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Le grandi inchieste di Ecchime

Post n°2011 pubblicato il 02 Ottobre 2017 da jigendaisuke

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La “guerra di mafia” nel Gargano – Articolo21

"

Lo scenario criminale del Gargano era già agli inizi del 2017
quello sintetizzato nella relazione sulle attività e i risultati
conseguiti dalla Dia nei primi sei mesi dell’anno passato,
presentata dal ministro dell’Interno Marco Minniti al Parlamento
a febbraio scorso. Si trattava cioè di un contesto “..caratterizzato
dall’ascesa delle giovani leve desiderose di colmare i vuoti
determinati dalla detenzione di elementi di vertice della mafia
garganica, in particolar modo di quelli lasciati dal clan dei
Montanari”.

Quanto alle attività illecite predilette il traffico di sostanze
stupefacenti era sempre in cima alla classifica (seguono estorsioni
e reati predatori) con Vieste che “… si conferma un nodo strategico
per i comuni limitrofi di Peschici e di Rodi Garganico, mentre
Manfredonia si attesta come la piazza più importante per
l’approvvigionamento dell’intera macro area, cui concorrono anche
corrieri albanesi”.

Oggi – dopo i quattro morti dell’agguato avvenuto in pieno giorno
nei pressi della stazione di San Marco in Lamis (Foggia) per uccidere
a colpi di Ak-47 il boss Mario Luciano Romito, da pochi giorni uscito
dal carcere, suo cognato e i due involontari testimoni – i mezzi di
informazione nazionali si accorgono di quella che, anche nella più
recente relazione della DIA del luglio 2017, viene indicata come la
“mafia garganica”.

Uno scenario in cui già ci sono stati una quindicina di omicidi dallo
scorso anno ad oggi, reso ancora più instabile a causa “..delle spinte
di giovani leve criminali, probabilmente foriere di ulteriori
conseguenze..”, come annota la DIA che prevedeva già come la
“..guerra di mafia che si registra a Foggia potrebbe subire un’ulteriore
evoluzione”.

Una guerra tra clan del Gargano che si intravedeva già nel febbraio
scorso con l’omicidio, a Vieste, di Onofrio Notarangelo, fratello di
Angelo. Proprio a quest’ultimo, soprannominato “cintarrid”, mentre
rientrava a casa a bordo del suo fuoristrada, il 26 gennaio 2015 un
commando aveva teso un agguato mortale sempre nella città di Vieste.

Si sono riaccesi così i riflettori sulla mafia del Gargano e sulla ripresa
di scontri tra famiglie locali.

Angelo Notarangelo, leader dell’omonimo clan, era tornato in libertà
a luglio del 2014 dopo aver scontato alcuni anni in carcere per traffico
di droghe e attività estorsive ad aziende turistiche e agricole della zona.
Brutti segnali c’erano già stati nel novembre del 2014 con alcuni
attentati dinamitardi contro negozi del centro a Foggia, con le
intimidazioni in alberghi e strutture turistiche a Vieste e il pizzo
pagato dai commercianti.

L’ultimo agguato a Foggia c’era stato ai primi di settembre del 2016,
con l’omicidio del boss Roberto Sinesi ed il ferimento del nipotino
di 4 anni seduto sul sedile posteriore dell’auto su cui viaggiavano.

Che l’Italia sia la patria delle mafie non è una novità, ma bisognerebbe
rileggere i due libri di alcuni anni fa del magistrato Domenico Seccia
per capire che anche nel Gargano esiste da tempo una mafia che ormai
“..impone il suo comando, la sua forza, la sua violenza”.

I media nazionali, in passato, non hanno mai dato particolare risalto
a quella “mafia innominabile” descritta nei due libri, frutto
dell’esperienza che ha avuto dal 2010 al 2014 come Procuratore
della Repubblica di Lucera, pubblicati nel 2011 e 2013 da Edizioni
La Meridiana
, scritti con un linguaggio asciutto, non sociologico,
ma basato su fatti e atti giudiziari.

Una mafia, quella del Gargano, arrogante e per lungo tempo negata,
come ha denunciato Seccia. Soltanto nel marzo 2009 la Cassazione,
confermando una sentenza della Corte di Assise di Foggia, aveva
riconosciuto la mafiosità di una famiglia garganica detta dei
“montanari” (i Li Bergolis). Fu l’anno in cui la violenza aveva
registrato diversi omicidi tra cui quello di Francesco Li Bergolis
detto “O’ Carcaiuolo”, l’”uomo delle cave”, assassinato perché in
contrasto con i Romito di Manfredonia.

