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Impressioni spiaggiate

Post n°457 pubblicato il 12 Luglio 2010 da kremuzio
 
Foto di kremuzio

Finalmente sono riuscito ad andarmene per un paio di ore al mare. Sul tardi, relativamente, in quanto esco alle 15:30 sperando non ci sia traffico sulla Cristoforo Colombo, la strada che porta dalle parti di Ostia. Pare che la gente sia tutta già arrivata, per quante poche macchine ci siano sulla carreggiata. Quella ventina di chilometri assolati anche se sotto pini altissimi, sull’asfalto rovinato dalle radici degli stessi, si fanno senza correre, sia per il limite di 80 all’ora, sia per i semafori che fortunatamente, senza troppo traffico, durano poco.

Si gira al bivio per Torvaianica, dove c’è la spiaggia libera con spazio per tutti, mica dove gli stabilimenti vogliono che paghi anche per passare… Fosse per me se la potrebbero anche mangiare la sabbia, e per mandarla giù un bel secchiello di acqua di mare. Lascio quei posti a chi vuole buttare i soldi.

In mezzora arrivo al cancello 7, l’unico che ti faccia entrare mentre gli altri sono controllati dai vigili che dicono che devi aspettare. Trovo subito il parcheggio al coperto di fresche frasche, ma non mi accorgo che è riservato agli invalidi. Esce come un ragno un inserviente che me lo fa notare e scappo chiedendo scusa. Ma ad un angoletto tra i cespugli trovo un bel posticino senza divieti e mi ci ficco. Ed altrettanto facilmente trovo il posto dove sistemare gli asciugamani. Presto fatto, sfodero la pancia invernale ed un costumino nuovo e mi butto in acqua senza pensarci troppo.

E’ caldissima! Un brodo. Mi aspetto di vedere galleggiare capellini o cazzetti d’angelo, navigare un cappelletto e piovere forfora di parmigiano, stelline e tocchi di pane secco. Il sapore però non è buono: troppo salato.

Comincio le bracciate per allontanarmi dalla folla che infesta i primi metri fino alla secca. Probabilmente non sanno nuotare e si limitano a giocare a palla o conversare. Con poche bracciate l’acqua diviene più fresca e ti aiuta a non sentire la benché minima stanchezza dovuta agli stili che sfoggio. Poche mosse di stile libero che non sai mai se stai andando dritto, o di dorso che vai a sbattere addosso a qualche materassino causando scompiglio ed allarme, oppure a rana vecchio stile con doppia spinta e testa sott’acqua, come mi avevano insegnato tanti anni fa, invece di quella di adesso che devi stare con la testa fuori ed oscillare come una tartaruga a villa Pamphilj, per finire col delfino che mi fa sgranchire i pettorali e mi ricorda che con le braccia potrei fare movimenti impensabili in ufficio.

Getto lo sguardo e l’udito tutt’intorno. Non mi arriva una frase intellegibile. Senza occhiali non è che veda molto a parte le silhouette ed intuire la bontà o meno di un corpo femminile, per cui mi immagino le razze dalla voce. E lì mi trovo in difficoltà. Praticamente pare si siano dati convegno i popoli della terra su quel pezzo di spiaggia. Da africani a russi delle diverse repubbliche baltiche è tutta una babele sovrastata dal barcone con musica a palla che incita a salire a fare un giro della costa. Come se ci sia qualcosa da vedere. Non ci sono cale o relitti o isole se non chilometri si spiaggia liscia tra una cittadina e l’altra. Non capisco come facciano a sopportare quelle centinaia di decibel che mi danno fastidio a 100 metri di distanza: figuriamoci a starci sotto.

Se non altro la voce incitante è italiana e per un certo periodo di tempo mi sento a casa.

Via ad asciugarmi sul telo con libro, sudoku e cornici concentriche difficilotte. Ma subito attacca la pseudo discoteca sulla spiaggia. Il che vuol dire che ad altri 100 metri ho centinaia di decibel di “tunf tunf tunf” e semplici ritmi con musichette monofoniche per mentecatti. Non li capisco e forse altre migliaia di persone che stanno nei dintorni, dal modo in cui cercano di mettersi qualcosa nelle orecchie, dagli asciugamani ai granchi a pezzi di settimana enigmistica a semplice sabbia compressa. Un paio di belle ragazze dai seni rifatti si divincola sullo spiazzo cementato con mosse interessanti e femminili, con ancheggiamenti e movimenti sinuosi che sembrano contrastare il tunftunf ma che per loro va tutto bene. Altri ragazzi in preda a tempeste ormonali, obbligatoriamente rasati, cercano di farsi vedere muovendo le braccia come per sventolare aria per cacciare fetidi miasmi. Non so se sono già impasticcati o il loro cervello è in uno stato normale.

Comunque mi hanno stufato e dopo un’ultima occhiata ai corpi femminili perizomati con pance istoriate da tatuaggi floreali farfallosi tribali. I maschietti parlano di palestra e fanno a gara per chi abbia la tartaruga più scolpita. Purtroppo parlano italiano. E’ troppo. Un paio di ore bastano come prima volta. Sono moderatamente arrossato e mi faccio solo un’ora di traffico invece delle rituali quasi due. Doccia e bella ripulita dalle mucillagini. Mi sa che domenica pomeriggio prossima me ne vado al museo, e visto che non ci sarà nessuno a far confusione, mi porto anche il sudoku. 

 
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