente una sensazione. Silenzio. Bellissimo. C’è solo una cosa da fare. Tra le tracce scelgo il concerto per violino, primo movimento, di Mendelssohn. Andatelo a sentire se non lo conoscete, ma sono sicuro non vi sia sconosciuto. Lo adoro. 150+150 watt stereo, a palla nel salone vuoto. Mi metto seduto in terra, sul pavimento freddo di marmo, mi stringo le ginocchia con le braccia e chiudo gli occhi. Sto bene. Sono solo. Sto una favola...