Nell’ottobre 2011, sempre la Suprema Corte aveva ancora
confermato una sentenza, questa volta della Corte d’appello di Bari,
riconoscendo la mafia dello “Sperone” italiano, come “..la più
efferata e pericolosa in Puglia, ma anche tra le più efferate in Italia
(stando alle valutazioni espresse dalle forze di polizia ancora verso
la fine del 2010). A Foggia e nell’area garganica, la criminalità
organizzata, caratterizzata da un’accesa conflittualità interna e
da un’iniziale diffusione di delitti legati alla proprietà terriera, al
controllo dei pascoli e dei boschi, si è venuta evolvendo negli anni
assumendo i connotati strutturali mafiosi moderni (“Nuova Società”)
e stabilendo accordi con le più quotate mafie della camorra e della
‘ndrangheta, ma anche con gruppi albanesi.

Costituita da gruppi “..a forte organizzazione verticistica, basati su
vincoli familiari..” la mafia garganica agisce con modalità
spiccatamente aggressive, privilegiando le estorsioni in danno di
aziende agricole, commercianti, imprenditori turistici, il traffico e lo
spaccio di droghe, il riciclaggio. Nella zona del Gargano è forte la
contrapposizione tra le famiglie Ciavarella e Tarantino (Sannicandro
Garganico) e quella tra i Li Bergolis, gli Alfieri, i Primosa, i Basta
(Monte Sant Angelo).
Attenuata, invece, la disputa territoriale tra i Li Bergolis e i Rossito
dopo gli arresti di Franco Li Bergolis – avvenuto nel settembre 2010
mentre l’uomo era latitante a Foggia e ospite delle famiglie
Francavilla e Sinesi – e di Giuseppe Pacilli, nel maggio 2011,
subentrato nella leadership del clan mafioso.
Aggregati alle due principali famiglie dei Li Bergolis e dei Rossito,
le altre congreghe territoriali-feudali dei fratelli Ricucci, che
compongono la cosiddetta “batteria di Macchia” (dall’omonima
località di Macchia, agro di Monte Sant Angelo), i Gentile e
Notarangelo, Frattaruolo (a Manfredonia, Vico del Gargano, Vieste,
Mattinata), i Martino (a San Marco in Lamis), i Prencipe
(a San Giovanni Rotondo), i Ciavarella, Tarantino (a Sannicandro
Garganico).

Il controllo del mercato degli stupefacenti “rimane il più importante
motivo di frizione per le diverse fazioni che si contendono le
piazze di spaccio”.

Fonte: Libera Informazione"

E' una mafia che non vuole fare soldi con gli appalti, non si mischia
con la politica.
Lo scorso agosto, chiaccheravo con un autista delle Ferrovie del
Gargano, sulla corriera da Lucera al paese.
Lui diveva di avere fatto domanda a BUSITALIA-SITA Nord, per
potere andare a lavorare in Emilia-Romagna e allontanarsi dal suo
comune: San Severo. Troppo invivibile, diceva. Siccome, pochi
giorni prima c'era stata la strage di San Marco in Lamis, gli ho
chiesto se si riferiva alla mafia garganica. No, quella non era un
problema per lui, ma lo era la microcriminalità.
Mentalità sottosviluppata tanto quanto quella di coloro che ci
dissero che eravamo stato stupidi a denunciare il furto dell'Alfa
33, nel 2000, in un comune a pochi km da San Severo.
Evidentemente c'è chi vuole la legalità e chi no.
Però, subito pronti ad attaccare gli schiavi... pardon, i braccianti
africani e bulgari, che lavorano nelle campagne foggiane e vivono
nelle baracche, o, al massimo, nelle borgate figlie delle bonifiche
fasciste e della riforma agraria del 1950.
Insomma, qui l'ex tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito
risultava ammanicato con la 'ndrangheta, che a sua volta, ha un
paio di "locali" qui a Genova e a cui sono stati sequestrati 95
fra appartamenti e magazzini, solo nel centro storico.
Nel foggiano, c'è la Società...
Insomma, sono circondato!


Foggia, 28 clan e già 17 uccisi
Roberti: mafia sottovalutata
Minniti: risposta sarà durissima Ft

Mattanza sul Gargano, 4 morti: due erano innocenti

Sotto scorta pm che incastrò la mafia garganica
«Quelli non dimenticano»

 

 

 
Rispondi al commento:
jigendaisuke
jigendaisuke il 03/10/17 alle 12:04 via WEB
E d'altronde, Don Rodrigo e i bravi, oppure l'Innominato, di cui parlava il Manzoni nei Promessi Sposi, cos'altro erano se non mafiosi? Roba antica e radicata, purtroppo
 
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